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venerdì 8 luglio 2011

MONDO OPACO



“Di là! Di là! Presto!”
“Dove?”
“Seguitemi!” dice l’uomo, con voce stridula.
E poi inizia a correre. Affannato, sudato, ormai boccheggiante, con gli abiti scomposti, si dirige verso una bassa siepe, seguito da alcuni uomini in divisa, armati di tutto punto.
“Dove?” ripete uno di loro, forse il comandante, con tono imperioso.
“Dietro” ansima l’uomo. “Proprio dietro la siepe!” E prosegue la corsa.
“Fermo lì! Non muoverti!” ordina l’agente.
“Eh?” dice l’uomo, arrestandosi.
In un attimo è circondato. Il comandante si avvicina. Indossa un casco con la visiera calata, è impossibile vedere il suo volto.
“Hai guardato l’oggetto? Hai guardato nell’oggetto?” domanda con decisione.
L’uomo impallidisce, comprende l’enormità dell’accusa, sul suo viso si disegna una smorfia angosciosa.
“No! Vi giuro di no! L’ho soltanto intravisto. Ho fatto il mio dovere di cittadino e vi ho subito chiamato. Non c’entro nulla…
La sua voce poco per volta si spegne, si trasforma in un lamento.
Il comandante fa un cenno a uno dei suoi uomini. Scattano rapide un paio di manette. L’uomo inizia a piangere.
“Ti accompagneremo in ufficio per i necessari accertamenti. Se sarà assodato che non hai nulla a che fare con l’oggetto sarai subito rilasciato. In caso contrario…”
Il comandante ha parlato con tono piatto ma le sue parole sono comunque parse minacciose.
L’uomo si accascia gemendo. Due agenti lo sostengono.
“Portatelo via!” intima il comandante. “E poi procedete” aggiunge.
Un agente si avvicina con cautela alla siepe, la aggira. Tra le mani ha una lunga pertica, alla cui estremità sono fissate delle dita meccaniche. Un altro agente lo segue reggendo un piccolo sacco nero aperto. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, l’oggetto viene finalmente recuperato e gettato nel contenitore, che è subito immediatamente sigillato. L’uomo che regge il sacco indossa una visiera completamente nera che gli impedisce di vedere. La solleva soltanto quando l’operazione è conclusa.
“Bene” dice il comandante, soddisfatto. “Possiamo andare.”
Una piccola folla ha assistito alla scena. Tra loro, un vecchio e un bambino.
“Nonno, che cosa è successo?” chiede il bambino.
“Sembra che abbiano trovato un oggetto” risponde il vecchio, pensieroso.
“Uno di quelli?”
“Sì, proprio uno di quelli proibiti.”
“Che cosa faranno a quell’uomo? Quello che hanno portato via.”
“Non lo so. Dovrà dimostrare che non ha guardato dentro l’oggetto. Se non ci riuscirà finirà in carcere, per sempre.”
“È terribile!”
“Già. Ma vedrai che se la caverà.”
“Spiegami di nuovo perché gli oggetti sono proibiti” dice il bambino.
Il vecchio sospira.
“Vedi, è accaduto tutto quando io avevo quasi la tua età.  In quel tempo la vanità dominava il mondo.”
“Che cos’è la vanità?”
“L’essere vuoti, frivoli, compiacersi di sé stessi, della propria apparenza. Hai capito?”
“Sì… E allora?”
“Si decise di eliminarla, rimuovendone la fonte principale” dice il vecchio.
“Quale?”
“Gli specchi e tutto ciò che poteva riflettere la nostra immagine.”
“Gli specchi! Nonno, se io guardassi dentro a uno specchio potrei vedere come sono fatto?”
“Sì. Ma ciò sarebbe la tua immediata rovina, anche se la polizia non lo scoprisse.”
“Perché” domanda il bambino.
“Tu non ne hai bisogno. Te lo posso dire io come sei fatto. Hai il viso tondo, le guance paffute, gli occhi chiari e i capelli biondi.”
Il bambino guarda il nonno, perplesso.
“Non è la stessa cosa…”
“È più che sufficiente, credimi.”
“Tu non ti sei mai visto in uno specchio?” chiede il bambino.
Il vecchio si guarda attorno, circospetto, poi abbassa il tono di voce.
“Sì, quando ero molto piccolo. Ma non me ne ricordo quasi più. E poi credo di essere molto cambiato da allora. Ed è bello non sapere come sono diventato.”
“Se vuoi te lo posso dire io…” dice il bambino, titubante.
Il vecchio inaspettatamente scoppia a ridere.
“Tu? E che cosa mi diresti? Che ho perso quasi tutti i capelli e che i pochi rimasti sono bianchi? Che la mia pelle è arida e rugosa? Che il mio naso è rosso e bitorzoluto? E i miei occhi spenti?”
Il bambino lo osserva, stupito. Scuote la testa.
“No, ti direi che sei un bel nonno.”
“Sul serio?” chiede il vecchio.
“Certo!”
“Tu sei il mio vero specchio!”



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