I due ragazzi camminano
sulla strada deserta. Il più robusto procede con le mani in tasca e si guarda
attorno, l'altro si trascina dietro un carrettino di legno. Vuoto. Non parlano.
Adesso imboccano una discesa assai ripida. Il mingherlino fatica a frenare il
carretto, che prende velocità. L'amico si fa più attento, osserva e sorveglia
ma senza intervenire. Il nastro d'asfalto ridiventa piano. Sulla destra si
intravede appena una traccia, un sentiero sterrato. I due ragazzi lo seguono.
Il fondo del viottolo è molto sconnesso, rovinato dal ripetuto passaggio dei
trattori. Il veicolo a traino sobbalza. È tardo pomeriggio di una domenica,
siamo nel mese di luglio e fa molto caldo. I due all'improvviso si arrestano.
Beppe e Vincenzo sono giunti alla loro meta. Il carrettino è abbandonato dietro
alcuni grossi cespugli. Dalla strada è impossibile che qualcuno lo scorga.
Avanzano ancora e dopo un po' si trovano di fronte un canale. É gonfio d'acqua
ma largo poco più di un metro. Prima uno poi l'altro i due ragazzi prendono una
breve rincorsa poi saltano attraversandolo. Entrambi sono molto agili. Ora si trovano in un enorme
piazzale. Ci sono degli edifici, e ci sono delle grandi tettoie. I giovani si
trovano all'interno della cartiera. Oggi è festa e quindi non c'è nessuno.
Tutto intorno c'è una alta recinzione, tranne che in un punto, il breve tratto
di canale. Dopo numerose esplorazioni loro hanno scoperto quella via di accesso
e l'hanno già utilizzata più volte. Nessun rumore. Nulla, non ci sono
guardiani, non ci sono cani o sistemi di allarme. La cartiera è uno
stabilimento di piccole dimensioni, e si trova in una borgata sperduta del
paese. Per Beppe e Vincenzo tuttavia quella non è una fabbrica, loro la
chiamano miniera. Al riparo delle tettoie ci sono vere e proprie montagne di
carta. Centinaia e centinaia di balle quadrate, composte da carta più o meno
compressa, disposte in maniera ordinata, impilate una sull'altra a formare
delle vette di altezza differente. I ragazzi, eccitati come sempre per
l'incursione, si guardano e, senza dire nulla, si mettono al lavoro. Comincia
la scalata. I due attaccano, con rapidità, forza e decisione. Si arrampicano in
scioltezza, aiutandosi tra loro. Certo, occorre fare molta attenzione, l'ascesa
può diventare assai rischiosa. Tra una balla di carta e l'altra si aprono dei
profondi crepacci, se queste non sono ben accostate. Una caduta avrebbe serie
conseguenze. Finalmente i due arrivano in cima al mucchio selezionato in
precedenza con occhio ormai esperto. È importante scegliere bene: da ciò
dipende la riuscita di una parte dell'impresa. I due ragazzi riprendono fiato,
si rilassano un attimo. Poi Beppe estrae dalla tasca posteriore dei pantaloni
una tronchesina e, con gesti
energici e precisi, inizia a recidere lo spesso filo di metallo che tiene unito
il blocco. Il risultato è sorprendente. La carta, a lungo pressata, si rianima
e riprende vita. Beppe ripone l'attrezzo e, aiutato dall'amico, comincia a scavare
con le mani. I due cercano libri e riviste sfuggiti alla compressione. Ben
presto Vincenzo esulta. Tiene in mano una vecchia copia, in discrete condizioni
e di sicuro leggibile, di Il lupo dei
mari di Jack London. Una grande soddisfazione si scorge sui volti dei due
amici, che proseguono subito a lavorare, entusiasti. Estraggono delle riviste
di sport, alcuni albi a fumetti. Ritrovamenti minori. Ma i due non si arrendono
e continuano ora con metodo, mettendo a frutto le passate esperienze. Vincenzo
sofferma lo sguardo su un romanzo erotico di ambientazione storica. Il volume è
un po' spiegazzato, ma lui riesce ad aprirlo e a sfogliarlo. Legge, a caso,
alcuni passaggi nella parte centrale del libro, incuriosito. Si narra di un
gigante che è stato rinchiuso in una prigione sotterranea. L'essere ha i
lineamenti del volto deformi, ed è completamente nudo. In piedi, si afferra
alle robuste sbarre della cella e le scuote con rabbia. Il suo membro, turgido
e dalle dimensioni smisurate, sporge dalle sbarre e sembra animato di vita
propria. Il gigante emette dei suoni gutturali, non è in grado di parlare,
forse gli è stata recisa la lingua. All'improvviso entrano nella prigione due
ragazze molto belle, una bionda e l'altra bruna. Non si riesce a comprendere
chi possano essere e quale sia il loro ruolo nell'intreccio. Ma ciò non ha
importanza. Vincenzo, ora piuttosto eccitato, prosegue la lettura. Le due
giovani lanciano esclamazioni di stupore alla vista del sesso del gigante. Vi
si avventano, se lo contendono, lo manipolano violentemente, lo strattonano.
