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lunedì 30 dicembre 2024

IL PORTAFOGLIO


Ero uscito da non più di cinque minuti dal container mensa, vuoto in quel momento, quando mi accorsi di avere dimenticato il portafoglio su un tavolo. Ne avevo tolto un bigliettino, sul quale era annotato un numero di telefono. Dopo avere effettuato la chiamata, distratto, avevo rimesso in tasca il cellulare ma non il portafoglio. Proprio in quel momento incontrai il direttore dei lavori. Gli spiegai ciò che era accaduto e, accompagnato da lui, tornai indietro.

Nel container adesso c'erano cinque persone, il capo elettricista e i suoi quattro aiutanti. Toccava a loro, insieme ai carpentieri che però non erano ancora arrivati, il primo turno di pranzo. Guardai subito sul tavolo al quale mi ero appoggiato in precedenza, ma il portafoglio non c'era più.

I cinque operai non si erano ancora seduti. Quando ero entrato, con il direttore dei lavori, erano ammutoliti per la sorpresa. Non capitava spesso che l'impresario, cioè il sottoscritto, si presentasse in quel posto.

Con lo sguardo li passai in rassegna tutti e cinque.

"Dov'è il mio portafoglio?" domandai con voce dura. "Lo avevo lasciato sul primo tavolo".

Il portavoce del gruppo, naturalmente, fu il capo elettricista.

"Non c'era nessun portafoglio" rispose.

"Da quando l'ho lasciato, qui dentro siete entrati soltanto voi" aggiunsi. Alla mia destra, il direttore dei lavori era molto nervoso.

"Vorrebbe forse dire che lo abbiamo preso noi?" chiese il capo elettricista, sfrontato.

Sorrisi.

"Vuol dire che se il portafoglio non salta fuori entro un minuto, bloccherò l'intero cantiere per almeno sei mesi. Voi sarete a spasso, così come gli altri trenta operai. Non saranno contenti, e non so in quale maniera vi ringrazieranno..."

I cinque si scambiarono uno sguardo preoccupato.

Dopo un attimo interminabile il capo elettricista estrasse dalla giubba il mio portafoglio e me lo consegnò.

"Non sapevamo che fosse suo. Pensavamo che fosse di qualche collega. Lo avevamo preso per fare uno scherzo" disse. Gli altri annuirono all'unisono.

"Bene, avete evitato il blocco del cantiere e guai peggiori" dissi.

"Ci saranno conseguenze?" domandò uno degli elettricisti, quello più anziano.

"Permettetemi di pensarci su" dissi, perfido, con lo scopo di tenerli sulle spine. "Domani lo saprete" aggiunsi.

"Le chiediamo scusa" biascicò un altro elettricista, quello più giovane. Era pallido in volto.

"È sempre bene scusarsi" dissi. Poi mi voltai e, seguito dal direttore dei lavori, me ne andai.

Appena fummo fuori dal container mi costrinse a fermarmi.

"Non ci saranno ripercussioni, vero?" chiese. "Forse hanno detto la verità" aggiunse incerto.

"Può essere. Ci penserò stanotte. L'atteggiamento del capo elettricista non mi è piaciuto, i compari mi sono parsi complici involontari".

"Lo credo anch'io. Tuttavia anche..."

"A domani, architetto" lo congedai in modo brusco.

Il giorno seguente feci recapitare a tutti e cinque la lettera di licenziamento. Decorso immediato.

Tre settimane dopo il capo elettricista prese parte a una rapina. Ci fu un ferito. Lui fu arrestato il giorno dopo e si trova tuttora in carcere. L'elettricista più anziano, a causa dell'età, non riuscì più a trovare un lavoro fisso. Quello più giovane, dopo che la moglie lo ebbe lasciato, diventò un barbone. A volte lo incontro e gli lascio qualche moneta. Chissà se mi riconosce oppure no. Gli atri due: uno è morto cadendo da una impalcatura. Lavorava in nero. L'altro è tornato al suo paese di origine, nel ridente deserto tunisino...

È trascorso un po' di tempo dall'episodio del portafoglio. L'esistenza di cinque persone è cambiata da un giorno all'altro. Lo sarebbe stata anche se quel fatto non fosse accaduto? Non lo posso sapere, ma onestamente penso di no. In ogni caso, ognuno è artefice del proprio destino. Sono pentito? Assolutamente no.  


martedì 24 dicembre 2024

CAMMINARE


Cammino perché lo voglio fare.

