Negli ultimi tempi il
tema dell'immigrazione è stato di grande attualità, e lo sarà per molto tempo
ancora. Si parla del problema degli sbarchi nel sud del nostro paese, e delle
altre rotte via terra attraverso le quali i migranti cercano di entrare in
Italia e in Europa, mentre si accenna ben poco, se non per nulla, a un genere
di migrazione che tuttavia ha assunto un carattere sistematico: quella dei
cinesi.
La comunità cinese è la
quarta, per consistenza numerica, in Italia. Si tratta di quasi 350.000
persone, metà delle quali sono donne.
Per quale motivo si
accenna così poco a questa pur importante migrazione, tra l'altro da un paese
così lontano dai nostri confini?
Le ragioni, a mio
avviso, sono più di una. Passiamo a esaminarle in maniera sintetica.
Innanzitutto i cinesi
non arrivano mai in massa, ma con un flusso costante e continuo, attraverso
canali quasi misteriosi. Ciò fa sì che il fenomeno non sia avvertito con
evidenza, che passi quasi inosservato, che non sia percepito come una specie di
invasione, a differenza di quanto avvenga nei confronti di chi giunge nel
nostro paese, ad esempio, dall'Africa.
La comunità cinese è
una comunità estremamente chiusa, autonoma e quasi del tutto autosufficiente. I
cinesi che si trovano nel nostro paese non accampano richieste di diritti,
sembrano essere poco interessati all'integrazione, per nulla attirati
dall'ottenimento della cittadinanza del paese che li ospita.
I cinesi arrivati in
Italia assumono un basso profilo. Raramente sono coinvolti in episodi di
criminalità, anche se di sicuro non mancano i regolamenti di conti all'interno
della comunità, ma ciò avviene senza clamore, senza creare e alimentare allarme
sociale.
L'autosufficienza, economica
e sociale della comunità cinese, è dovuta soprattutto al fatto che insieme alle
persone arrivano anche capitali. Esistono, in Cina, società che investono e
ricavano profitto dai migranti. Gli immigrati si ritrovano a gestire, per conto
di tali società, numerose e varie attività commerciali: ristoranti, bar,
sartorie, lavanderie. Il loro lavoro serve per ripagare la possibilità di
migrare che hanno avuto. Diversamente da ciò che si crede, soltanto una metà
degli immigrati cinesi è impegnato in una qualche attività commerciale. Gli
altri risultano occupati, e spesso sfruttati, come operai nelle numerose
piccole fabbriche di confezionamento di abiti. Insomma, come si può dedurre, si
tratta di un fenomeno migratorio guidato dall'alto, rivolto a un preciso
tornaconto, allo stesso modo in cui avviene, sempre da parte della Cina, in
Africa, sebbene con modalità alquanto differenti (acquisto di grandi estensioni
terriere da destinare a coltivazioni intensive).
I cinesi, una volta
conclusa la loro attività lavorativa, immancabilmente fanno ritorno al loro
paese di origine. É assai raro scorgere anziani cinesi nelle nostre città.
Un altro aspetto
importante, che fa sì che l'immigrazione dalla Cina non sia colta nella sua reale
dimensione, è quello religioso. La religione dei cinesi (qual è?) non disturba,
non provoca la minima apprensione, è ridotta a forma del tutto irrilevante.
Da tutto quanto esposto
si può dedurre che l'immigrazione cinese rappresenta un qualcosa di
particolare, di unico, all'interno di un fenomeno che invece riproduce
caratteristiche più comuni e condivise.
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