Ero uscito da non più
di cinque minuti dal container mensa, vuoto in quel momento, quando mi accorsi
di avere dimenticato il portafoglio su un tavolo. Ne avevo tolto un
bigliettino, sul quale era annotato un numero di telefono. Dopo avere
effettuato la chiamata, distratto, avevo rimesso in tasca il cellulare ma non
il portafoglio. Proprio in quel momento incontrai il direttore dei lavori. Gli
spiegai ciò che era accaduto e, accompagnato da lui, tornai indietro.
Nel container adesso
c'erano cinque persone, il capo elettricista e i suoi quattro aiutanti. Toccava
a loro, insieme ai carpentieri che però non erano ancora arrivati, il primo
turno di pranzo. Guardai subito sul tavolo al quale mi ero appoggiato in
precedenza, ma il portafoglio non c'era più.
I cinque operai non si
erano ancora seduti. Quando ero entrato, con il direttore dei lavori, erano
ammutoliti per la sorpresa. Non capitava spesso che l'impresario, cioè il
sottoscritto, si presentasse in quel posto.
Con lo sguardo li
passai in rassegna tutti e cinque.
"Dov'è il mio
portafoglio?" domandai con voce dura. "Lo avevo lasciato sul primo
tavolo".
Il portavoce del
gruppo, naturalmente, fu il capo elettricista.
"Non c'era nessun
portafoglio" rispose.
"Da quando l'ho
lasciato, qui dentro siete entrati soltanto voi" aggiunsi. Alla mia
destra, il direttore dei lavori era molto nervoso.
"Vorrebbe forse dire
che lo abbiamo preso noi?" chiese il capo elettricista, sfrontato.
Sorrisi.
"Vuol dire che se
il portafoglio non salta fuori entro un minuto, bloccherò l'intero cantiere per
almeno sei mesi. Voi sarete a spasso, così come gli altri trenta operai. Non
saranno contenti, e non so in quale maniera vi ringrazieranno..."
I cinque si scambiarono
uno sguardo preoccupato.
Dopo un attimo
interminabile il capo elettricista estrasse dalla giubba il mio portafoglio e
me lo consegnò.
"Non sapevamo che
fosse suo. Pensavamo che fosse di qualche collega. Lo avevamo preso per fare
uno scherzo" disse. Gli altri annuirono all'unisono.
"Bene, avete
evitato il blocco del cantiere e guai peggiori" dissi.
"Ci saranno
conseguenze?" domandò uno degli elettricisti, quello più anziano.
"Permettetemi di
pensarci su" dissi, perfido, con lo scopo di tenerli sulle spine.
"Domani lo saprete" aggiunsi.
"Le chiediamo
scusa" biascicò un altro elettricista, quello più giovane. Era pallido in
volto.
"È sempre bene
scusarsi" dissi. Poi mi voltai e, seguito dal direttore dei lavori, me ne
andai.
Appena fummo fuori dal
container mi costrinse a fermarmi.
"Non ci saranno
ripercussioni, vero?" chiese. "Forse hanno detto la verità"
aggiunse incerto.
"Può essere. Ci
penserò stanotte. L'atteggiamento del capo elettricista non mi è piaciuto, i
compari mi sono parsi complici involontari".
"Lo credo anch'io.
Tuttavia anche..."
"A domani,
architetto" lo congedai in modo brusco.
Il giorno seguente feci
recapitare a tutti e cinque la lettera di licenziamento. Decorso immediato.
Tre settimane dopo il
capo elettricista prese parte a una rapina. Ci fu un ferito. Lui fu arrestato
il giorno dopo e si trova tuttora in carcere. L'elettricista più anziano, a
causa dell'età, non riuscì più a trovare un lavoro fisso. Quello più giovane,
dopo che la moglie lo ebbe lasciato, diventò un barbone. A volte lo incontro e
gli lascio qualche moneta. Chissà se mi riconosce oppure no. Gli atri due: uno
è morto cadendo da una impalcatura. Lavorava in nero. L'altro è tornato al suo
paese di origine, nel ridente deserto tunisino...
È trascorso un po' di
tempo dall'episodio del portafoglio. L'esistenza di cinque persone è cambiata
da un giorno all'altro. Lo sarebbe stata anche se quel fatto non fosse
accaduto? Non lo posso sapere, ma onestamente penso di no. In ogni caso, ognuno
è artefice del proprio destino. Sono pentito? Assolutamente no.
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