Quando cammino non uso mai cuffie o auricolari. Non ascolto musica, anche se la musica la amo. Preferisco che la mia mente sia libera. Libera di pensare a qualsiasi cosa. Chi siamo? Da dove veniamo? Che cosa mangerò a pranzo?

Prediligo camminare durante la bella stagione. Il verde, le chiome folte degli alberi, mi rallegrano l'animo. Il freddo, il tempo grigio, gli alberi spogli con i rami protesi verso il cielo invece mi rattristano.

Quando cammino in inverno mi copro sempre troppo. Dopo pochi minuti sento caldo. Sarebbe bello, almeno per una volta, provare la sensazione di freddo.

Appena inizio a camminare, mi riprometto sempre di iniziare piano e poi di aumentare l'andatura poco alla volta. Non ci riesco mai. Parto forte e poi non riesco più a cambiare passo.

Quando cammino nel parco mi piace contare quanti scoiattoli incontro lungo il percorso. Un giorno, era settembre, ne ho visti ben trentasette.

Quando cammino lo faccio sempre da solo. Posso fare il mio passo, non mi devo a adeguare a quello degli altri. Cammino da solo perché è difficile trovare qualcuno che possa farlo con me.

Quando inizio a camminare non smetterei più. Il corpo mi ricorda che mi devo fermare. È sempre troppo presto.

Cammino perché lo devo fare.

mercoledì 18 dicembre 2024

NUOVO ROMANZO - ESTRATTI (1)

 


Alcuni brevi estratti dal mio nuovo romanzo Un tempo ormai lontano:


Tina si avvicina, sempre restando dietro il bancone, e scruto con più attenzione il suo volto. La pelle è un po' rilassata, grigia. Ha un piercing a una narice.

Quel primo giorno di scuola, impegnato a riallacciare i rapporti con i vecchi compagni, non badai più di tanto alla nuova arrivata. Nei giorni successivi, tuttavia, la notai eccome. La personalità esuberante, la capacità di monopolizzare l'attenzione, l'irriverenza nei confronti degli insegnanti, erano tutte caratteristiche che in quella ragazza non passavano inosservate.

"Deve essere comunista, mi fa un po' paura" confessò Giulio. Lui aveva il terrore di tutto ciò che era diverso, stravagante, anticonformista.

Oltre al suo carattere, ciò che mi colpì di Tina fu la bellezza del suo viso. Un ovale perfetto, pelle olivastra senza il minimo difetto, occhi scuri, dal taglio quasi orientale. Capelli neri come la pece, lunghi e lisci.


Dopo abbiamo capito che i nostri ragionamenti erano eccessivi, estremi, ma perché ciò accadesse siamo dovuti maturare, acquisire una maggiore esperienza di vita. Nello stesso tempo, tuttavia, le nostre illusioni sono andate in frantumi, ci siamo resi conto che non saremmo stati noi quelli che avrebbero cambiato il mondo per renderlo migliore. Ci siamo arresi, ci siamo ritirati nei nostri minuscoli universi personali, abbiamo alimentato a dismisura i nostri egoismi, e il personale non è più stato politico ma privato e basta.


È domenica sera, e siamo al campo. Il vecchio campo da calcio circondato dalla pista di atletica, quella dove si è allenato il Campione, dove mi sono allenato anch'io, con risultati assai più modesti. Quella pista che adesso non utilizza più nessuno, nella nostra cittadina non c'è più alcuna società di atletica, quella pista che da allora non è più stata rifatta, che è tutta rovinata. La osservo bene, ne vedo le numerose imperfezioni, le crepe, le piccole buche, e mi assale una malinconia alla quale non riesco a reagire, che mi annienta.

 

"Pensi mai alla morte?" domando ad Antonella all'improvviso.

"No, mai. E tu?"

"Spesso" dico.

"Che cosa pensi?"

"Penso che non sia la morte in sé che mi fa paura. Come tutti, temo la sofferenza, ma ciò che mi provoca la maggiore inquietudine è il non sapere se dopo ci sarà qualcosa oppure no".

"Tu speri ci sia qualcosa?" chiede Antonella, che ora appare un po' turbata.

"Il mio più grande terrore è proprio quello, che possa esserci qualcosa. Vorrei invece essere sicuro che non ci sarà nulla. E soprattutto vorrei essere certo che ciò che noi proviamo durante la nostra vita, quella che definiamo come consapevolezza di esistere, si annulli in maniera definitiva".


