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martedì 6 settembre 2011

ALLINEAMENTO


L’uomo entra nel grande magazzino. È vestito in maniera elegante, con scarpe morbide e pulite, pantaloni con la piega perfetta e una giacca piuttosto abbondante, sotto la quale porta una maglia a girocollo anch’essa comoda. Non ha con sé il carrello, ma soltanto un piccolo cestello di plastica, rosso, che ha prelevato da una pila collocata vicino alle casse.
Tenendo con indifferenza il canestrino, ancora vuoto, sotto il braccio, dapprima si aggira con studiata indifferenza tra alcune corsie che, in realtà, non suscitano in lui alcun visibile interesse. Poi, sempre con meditata noncuranza, si dirige verso il reparto abbigliamento, luogo che rappresenta la vera finalità della sua visita al grande centro commerciale.
Esamina con grande attenzione alcuni capi di biancheria - mutande e magliette intime in particolare - sceglie quelli più costosi e, si presume, i migliori. Aggiunge alcune paia di calze, poi si sposta e prende tre maglie di lana soffice e sottile, una cintura e infine aggiunge un paio di pantaloni dal tessuto leggero ma caldo. Mette tutto nel cestino e si avvia verso una cabina di prova. Qui, nota con fastidio che l’aria è appestata da una percepibile puzza di piedi, allora si sposta in un altro cubicolo. Si spoglia, fino a rimanere con la sola biancheria. Si sfila pure le scarpe. Poi, lentamente, stacca le etichette da tutti i capi che ha prelevato e inizia a indossarli. Prima le calze e, dopo averne infilate tre in ogni piede, prova a calzare le scarpe. Con un po’ di fatica riesce comunque a farle entrare. Le toglie di nuovo e si infila prima tre paia di mutande e dopo i pantaloni, quelli nuovi, e sopra a quelli mette i suoi. Chiude tutto a vita con la cintura. Infine si occupa delle maglie, di tutti i tipi, anche quelle indossate una sull’altra. Infine prova la giacca che, anche se tira un po’ sulle spalle, riesce in ogni modo a vestire.
Esce dal camerino e, prima di andare verso le casse, butta nel cesto ormai vuoto una confezione di latte.
“Mi scusi. Ehi, signore, dico a lei!” dice una donna.
Lui si ferma e la guarda. Si indica.
“Sì, dico proprio a lei” ribadisce la commessa.
“L’ascolto” dice l’uomo, calmo.
“Lei è grasso.”
L’uomo, affatto sorpreso, riflette un attimo.
“Non le pare di essere piuttosto indelicata?” dice.
Lei scuote il capo.
Il cliente le gira attorno.
“Se io le dicessi che lei ha il sedere grosso?”
“No, non intendevo dire quello, mi sono espressa male. Mi riferivo al fatto che lei quando è entrato era più magro. È ingrassato dopo.”
L’uomo sorride.
“Potrebbe essere una sua percezione errata, non crede?”
“No, ne sono sicura.”
“La sicurezza assoluta non esiste. Forse mi ha scambiato per un’altra persona. Per quel signore là, ad esempio” e indica una persona obesa che si aggira sbuffando tra gli scaffali.
“Non credo” dice la commessa, dubbiosa.
“Oppure per quell’altro” aggiunge l’uomo, additando una figura di incredibile magrezza.
“Eppure…” La donna appare confusa.
“È vero, sono un po’ robusto, e soffro molto per questo mio problema, ma è forse una colpa? Lei forse non prova angustia per i suoi capelli stopposi? Eppure, vedendola, io non ho evidenziato tale aspetto, mi sono limitato ad assumere un atteggiamento di allineamento.”
“Come?” domanda la donna, quasi allarmata.
“In parole povere, ho finto di non vedere” spiega l’uomo.
“Che cosa?”
“I suoi numerosi difetti fisici e, verifico adesso, anche le sue notevoli difficoltà di interazione.”
“Non capisco…”
“Mi riferisco alla sua misera statura - del sedere ho già detto - al suo seno cadente, alle sue mani rovinate, al naso grosso e alla pelle grassa, ai suoi occhi inespressivi. Devo continuare?”
“No, la prego…”
“Il mio unico difetto è invece quello di essere lievemente sovrappeso e lei, nella sua evidente insensibilità, l’ha prontamente rilevato. Credo mi debba delle scuse.”
“Mi scusi, signore, sono davvero mortificata. Per farmi perdonare vorrei fare anch’io – come l’ha chiamata? – un’azione di allineamento.”
“Prego?”
La donna ora sorride, furba.
“Fingerò di non avere visto.”
L'uomo sogghigna.


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