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mercoledì 21 settembre 2011

L'ALIENO



Lo aspettavamo, e quando finalmente arrivò, non ne fummo affatto sorpresi. Mentre il suo veicolo atterrava con una manovra, a nostro giudizio, piuttosto goffa e maldestra, già sapevamo che su quel primitivo mezzo c’era una sola creatura.
Ci eravamo recati sul luogo spinti, più che dalla curiosità, che in verità non poteva esserci, dalla noia. Di lui, di loro, ormai sapevamo quasi tutto. E niente di ciò che avevamo appreso era risultato, seppure in minima parte, interessante. Nonostante questo, ci andammo lo stesso. Quando l’essere alieno si affacciò allo sportello della navicella, racchiuso in un ridicolo e pesante scafandro, non provammo alcuna emozione. Non era certo la prima volta che accadeva un evento simile, e tante altre volte si sarebbe riproposto in futuro, tuttavia ci eravamo, come dire, ormai assuefatti. Nulla di nuovo, nulla a cui non avessimo già assistito in passato. Eppure, rimanemmo lì, in quel posto desolato, a osservare.
Per quale oscuro motivo, per i loro risibili tentativi di contatto e di esplorazione, sceglievano sempre luoghi così vistosamente inadatti? La risposta, in verità, la conoscevamo bene. Tanto che, per quelle primordiali creature, provavamo infinita compassione a causa della loro evidente inadeguatezza, ma non pietà. In ogni modo, si trattava pur sempre di invasori.
L’essere iniziò a spostarsi sul suolo, con movimenti grevi e impacciati. La sua andature era incerta e irregolare. In realtà, avevamo visto di meglio. Ma ormai eravamo lì, e ci rimanemmo.
Appena fu più vicino a noi, attivammo i nostri biovisori a raggi X. Subito scorsi sul viso del mio compagno una smorfia di disgusto, lo stesso che provai anch’io quando mi accinsi a esaminare con maggiore attenzione l’alieno. Da quello che doveva essere il capo sbucavano peli irti e fitti, gli stessi, seppure meno folti e più corti, che ricoprivano il resto del suo corpo. Sul volto erano presenti, affiancate, due orbite che in un primo momento mi apparvero vuote ma poi, a una più scrupolosa ispezione, vidi che erano ricoperte da una qualche sostanza gelatinosa.
Avevo già visto numerose immagini di quelle creature, avrei dovute essere preparato a tale orrenda visione, tuttavia fui ugualmente assalito da un senso di nausea, che non mi abbandonò più. L’essere deambulava, a fatica, utilizzando le estremità inferiori, quelle più grosse. Le altre parevano del tutto inutili. Perché non le impiegava tutte contemporaneamente? Di sicuro, sarebbe riuscito a spostarsi in maniera più efficace.
Il mio compagno, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, interruppe le mie riflessioni.
“Lo vedi quell’altro peduncolo?”
“Eh?”
“Quello che sporge sul davanti, più o meno a metà corpo.”
“Sì, lo vedo.”
“Deve trattarsi del dotto escretore, anche se gli zoologi ritengono che possa essere utilizzato per assolvere altre funzioni.”
“Quali?”
“Non si sa. In verità, credo che nessuno abbia veramente l’intenzione di scoprirlo. Sarebbe tempo perso. Questa specie di creature non ha mai suscitato l’interesse dei nostri scienziati. In fondo, si tratta di esseri primordiali.”
“Già, è del tutto palese.”
Continuai per un po’ a guardare quell’individuo, se così si poteva chiamare, impegnato nei suoi sforzi. Procedeva lentamente, e sembrava piuttosto affaticato.
“La vedi la sua epidermide? Non è assurdamente liscia?”
“Lascia stare. Pensare di toccarla suscita in me un indicibile ribrezzo.”
“Hai ragione, anch’io provo una certa repulsione.”
“Che cosa sta facendo?” domandò il mio compagno.
“Non lo vedi? Nulla. Sappiamo bene che non sono in grado di fare nulla” risposi.
“Sai che ti dico? Mi sto annoiando.”
“Pure io. Mi sono stufato.”
“Che facciamo?”
“Lo sistemiamo e poi ce ne andiamo.”
“Come?”
“Con la polvere bruna?”
“Sicuro che la mangi?”
Scrollai il corpo.
“Su creature simili funziona. Dopo qualche istante sarà stecchito.”
“L’insetticida?”
“Uff! Non ho voglia di tirare fuori tutta l’attrezzatura.”
“Attacco di pigrizia?”
“No, semplice tedio.”
“E se lo schiacciassimo? Puff!”
“Brrr… hai osservato bene i suoi organi interni? Se finisse spiaccicato per noi non sarebbe certo un bello spettacolo. Quel grosso corpo deve contenere un’enorme quantità di liquami.”
“Che schifo! Non mi ci far pensare!”
“E allora?”
“Ributtiamolo via.”
“Vivo?”
“Vivo, morto, che importa?”
“D’accordo, però fallo tu.”
“Io? E perché mai?”
“La proposta è stata tua. Altrimenti lo spiaccico.”
“No!”
“Vai, allora.”
“Va bene.”
Il mio compagno, con l’aria sempre più annoiata, eseguì.
Sapevo che non saremmo dovuti andare lì, perché le cose erano andate esattamente nel modo che avevo immaginato. Ero sicuro che non ci saremmo per niente divertiti.
E infatti fu così che andò.



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