Powered By Blogger

martedì 1 aprile 2025

LASCIARE PARIGI


"Quindici minuti sono troppo pochi per lasciare Parigi".

Il funzionario del ministero della Difesa aveva fatto irruzione nella saletta in cui ero stato fatto accomodare pronunciando quelle parole.

"Che cosa?" domandai.

"Si sieda, dottor Giorgi. Le devo comunicare qualcosa di davvero spiacevole".

Da un paio d'anni ero il corrispondente dalla capitale francese per il mio giornale. In quegli ultimi giorni frenetici, grazie alle preziose conoscenze del mio direttore, ero riuscito a ottenere un appuntamento per una breve intervista con il ministro della Difesa. La crescente ostilità della Russia per l'intera Europa era culminata in aperta minaccia nei confronti della Francia, lo stato-guida del vecchio continente. Quel colloquio con il ministro Guillame sarebbe stato un vero scoop.

"Quindici minuti sono troppo pochi per lasciare Parigi" ripeté il funzionario.

Subito dopo seguì una rapida e concitata spiegazione. Precipitai nello sconforto. Non ci sarebbe stata nessuna intervista, ma quella era la buona notizia. Il resto era che la Russia aveva lanciato un attacco nucleare contro la Francia. All'improvviso. Un missile con testata atomica stava per abbattersi sulla capitale transalpina.

"Il missile può essere intercettato?" domandai in preda all'ansia.

"Quasi impossibile" rispose il funzionario.

"Davvero non posso andarmene?" chiesi. Lui scosse il capo.

"Nessuno può lasciare il palazzo. È già stato sigillato. Per andare dove, poi?"

"Devo assolutamente avvisare i miei familiari" dissi, afferrando il cellulare.

"Loro non corrono alcun pericolo, sono in un altro stato" rispose il funzionario, che continuava a essere impassibile, anche se era molto pallido.

Anch'io, d'altra parte, faticavo sempre di più a mantenere il controllo. Non è facile farlo, quando la probabilità di essere liquefatti nei prossimi dieci minuti è molto alta, se non sicura.

"Voglio comunque parlare con loro" dissi, proprio mentre mi accorgevo che il telefono non aveva campo.

L'uomo di fronte a me scosse il capo.

"Il palazzo è stato schermato" disse. "Nessuna comunicazione civile è possibile. Mi spiace, dottor Giorgi".

Scagliai a terra il cellulare. Mi resi conto che stavo per mettermi a piangere. Mi vergognai per la mia debolezza, chinai il capo.

"A questo punto glielo posso dire, dottor Giorgi" riprese il funzionario, fingendo di non notare il mio estremo smarrimento. "Credo che la cosa non la rincuorerà più di tanto, tuttavia sappia che abbiamo risposto".

"Che cosa?" domandai. Non avevo capito, la mia mente era ormai in completa confusione.

"Un missile con cinque testate nucleari si sta dirigendo verso la Russia. Arriverà tra... (consultò l'orologio) undici minuti".

"Colpirà Mosca?" chiesi.

"Mosca e dintorni non esisteranno più. Per sempre".

"Mi scusi, dottor Giorgi, ma adesso la devo proprio lasciare" aggiunse. "Lei può rimanere qui ad attendere gli eventi. Non si muova, mi raccomando, e attenda eventuali istruzioni" disse il funzionario.

"Dopo... dopo che succederà?" chiesi, mentre lui era già voltato.

"Dopo? Non lo so, in ogni caso si tratta di una questione che ormai non riguarda più nessuno di noi due..." E uscì.

Mi avvicinai alla grande finestra. Il sole splendeva nel centro di Parigi. Un sole che tra pochi minuti sarebbe stato oscurato da una nube nera e maligna. In lontananza si intravedeva la sagoma della Torre Eiffel. La osservai mentre ormai le lacrime mi scorrevano copiose. Non l'avrei più vista, nessuno l'avrebbe più vista.

Nessun commento:

Posta un commento