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sabato 5 settembre 2015

FUOCO SELVAGGIO


L’uomo all’improvviso posa la tazzina.
“Ahi!”
“Roberto, che cosa c’è?” domanda la moglie.
“La schiena, mi fa male.”
“La schiena? Hai fatto qualcosa? Qualche sforzo particolare?”
“No, non ho fatto nulla. Accidenti, che dolore.”
“Fammi vedere.”
La donna si avvicina al marito e gli solleva la maglietta.
“Ehi! Ci sono delle strisce rosse.”
“Eh?”
“Sì, su tutta la schiena. Sembra che ti abbiano frustato!”
“Non scherzare, che cosa può essere?”
“Sai che ti dico? Potrebbe essere fuoco di Sant’Antonio.”
“Sei sicura?”
“Sì, ricordo che l’ha avuto anche mio padre. Devi andare subito dal medico.”
L’uomo, tra una smorfia e l’altra, guarda la moglie.
“Dal medico? E perché?”
“Roberto, che cosa stai dicendo? Quando si è ammalati si va dal medico.” La donna non riesce a nascondere l’evidente stupore.
“Certo, quando si è ammalati, non quando si ha il fuoco di Sant’Antonio.”
“Roberto…”
“Andrò da Michëina.”
“E chi sarebbe? Una dottoressa?”
L’uomo, nonostante il dolore, riesce a sorridere.
“Beh, non proprio.”
“Allora?” lo incalza la moglie.
“È quella vecchietta che abita in fondo al paese. Hai presente? Vicino alla stazione di servizio.”
“Quella casa mezzo diroccata?”
“Proprio quella.”
“Quella vecchia è una strega!” esclama di colpo un ragazzino di circa dieci anni che fino a quel momento aveva assistito in silenzio al dialogo dei genitori.
“Marco! Che dici?” lo rimprovera la madre.
Il bambino solleva le spalle.
“A scuola dicono tutti così.”
“Smettila.”
“Non è una strega, è una specie di guaritrice” dice l’uomo. “Scaccia il fuoco di Sant’Antonio.”
“Ma tu sei pazzo! Vuoi dirmi che credi a queste cose?”
“Certo”
“Non voglio più sentire questi discorsi! Tu andrai dal medico, intesi?”
“Mmm…”
“Prometti!”
“Vedremo…”
“Incredibile! Mio marito che crede alle fattucchiere!”
“Michëina non è una fattucchiera.”
“Basta così!”
La donna, alterata, esce dalla cucina.


L’uomo bussa alla porta.
“Avanti, è aperto.” Una voce sottile, un po’ stridula.
L’uomo entra e si trova in penombra. La vecchia è seduta. È piccola e magra, quasi rinsecchita. È vestita di nero, porta un fazzoletto in testa dal quale scappano alcune ciocche bianche, il viso è solcato da un dedalo di rughe antiche. Nell’unica stanza della misera casetta, dove c’è pure il letto, ristagna un odore di cipolle.
“Hai il fuoco di Sant’Antonio” dice la vecchia scrutando l’uomo.
“Come ha fatto a capirlo?”
Lei non risponde, scuote il capo e fa un gesto con la mano, come a scacciare una mosca che non c’è.
“Siediti su quello sgabello e togliti la camicia” ordina. L’uomo, un po’ intimorito, ubbidisce.
La vecchia gli si avvicina e gli unge la schiena con qualcosa che sembra olio. Poi prende una pezza imbevuta di qualche liquido, la accende con un fiammifero di legno, e inizia a passare la fiamma a pochi centimetri dalla pelle.
“Stai fermo” intima all’uomo. Poi inizia a recitare una strana formula, più volte.
Feu servaj scàpis che l’ot feu te ciàpis!” E poi ancora e ancora. L’uomo sembra sempre più impaurito ma non osa muoversi. Finalmente il rito termina.
“Adesso puoi andare” dice la vecchia, che appare esausta.
“Grazie” dice l’uomo, che si riveste e mette mano al portafoglio.
“No! Non mi devi niente” quasi lo aggredisce la vecchia.
“È per il disturbo…”
“Non posso accettare nulla, altrimenti il dono svanisce” dice lei. Poi si siede. L’uomo ringrazia ancora, saluta ed esce.


“Capisco, signora” dice il medico. “Vede, il fuoco di Sant’Antonio, o per meglio dire l’Herpes Zooster, è una malattia insidiosa che richiede cure specifiche. È necessario impiegare farmaci antivirali per cercare di assicurare una piena e definitiva guarigione. E quasi sempre tali farmaci danno ottimi risultati. In caso contrario c’è il rischio che l’affezione si cronicizzi. Comunque non si deve preoccupare, mi mandi suo marito al più presto e vedrà che risolveremo tutto.”
La donna guarda a lungo il medico prima di parlare.
“Sa qual è la cosa che mi preoccupa davvero?”
“Mi dica, signora.”
“Il giorno dopo essere andato da quella vegliarda mio marito era guarito, completamente guarito.”
“Il giorno dopo? È impossibile!”
“Pensavo che lei potesse darmi una spiegazione” dice la donna.
“Mi dispiace…” Il medico allarga le braccia, la donna si alza e se ne va, rassegnata e delusa.
Il medico si passa più volte le dita sulle palpebre. Poi alza lo sguardo e vede il suo diploma di laurea incorniciato e appeso sul muro di fronte. Scuote il capo più volte, sconsolato. Poi si ricorda di sua nonna. La vecchietta riceveva spesso uomini e donne a casa sua, a tutte le ore del giorno, persone giovani e meno giovani. All’improvviso il medico rammenta anche le parole che a volte sentiva pronunciare dall’anziana donna e che a lui, bambino, risultavano del tutto prive di significato e alle quali non badava più di tanto. Ed è come se le risentisse proprio in quel momento, forti e chiare.
Feu servaj scàpis che l’ot feu te ciàpis!”
“Avanti il prossimo!” dice il medico, che è fradicio di sudore.

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