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domenica 22 ottobre 2017

L'ALBERO DELLA CUCCAGNA



Anteprima tratta dal libro "Le storie di Magnìn", di Enzo Sopegno (Youcanprint Edizioni) in uscita a novembre 2017.


Un lungo palo era stato issato proprio nel mezzo della piazzetta. Sergio e Giors, con l'aiuto di una scala a pioli, avevano provveduto a ingrassare per bene l'asta e a sistemare sulla sua sommità i premi. I due compari avevano fatto un ottimo lavoro: il palo era più scivoloso di un'anguilla appena pescata.
Come di consueto, i primi a cimentarsi nell'ardua impresa furono i giovani. Ci provarono a lungo, prima uno poi l'altro poi un altro ancora. Non ci fu nulla da fare. Quei giovanotti ben vestiti riuscivano a salire sull'albero viscido per non più di un paio di metri, per poi ricadere a terra come sacchi tra le risate generali.
Magnìn gettò a terra il mozzicone tutto insalivato, poi lo schiacciò bene facendo ruotare su di esso lo scarpone.
"Non hanno energia" commentò.
"Per forza, non bevono" rispose Luigino. L'altro approvò convinto.
L'albero della cuccagna era ancora inviolato. Lo sguardo dei presenti, a quel punto, si spostò verso un angolino appartato della piazza.
"Ci deve provare Gelu! Lui ci può riuscire!" urlò Costantino, il calzolaio.
Gelu era una persona mite e schiva, che preferiva sempre stare in disparte. In quel momento era seduto su una panchetta, in grembo aveva un bottiglione di vino quasi vuoto e stava ascoltando la musica. Gli piacevano molto i valzer e le mazurke, e non si stancava mai di starle a sentire, tuttavia non aveva mai avuto il coraggio di cimentarsi nel ballo. Era troppo timido, e poi le donne gli facevano paura. Gelu portava, ben calcato, il solito cappellino di paglia. Del suo viso si intravedevano soltanto le guance non rasate, dalla pelle dura come il cuoio non conciato, e il grosso naso. Sentendo pronunciare il suo nome, Gelu si alzò in piedi. L'uomo era alto e smilzo, tuttavia aveva delle braccia molto muscolose e smisuratamente lunghe, che gli arrivavano fin sotto le ginocchia.
"Gelu, provaci tu!"
"Se non ci riesci tu non ci riesce nessuno!"
"Dai che ce la fai!"
La folla ormai lo acclamava. Gelu, che non era abituato a essere al centro dell'attenzione, si emozionò. Iniziò a correre verso l'albero della cuccagna, pronto a scalarlo ma, anche a causa del troppo vino bevuto, calcolò male la distanza e cozzò con violenza, di testa, contro il palo. Stramazzò al suolo, intontito. Alcuni volenterosi lo portarono via.
Dolfo, il camionista, diede una robusta spinta a Luigino e lo scaraventò al centro della piazza.
"Ci prova lui!" disse.
Luigino, sebbene un po' disorientato, annuì. Da quando sua madre e la scopa erano finalmente andate a dormire aveva potuto rilassarsi e bere in pace. In più, con un'abile e furtiva mossa, era riuscito a sottrarre la fiaschetta di liquore di prugna dal seno di Michelina. L'aveva scolata tutta, l'equivalente di cinque sei cicchetti. Provò per quasi mezz'ora ad avvicinarsi al palo, tra l'incitamento del pubblico, ma non ci riuscì. Il fatto è che di alberi della cuccagna ne vedeva almeno una decina, invece di uno, e non riusciva mai ad azzeccare quello vero. Ogni volta abbracciava il vuoto e piombava rovinosamente a terra. Alla fine dovette rinunciare.
"Eh! Per salire lì sopra ci vogliono delle braccia d'acciaio" sentenziò Giovannino, un anziano contadino con una pancia enorme.
"Braccia? Bastano le gambe" disse Magnìn.
"Che cosa? Vorresti farmi credere che tu riesci a salire senza usare le braccia?" ribattè l'altro.
Magnìn lo guardò torvo.
"Ho detto che salgo senza usare le braccia e lo faccio!"
L'intera piazza ammutolì.
Magnìn, a grandi passi, si avvicinò all'albero della cuccagna. In una mano aveva una sigaretta, nell'altra una bottiglia di vino da un litro. Rifletté un attimo, poi attorcigliò le gambe attorno al palo e, senza apparente sforzo, iniziò a sollevarsi. Dopo pochi istanti era in cima. Tirò un paio di boccate dalla cicca e bevve un sorso di vino, poi iniziò a staccare i premi e a buttarli di sotto. Centrò in pieno il suo amico Romualdo con un grosso salame e lo mise fuori combattimento. Almeno la moglie non potrà dire che è svenuto perché ha alzato troppo il gomito, considerò tra sé il figlio dello stagnino.

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