L’uomo all’improvviso posa
la tazzina.
“Ahi!”
“Roberto, che cosa c’è?”
domanda la moglie.
“La schiena, mi fa
male.”
“La schiena? Hai fatto
qualcosa? Qualche sforzo particolare?”
“No, non ho fatto
nulla. Accidenti, che dolore.”
“Fammi vedere.”
La donna si avvicina al
marito e gli solleva la maglietta.
“Ehi! Ci sono delle
strisce rosse.”
“Eh?”
“Sì, su tutta la
schiena. Sembra che ti abbiano frustato!”
“Non scherzare, che
cosa può essere?”
“Sai che ti dico?
Potrebbe essere fuoco di Sant’Antonio.”
“Sei sicura?”
“Sì, ricordo che l’ha
avuto anche mio padre. Devi andare subito dal medico.”
L’uomo, tra una smorfia
e l’altra, guarda la moglie.
“Dal medico? E perché?”
“Roberto, che cosa stai
dicendo? Quando si è ammalati si va dal medico.” La donna non riesce a
nascondere l’evidente stupore.
“Certo, quando si è
ammalati, non quando si ha il fuoco di Sant’Antonio.”
“Roberto…”
“Andrò da Michëina.”
“E chi sarebbe? Una dottoressa?”
L’uomo, nonostante il
dolore, riesce a sorridere.
“Beh, non proprio.”
“Allora?” lo incalza la
moglie.
“È quella vecchietta
che abita in fondo al paese. Hai presente? Vicino alla stazione di servizio.”
“Quella casa mezzo
diroccata?”
“Proprio quella.”
“Quella vecchia è una strega!”
esclama di colpo un ragazzino di circa dieci anni che fino a quel momento aveva
assistito in silenzio al dialogo dei genitori.
“Marco! Che dici?” lo
rimprovera la madre.
Il bambino solleva le
spalle.
“A scuola dicono tutti
così.”
“Smettila.”
“Non è una strega, è
una specie di guaritrice” dice l’uomo. “Scaccia il fuoco di Sant’Antonio.”
“Ma tu sei pazzo! Vuoi
dirmi che credi a queste cose?”
“Certo”
“Non voglio più sentire
questi discorsi! Tu andrai dal medico, intesi?”
“Mmm…”
“Prometti!”
“Vedremo…”
“Incredibile! Mio marito
che crede alle fattucchiere!”
“Michëina non è una
fattucchiera.”
“Basta così!”
La donna, alterata,
esce dalla cucina.
L’uomo bussa alla
porta.
“Avanti, è aperto.” Una
voce sottile, un po’ stridula.
L’uomo entra e si trova
in penombra. La vecchia è seduta. È piccola e magra, quasi rinsecchita. È
vestita di nero, porta un fazzoletto in testa dal quale scappano alcune ciocche
bianche, il viso è solcato da un dedalo di rughe antiche. Nell’unica stanza
della misera casetta, dove c’è pure il letto, ristagna un odore di cipolle.
“Hai il fuoco di Sant’Antonio”
dice la vecchia scrutando l’uomo.
“Come ha fatto a
capirlo?”
Lei non risponde,
scuote il capo e fa un gesto con la mano, come a scacciare una mosca che non c’è.
“Siediti su quello
sgabello e togliti la camicia” ordina. L’uomo, un po’ intimorito, ubbidisce.
La vecchia gli si
avvicina e gli unge la schiena con qualcosa che sembra olio. Poi prende una
pezza imbevuta di qualche liquido, la accende con un fiammifero di legno, e
inizia a passare la fiamma a pochi centimetri dalla pelle.
“Stai fermo” intima all’uomo.
Poi inizia a recitare una strana formula, più volte.
“Feu servaj scàpis che l’ot feu te ciàpis!” E poi ancora e ancora. L’uomo
sembra sempre più impaurito ma non osa muoversi. Finalmente il rito termina.
“Adesso puoi andare”
dice la vecchia, che appare esausta.
“Grazie” dice l’uomo,
che si riveste e mette mano al portafoglio.
“No! Non mi devi niente”
quasi lo aggredisce la vecchia.
“È per il disturbo…”
“Non posso accettare
nulla, altrimenti il dono svanisce” dice lei. Poi si siede. L’uomo ringrazia
ancora, saluta ed esce.
“Capisco, signora” dice
il medico. “Vede, il fuoco di Sant’Antonio, o per meglio dire l’Herpes Zooster,
è una malattia insidiosa che richiede cure specifiche. È necessario impiegare
farmaci antivirali per cercare di assicurare una piena e definitiva guarigione.
E quasi sempre tali farmaci danno ottimi risultati. In caso contrario c’è il
rischio che l’affezione si cronicizzi. Comunque non si deve preoccupare, mi
mandi suo marito al più presto e vedrà che risolveremo tutto.”
La donna guarda a lungo
il medico prima di parlare.
“Sa qual è la cosa che
mi preoccupa davvero?”
“Mi dica, signora.”
“Il giorno dopo essere
andato da quella vegliarda mio marito era guarito, completamente guarito.”
“Il giorno dopo? È
impossibile!”
“Pensavo che lei
potesse darmi una spiegazione” dice la donna.
“Mi dispiace…” Il
medico allarga le braccia, la donna si alza e se ne va, rassegnata e delusa.
Il medico si passa più
volte le dita sulle palpebre. Poi alza lo sguardo e vede il suo diploma di
laurea incorniciato e appeso sul muro di fronte. Scuote il capo più volte,
sconsolato. Poi si ricorda di sua nonna. La vecchietta riceveva spesso uomini e
donne a casa sua, a tutte le ore del giorno, persone giovani e meno giovani.
All’improvviso il medico rammenta anche le parole che a volte sentiva
pronunciare dall’anziana donna e che a lui, bambino, risultavano del tutto
prive di significato e alle quali non badava più di tanto. Ed è come se le
risentisse proprio in quel momento, forti e chiare.
“Feu servaj scàpis che l’ot feu te ciàpis!”
“Avanti il prossimo!”
dice il medico, che è fradicio di sudore.
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