Domani avrò quarant’anni. Darò così addio alla gioventù e
diventerò un vecchio.
Oggi è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Questa mattina sono
uscito da casa presto, come ho sempre fatto per tanti anni, per arrivare
puntuale in ufficio. Ho svolto le mie abituali incombenze con efficienza,
professionalità e precisione. Poi, al termine della giornata, ho salutato i
colleghi per l’ultima volta. Sia quelli ormai prossimi alla pensione che quelli
giovani. Alcuni di questi ultimi hanno appena vent’anni, di fronte a loro c’è
un’intera vita lavorativa. Il tempo, tuttavia, trascorrerà in fretta e ben
presto si troveranno nella mia condizione attuale. Di colpo saranno vecchi.
Mi aggiro frastornato tra le pareti della mia abitazione. Un
piccolo appartamento nel quale ho vissuto a lungo e al quale devo dire addio.
Nei giorni scorsi ho già raccolto la mia roba e l’ho sistemata in alcune
valigie e in due grossi sacchi di plastica neri. I vestiti, alcuni libri, vari
insignificanti oggetti che per me però rappresentano un ricordo, la maniera per
rievocare attimi felici della mia esistenza. Da domani non abiterò più qui,
sarò trasferito.
Mi lascio cadere sulla mia poltrona preferita, che ovviamente non
potrò portare con me, e rifletto.
Considero che in passato le persone anziane godevano di autorità e
rispetto. I vecchi erano i depositari del sapere e della saggezza. Adesso sono
considerati gli elementi deboli della società, privati di ogni autorevolezza, e
condannati senza appello all’emarginazione. Superata una certa soglia d’età, uomini
e donne sono ritenuti non più in grado di sostenere i ritmi frenetici e
competitivi del mondo del lavoro. Non più all’altezza della vita di tutti i
giorni, dei suoi numerosi obblighi sociali. La conseguenza drammatica è il
subentrare in questi individui di uno stato di frustrazione che conduce a una
inevitabile crisi di identità. Gli esseri umani più attempati all’improvviso
non sanno più quale sia il loro ruolo, da quel momento in poi la loro unica
missione è quella di sopravvivere.
Fino a poco tempo fa non era così. Il prolungarsi, sempre più,
della vita umana aveva comportato l’adozione di una scelta che ora appare
scriteriata: l’innalzamento senza limiti dell’età della pensione. A un certo
punto tutti i posti di vertice nell’industria, nella finanza e nelle
istituzioni erano occupati da arzilli ottuagenari che non avevano alcuna
intenzione di farsi da parte per favorire il ricambio. Così come in fabbrica
gli operai con più di cinquant’anni di lavoro alle spalle rappresentavano la
norma e non l’eccezione. Poi c’è stata la ribellione dei giovani, e sappiamo
com’è andata a finire. D’altra parte era inevitabile che ciò accadesse. C’è
stata una brusca inversione di tendenza, e tutto è stato rimesso in gioco, in
virtù di quella pressione esercitata dalle masse giovanili esasperate che per
poco non è sfociata in terribile violenza. Il processo, in ogni caso, è stato
governato. Le misure attuate per rimediare agli errori del passato si sono però
rivelate, a mio avviso, troppo drastiche. Io ne sono una vittima. Seguo con
attenzione, ancora oggi, la battaglia di un piccolo movimento in cui mi
riconosco affinché ci sia un ripensamento e l’età di quiescenza sia di nuovo
aumentata, sebbene di poco. Per me, comunque, è ormai troppo tardi.
Domani non dovrò preoccuparmi di nulla. Aspetterò finché non mi
verranno a prendere, con il furgoncino della Casa Protetta, e mi condurranno
nella mia nuova abitazione, una stanzetta che dovrò condividere con un altro
vecchio come me. In quel posto troverò tutto ciò che mi serve. Ci sarà il bar,
dove avrò diritto a due consumazioni giornaliere, e anche il cinema. Avrò la
possibilità di giocare a bocce e a carte, potrò trascorrere lunghe ore a
pescare nel laghetto. Non mi toccherà preoccuparmi dei pasti, dei vestiti e
della pulizia della camera. Naturalmente non potrò uscire dal perimetro della
Casa, né disporrò di denaro, che comunque sarebbe del tutto inutile. Insomma,
godrò di parecchi privilegi.
Il mio nuovo status purtroppo comporterà anche delle rinunce,
alcune delle quali assai dolorose.
Innanzitutto non potrò più avere figli. Sarò sottoposto a un
piccolo intervento chirurgico che mi renderà per sempre sterile. È ormai
dimostrato che i nati da genitori troppo anziani hanno problemi di inserimento
nell’attuale tessuto sociale. Io di figli non ne ho, e dunque non sarò mai
genitore. L’esistenza frenetica che ho condotto nella prima parte della mia
vita mi ha sempre impedito di incontrare la persona adatta con la quale poter
formare una famiglia, non ho mai avuto la possibilità di fare dei progetti. Un
giorno dopo l’altro sono invecchiato, e adesso è inutile abbandonarsi al
rimpianto.
Tra le altre cose che perderò passando all’età senile c’è il
diritto di voto. Gli anziani non possono intervenire nella vita pubblica, non
hanno la prerogativa di esprimere le loro idee politiche attraverso la
partecipazione al processo elettorale. La pratica degli affari collettivi è
materia esclusiva dei giovani. Noi vecchi non abbiamo interesse, e necessità,
che qualcosa cambi. Insomma, che ci sia un rinnovamento, perché nulla ci
riguarda più. La nostra vita, dal momento in cui entriamo nella Casa, è tutta
pianificata, regolata fin nelle sue minime sfaccettature. Dobbiamo pensare
soltanto al riposo, poiché il nostro contributo alla società è ormai esaurito.
Un periodo di ristoro e di sollievo che potrà durare anche parecchi decenni,
durante il quale correremo il rischio di morire di noia, ma al quale poco per
volta ci abitueremo. Diventeremo consapevoli della nostra inutilità, perché
nessuno ci starà a sentire, nessuno verrà a chiedere un nostro parere. Dovremo
invece pensare a rilassarci, a vivere giornate tutte uguali ma serene e
tranquille, ad aver cura del nostro corpo e, impresa alquanto più impegnativa,
della nostra mente. Lentamente tutte le scorie e le tossine accumulate negli
anni di faticoso lavoro saranno espulse, ci trasformeremo così in esseri nuovi,
distaccati dalle cose materiali, dalla lotta quotidiana, liberi dall’ambizione,
non più schiavi dei sentimenti, mondati da ogni bruttura.
Domani inizierà la mia nuova vita. Vivrò fino alla fine circondato
soltanto da gente della mia età o più anziana. Non avrò più alcun contatto con
le nuove generazioni, che si succederanno in un processo naturale del quale non
avrò percezione.
Ed è proprio questo l’aspetto
positivo della mia nuova qualità di vecchio. Quello che più mi appaga e più mi
gratifica: non vedrò più persone giovani, non avrò più alcun contatto con loro,
nessun tipo di rapporto. E questo è un bene, perché io i giovani li odio
Nessun commento:
Posta un commento