L'essere imprigionato mugola di piacere, finché non accade l'inevitabile. Basta
così. Quelle misere pagine hanno già preso fin troppa aria. Il ragazzo chiude
di scatto il libro e lo butta. Beppe ha notato tutta la scena e richiama
l'amico all'attenzione. E così si ricomincia. Sotto la tettoia fa molto caldo e
sui volti dei ragazzi si accumulano sudore e polvere. In più, si sta facendo
tardi. I due amici si scambiano un cenno d'intesa, ripongono ciò che sono
riusciti a recuperare in una borsa di plastica, e si dedicano alla seconda
parte dell'operazione. Si tratta del lavoro più sporco, quello di quantità.
Afferrano manciate di carta, quella più pesante, e la gettano a terra. I tonfi
si susseguono per parecchi minuti. A un certo punto i due decidono che è
arrivato il momento di smettere. Adesso sono alquanto affaticati, ma bisogna
ancora affrontare la discesa dalla montagna di carta. Ciò deve essere fatto con
estrema prudenza, il pericolo è sempre in agguato, in misura ancora maggiore rispetto
all'ascesa. La stanchezza, la falsa sicurezza, potrebbero avere gravi
conseguenze. Ma alla fine ce la fanno. Si ritrovano a terra, nell'ampio
piazzale asfaltato. Intorno a loro c'è soltanto il silenzio della campagna. I
due ragazzi sono circondati da disordinati mucchi di carta. Si tratta di
prenderla e, poco per volta, di buttarla oltre il canale, nel prato che lo
costeggia. Allora si danno da fare, e paiono infaticabili. Quando tutto il
materiale è ormai sull'altra sponda, l'ultimo salto sull'acqua. La scioltezza
di un paio d'ore prima non c'è più, e comunque rimane ancora da affrontare
un'ultima fatica. Vincenzo, camminando lentamente, i muscoli dolenti, va a
recuperare il carretto. Beppe ammucchia la carta. Tutto ciò che è stato
raccolto è riposto in maniera ordinata sul trabiccolo a ruote. Si riparte, di
nuovo Vincenzo traina il veicolo, ma adesso Beppe lo aiuta spingendo. Un paio
di chilometri, con la difficoltà non da poco della ripida salita finale, e
avranno finito. Per quel giorno, almeno. Domani i due ragazzi riprenderanno il
carretto colmo e si recheranno di nuovo in cartiera. Stavolta però faranno il
loro ingresso attraverso l'entrata principale. Lo stabilimento sarà aperto,
animato dalle grida degli operai. E tra loro ci sarà pure il signor Luigi, il
padre di un loro amico. Luigi è l'addetto alla pesatura della carta. Uno dei
due ragazzi andrà con lui nell'angusto gabbiotto e assisterà all'operazione,
l'altro sistemerà il carretto sull'ampia piattaforma di metallo. Poi fingerà di
allontanarsi mentre invece rimarrà con i piedi sulla pedana, fermo sul vertice
di uno degli angoli, per aggiungere un po' di peso in più. Il signor Luigi,
come sempre, non se ne accorgerà. O lascerà intendere di non essersi accorto
della furba manovra. Infine i due ragazzi passeranno in ufficio, dal contabile,
a ritirare i soldi per la carta venduta, qualche centinaio di lire il chilo.
Quel denaro sarà impiegato per comprare libri. Nuovi, finalmente.
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