Il libro è reperibile, in formato cartaceo e digitale, su Amazon, nei principali store online (Mondadori, Feltrinelli, IBS, Hoepli, ecc...) e sul sito dell'editore Youcanprint.


martedì 17 dicembre 2024

COLPA DI NERINA

Non avrebbe mai dovuto pronunciare quei pesanti apprezzamenti nei confronti di sua moglie Nerina. Né avrebbe mai dovuto consentire ai suoi amici di fare altrettanto. Qualcuno di loro, quasi di sicuro, aveva pure allungato le mani. Non ne era del tutto certo soltanto perché, di quella serata, non si ricordava quasi nulla. Quei mascalzoni dei suoi amici, a furia di bere, gli avevano prosciugato la cantina. E lui non era stato da meno.

Eppure Nerina, come suo solito, era stata gentile.

"Invita a cena i tuoi amici, cucinerò volentieri per loro" aveva detto qualche giorno prima.

I suoi amici, tuttavia, non erano persone normali. Innanzitutto, nessuno di loro era sposato, e le donne erano abituati a vederle solo in fotografia. Lui lo sapeva, e ne avrebbe dovuto tenere conto. Invece aveva sottovalutato la questione, si era convinto di essere in grado di gestire la situazione. Purtroppo, complice il vino, non c'era riuscito.

Nerina, durante tutta la serata, era apparsa terrorizzata. Lo era stata fin dall'inizio, appena aveva conosciuto quella masnada di disperati. Fino a quel momento non li aveva mai visti, per ovvi motivi non erano stati invitati al matrimonio, anche se ne aveva sentito parlare spesso. Aveva comunque servito la cena, stando sempre sulle sue, senza mai parlare. A un certo punto, però, non ce l'aveva più fatta. Quando è troppo è troppo. Aveva lanciato un ultimo sguardo disperato, nella speranza che lui finalmente intervenisse, che ponesse un freno a una condizione che si stava aggravando. Quando si era resa conto che lui non aveva nessuna intenzione di farlo, ma anzi stava dando sostegno ai sodali, era scappata. Dapprima in cortile, poi si era rifugiata dalla vicina di casa. Loro si erano messi tutti a ridere, divertiti, e avevano proseguito la baldoria.

"È troppo giovane per te, e poi arriva dal Sud" gli aveva detto suo padre. Forse aveva ragione. Nerina aveva vent'anni meno di lui, era una bella donna, ed era analfabeta. Fino a quel momento era stata una brava moglie, ubbidiente, precisa nell'assolvere le faccende domestiche.

È vero, forse aveva esagerato, non avrebbe dovuto trattarla in quel modo davanti ai suoi amici, consentire certe eccessive libertà, ma era proprio necessario che lei lo denunciasse? Consigliata da chissà chi, invece lo aveva fatto. Lui si era trovato nei guai.

"Te l'avevo detto, quelle portano sventura" aveva sentenziato suo padre, guardandolo con disprezzo.

In ogni caso, non tutto il male viene per nuocere. Ora si trovava in prigione da qualche mese, ne avrebbe dovuti scontare ancora un'altra manciata. Per sua fortuna era stato incarcerato, visto il reato  lieve, nella prigione della piccola cittadina in cui viveva. Con lui c'erano, in tutto, altri cinque detenuti. Si passava la giornata dormendo, mangiando e fumando. Sempre meglio che lavorare in quella bastarda fabbrica di coloranti chimici. Nerina non veniva mai a fargli visita. Una volta alla settimana telefonava e gli chiedeva se stava bene. Ottenuta risposta metteva giù. Lui le prime volte aveva cercato di convincerla a ritirare la denuncia, poi aveva rinunciato, lei faceva finta di non capire. In fondo, al gabbio non si stava così male, e comunque prima o dopo sarebbe uscito. La vita comoda sarebbe finita, ma lui avrebbe avuto la soddisfazione di mettere le mani su quella sgualdrina traditrice.   

 

mercoledì 11 dicembre 2024

NUOVO ROMANZO - PREFAZIONE

Di seguito, la prefazione (a cura dell'editore) al mio nuovo romanzo Un tempo ormai lontano.

Prefazione:

Cari lettori, aprite questo libro e preparatevi a intraprendere un viaggio emozionante nel tempo, un'immersione nel passato che vi porterà a riflettere sul presente e, forse, a guardare al futuro con occhi nuovi.

"Un tempo ormai lontano" non è semplicemente la storia di un atleta, il "Campione", e del suo declino, ma una riflessione più ampia sul tempo che scorre inesorabile, sui ricordi che ci tormentano e sulle occasioni perdute che segnano le nostre vite.

