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sabato 17 settembre 2011

SULLA STRADA



Il cielo è plumbeo, e sembra proprio che stia per nevicare. Il freddo, fuori, è intenso. Ma noi, io e mio fratello, siamo dentro all’abitacolo dell'automobile, cullati da un dolce tepore e dalla musica sparata a tutto volume dai dieci altoparlanti. Mio fratello guida veloce, sicuro, perché la strada è ampia, diritta e non c’è traffico.
“Oggi non c’è nessuno in giro” dico, annoiato.
“Quasi” risponde mio fratello guardando lo specchietto retrovisore.
“Come?” quasi urlo, per farmi sentire. La musica adesso è assordante.
“Dietro di noi c’è un fuoristrada che ci sta incollato”.
“Fallo passare” dico.
“Ci ho provato, ma non ne vuole proprio sapere. Si diverte a starci a ridosso, lo stronzo”.
“È da solo?” domando.
“No, sembra siano in due, lui e una donna.”
“Com’è?”
“Uff! Ma che te ne importa? Mi sembra un vecchio…”
“Aspetta…”
“Che vuoi fare?”
Senza rispondere, abbasso il finestrino e mi esibisco in una teoria di gesti osceni all’indirizzo del nostro tallonatore.
“Ma dai!” protesta mio fratello. Però ride, divertito.
Subito dopo il grosso fuoristrada ci affianca.
“Finalmente si è deciso”.
“E passa, vecchio deficiente!”
Ci sorpassa, per poi arrestarsi di colpo. I freni della nostra auto stridono sull’asfalto. Riusciamo a fermarci a pochi centimetri dal paraurti posteriore del bestione.
“Accidenti!” impreca mio fratello. È impallidito per lo spavento. Anche i battiti del mio cuore sono accelerati. Quel pazzo poteva provocare un brutto incidente.
Il vecchio, che in realtà tanto vecchio non è, scende. Dalla parte opposta scende anche la donna. Mentre pure noi due ci accingiamo a fare la stessa cosa un particolare mi colpisce: lui porta un giaccone pesante e un cappello a falde larghe mentre la donna indossa soltanto un leggero vestito di colore rosso, lungo quasi fino ai piedi. Biondo lui, con folti baffi a manubrio, nera lei, con la pelle del viso molto abbronzata e solcata da profonde rughe.
Ci scrutiamo, e nessuno parla.
“Testa di cazzo! Che volevi fare?” Mio fratello non resiste a lungo al gioco di sguardi.
L’uomo, sempre in silenzio, scaglia con violenza nella mia direzione una pesante valigetta di pelle che non mi ero neppure accorto avesse tra le mani. La evito per un soffio, e la borsa va a colpire il parabrezza dell’auto. Mio fratello raccoglie da terra un piccolo sasso e lo tira senza troppa convinzione verso la coppia, fallendo completamente il bersaglio. Tento di imitarlo raccattando una pigna ma, quando mi accingo a lanciarla, vedo che l’uomo è ora affiancato da un enorme cane nero che è balzato fuori dall’abitacolo del fuoristrada a un silenzioso richiamo del suo padrone. Il cane è nervoso, ha il pelo ritto e digrigna i denti. Ha gli occhi iniettati di sangue e non vede l’ora di balzarmi addosso. Mi assale la paura. Ho il terrore dei cani.
“No, non farlo…” riesco soltanto dire, prima che l’uomo lasci il collare. Mi metto a correre, pur consapevole che si tratta di un’azione perfettamente inutile. Quando già sento le unghie della belva mordere l’asfalto, con la coda dell’occhio vedo che adesso la donna impugna un fucile. Riesco ancora a fare un paio di passi, disperati, poi sento due esplosioni ravvicinate e un urlo soffocato che esce dalla bocca di mio fratello. Un attimo dopo mi ritrovo a terra e il mostro nero inizia la sua opera di distruzione. Non riesco ad emettere alcun suono, mentre avverto distintamente le zanne dell’animale che si insinuano ripetutamente nella mia carne, che viene strappata a brani. Inorridito, agghiacciato, attendo ormai rassegnato il colpo di grazia alla gola.
Ragazzi, evitate di fare gestacci sulla str…   

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