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sabato 16 febbraio 2013

VORREI MA NON POSSO



Potevo fare qualcosa ma non l’ho fatto. Più ci penso e ci ripenso e più mi rendo conto che un mio intervento avrebbe potuto modificare il corso degli eventi. Invece ciò non è avvenuto. Da parte mia non c’è stata alcuna iniziativa in tal senso. In una circostanza del genere sarebbe stato necessario mostrare rapidità di decisione e, soprattutto, grande tempestività nell’agire. Così non è stato, perché i miei riflessi sono stati lenti, e la mia mente intorpidita mi ha impedito di reagire in maniera pronta ed efficace. L’istinto non è riuscito a prevalere. Ormai non posso più porre rimedio, e sarò condannato a rivivere per sempre quelle brevi e concitate fasi, a tormentarmi per il rimorso, senza che nulla possa più mutare. E maledire, per ciò, la mia inadeguatezza all’azione.
Sono una persona tranquilla, che mai si vorrebbe venire a trovare in situazioni difficili. So bene di non essere attrezzato per fronteggiarle, conosco alla perfezione i miei limiti e le mie debolezze. Non amo, pertanto, essere messo alla prova. Preferisco, al contrario, fare di tutto per evitare di incappare in contesti che non sia in grado di padroneggiare, che possono facilmente sfuggire al mio controllo.
Questa volta le mie abituali precauzioni si sono rivelate inutili. Il fatto è che non mi sarei dovuto trovare su quell’automobile in quel momento. Se io non fossi stato presente il fatto non sarebbe accaduto. Ne sono quasi certo. Sono convinto che sia stata la mia presenza a bordo della vettura a provocare, in modo del tutto involontario, quel lieve squilibrio che ha causato la tragedia. Mi riferisco a una instabilità emotiva, ovviamente. In ogni caso, se io non ci fossi stato non sarei mai venuto a conoscenza di quel fatto, anche se si fosse verificato ugualmente. Invece c’ero, e lo ricordo bene.
Questa automobile è strana. In apparenza sembra una comune berlina, nel senso che le sue dimensioni non sono insolite. Nell’abitacolo, invece, sono sistemati tre ordini di sedili. Lo spazio tra l’uno e l’altro è molto ridotto. Io sto seduto da solo nella fila di mezzo. Alla guida c’è un ragazzo. Altri due giovani sono accomodati in fondo. Si tratta di un ragazzo e di una ragazza. Tutti loro paiono ignorare la mia presenza. I due giovani dietro di me hanno le mani intrecciate e si guardano negli occhi con grande intensità. Non parlano. Li osservo, in modo diretto, e due particolari mi colpiscono. Le dita delle loro mani sono sporche. Il sudiciume che le ricopre è quello peculiare di chi non si lava. Loro, tuttavia, non sembrano dare alcuna importanza a quell’aspetto che, in parte, suscita in me un certo disgusto. No, loro continuano a scambiarsi effusioni e tenerezze. Poi, i lineamenti dei loro visi: sono grossolani, appena abbozzati, sgradevoli. Insomma, quei due ragazzi sono decisamente brutti.
L’auto sfreccia veloce attraverso la notte. Attorno a me scorrono luci e ombre. La musica, ad alto volume, mi assorda e mi impedisce di pensare. Suoni gitani.
All’improvviso il ragazzo alla guida alza il piede dall’acceleratore. Si volta verso di me e mi sorride. Poi abbassa l’audio della radio, completamente. Subito l’altro giovane si stacca dalla ragazza e infila una mano nella tasca della giacca. Si sente il rumore di uno scatto metallico. Compare un coltello dalla lama sottile e molto affilata, saldamente impugnato. Lui si alza dal sedile e si sporge in avanti. Comprendo al volo quali siano le sue intenzioni, ma non intervengo. Potrei interporre il mio corpo, oppure tentare di bloccare il suo braccio, ma rimango immobile, come pietrificato. Il ragazzo colpisce l’autista, più volte. Prima nella schiena, poi sul petto. La lama affonda con estrema facilità, immediatamente scorre il sangue. L’altro, incredulo, non emette alcun suono. Tenta di ripararsi da quei tremendi fendenti, invano. Alla fine si accascia sul volante, e l’auto si arresta sul bordo della strada. Il mio sguardo si incrocia con quello dell’assassino. Ho paura. Lui schiocca le labbra poi, con un cenno, mi indica lo sportello dell’automobile. Annuisco e aziono la maniglia. Esco e mi allontano nel buio. Ho tanto freddo. 

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