Attraverso le parole del narratore, giornalista alle prese con un articolo che diventa ben presto un'ossessione, esplorerete temi universali come l'amicizia, l'amore, il rimpianto, la nostalgia, il peso del passato e la fragilità della memoria. Incontrerete personaggi come Geo, il vecchio allenatore di atletica; Tina, la contestatrice che ha rinunciato ai suoi ideali giovanili, ha trovato rifugio in una sperduta valle di montagna ed è tormentata dal rimorso per non aver salvato Giovanna dalla tossicodipendenza; Antonella, il primo amore del narratore, che rivela un segreto a lungo custodito; Maria Rosa, la "profuga" che porta il peso di un'infanzia segnata dall'esodo; e Pietro, il rivale del Campione, tormentato dai rimpianti e dalla rabbia. Ognuno di loro contribuirà a comporre il mosaico complesso e sfaccettato della vita del Campione, ma anche a illuminare gli angoli più nascosti dell'animo del narratore.

Come giornalista, il narratore sceglie di raccontare la storia del Campione con un approccio apparentemente distaccato e oggettivo. Tuttavia, ben presto il suo coinvolgimento emotivo diventa evidente, il confine tra cronaca e memoria personale si fa sempre più labile. "In questo modo ti fai soltanto del male" gli dice l'amico Giulio, ma il narratore non può fare a meno di "compiangersi" per le occasioni mancate e il tempo perduto. La sua è una prospettiva unica, intima e sincera, che vi permetterà di identificarvi con le sue emozioni e di riflettere sulle vostre esperienze personali.

Questo libro vuole trasmettervi un messaggio di speranza e di consapevolezza. Il passato, con i suoi dolori e i suoi rimpianti, è parte integrante di noi, ma non deve paralizzarci. Come le "due corde di violino", le gambe secche del Campione, anche le nostre fragilità possono trasformarsi in punti di forza. "Il nostro spazio e il nostro tempo si stanno riducendo, si accorciano sempre di più", ma sta a noi decidere come vivere il tempo che ci rimane, come dare un senso alle nostre esistenze.

"Un tempo ormai lontano" vi inviterà a confrontarvi con i vostri ricordi, a fare pace con il vostro passato e a guardare al futuro con maggiore consapevolezza e serenità.

Spero che la lettura di questo libro vi lasci un segno profondo, un'emozione duratura e la voglia di dare un nuovo significato al vostro "tempo ormai lontano".


Il libro è reperibile, in formato cartaceo e digitale, su Amazonnei principali store online (Mondadori, Feltrinelli, IBS, Hoepli, ecc..e presso il sito dell'editore Youcanprint.

 

martedì 10 dicembre 2024

KKK


Tre persone stanno conversando all'ingresso di un pub.

Altri due, uno barbuto e l'altro calvo, li stanno osservando nascosti in un'automobile parcheggiata poco distante.

"Qual è il nostro uomo?" domanda il calvo.

"Ma sei scemo? Quello nero, naturalmente!"

"È lui quello che ha mancato di rispetto a tua moglie?"

"Certo. Soltanto loro si comportano così!"

"E adesso che facciamo?" domanda ancora il calvo.

"Ci mettiamo comodi e aspettiamo. Il muso di carbone dovrebbe smontare a mezzanotte" risponde il barbuto.

"Fa il lavapiatti?"

"Macché! Il cuoco, addirittura. Chissà dove andremo a finire..."

Trascorrono un paio d'ore.

"Prepariamoci" dice il barbuto. "Tira fuori i cappucci" aggiunge.

L'altro gli porge un sacchetto di carta.

"E questo che cosa sarebbe?"

"Cappucci non ne ho trovati" dice il calvo.

"Ma questi sono sacchetti dei biscotti" si lamenta il barbuto.

"Buona idea, vero?"

Il compare impreca.

"Cazzo! Sacchetti di carta! Proprio come nel film".

"Quale film?"

"Lascia stare" dice il barbuto.

"Sai, è stata dura mangiare tutti i biscotti. Erano tanti".

"Non eri costretto a mangiarli" dice l'altro.

"Mi spiace sprecare il cibo. Adesso però ho un po' di nausea" dice il calvo.

"Sei un cretino. I fori per gli occhi li hai fatti?"

"Certo".

"Guarda che cosa mi sono portato" dice il barbuto, mostrando una grossa catena. "E tu?"

"L'ho preso in prestito da mio zio" risponde l'altro, sfilando dalla cintola un martello da carrozziere.

"Ottimo. Per dare una bella pestata a quel bastardo nero andrà benissimo".

La porta del pub si apre.

"Sta uscendo!" dice il barbuto, e si infila in testa il rudimentale cappuccio. Il complice fa la stessa cosa.

"Merda! Potevi almeno togliere la farina..." aggiunge il primo, trattenendo a stento uno starnuto.  L'altro alza le spalle. I due scendono dall'automobile e si dirigono di corsa verso l'uomo uscito dal locale.

Dopo pochi minuti sono di ritorno e risalgono sulla vettura. Partono sgommando. Dopo un breve tragitto si arrestano in un vicolo.

"Porca puttana!" esclama il barbuto. "Quello mi stava strozzando!" L'uomo ha ancora la catena, la sua catena, avvolta intorno al collo.

"In qualche modo io me la sono cavata" dice il socio.

"Non direi..."

"Eh?"

"Che cos'è quella protuberanza in mezzo alla fronte?"

L'altro si tocca.

"Porca troia! Mi è spuntato un corno!" esclama tastando l'enorme bernoccolo. "E quel dannato mi ha pure fottuto il martello. Che dirò a mio zio?"

"Hai fatto i buchi per gli occhi troppo in basso!" accusa il barbuto. "Non ci vedevo un cazzo! Proprio come nel film..."

"Quale film?"

"Lascia stare".

"Però qualche botta l'abbiamo data" dice il calvo, un po' mortificato.

"L'unica l'hai data a me" dice il barbuto, massaggiandosi una spalla.

"Toglimi una curiosità" dice ancora il calvo. "Che cosa aveva fatto quel pezzo d'ebano a tua moglie?"

"Eh? L'aveva salutata..."


giovedì 5 dicembre 2024

NUOVO ROMANZO - DESCRIZIONE


 Presento il mio nuovo romanzo: Un tempo ormai lontano.

Descrizione:

Un incontro casuale riaccende la memoria del narratore, riportandolo indietro nel tempo, ai giorni spensierati della scuola, dello sport e delle prime passioni. Attraverso una serie di incontri e conversazioni con vecchi amici e conoscenti, si ricompone il puzzle della vita di un ex compagno di classe, il Campione, un tempo promessa dell’atletica, ora figura enigmatica e quasi dimenticata. Ma ogni ricordo porta con sé un’ombra di rimpianto e la consapevolezza del tempo perduto, delle occasioni mancate e delle strade non prese. Un romanzo delicato e introspettivo, un viaggio nella memoria alla ricerca di ciò che siamo stati e di ciò che avremmo potuto essere, sullo sfondo di una piccola città di provincia e del profumo inebriante dei tigli in  fiore.

Una storia che parla a chiunque abbia mai guardato indietro, chiedendosi che ne è stato dei propri sogni.

Un tempo ormai lontano non è semplicemente la storia di un atleta, il Campione, e del suo declino, ma una riflessione più ampia sul tempo che scorre inesorabile, sui ricordi che ci tormentano e sulle occasioni perdute che segnano le nostre vite.

Un viaggio emozionante nel tempo, tra le luci e le ombre della giovinezza, un'immersione nel passato che porterà a riflettere sul presente e, forse, a guardare al futuro con occhi nuovi.

Questo libro vuole trasmettere un messaggio di speranza e di consapevolezza. Il passato, con i suoi dolori e i suoi rimpianti, è parte integrante di noi, ma non deve paralizzare. Le fragilità possono trasformarsi in punti di forza.

Sta a noi decidere come vivere il tempo che ci rimane, come dare un senso alle nostre esistenze.

Un tempo ormai lontano è un invito a confrontarsi con i ricordi, a fare pace con il tempo trascorso e a guardare al futuro con maggiore consapevolezza e serenità.

 

Per chi fosse interessato, il libro è reperibile, in formato cartaceo e digitale, su Amazon, nei principali store online (Mondadori, Feltrinelli, IBS, Hoepli, ecc..) e presso il sito dell'editore Youcanprint.

 

martedì 3 dicembre 2024

DUE BANDIERE (EL ALAMEIN)

 

Lui c'era quando Tobruk era stata ripresa. Era stato un momento di gioia, anche se non tutti lo avevano compreso subito. Un soldato di fanteria, lui era un soldato della Divisione Ariete, quasi mai si rende conto del teatro delle operazioni nel quale opera. Attende, avanza, arretra, combatte, vive, muore. Tutto il resto è soltanto confusione, sudore, sabbia, polvere, boati, urla.

La soddisfazione, tuttavia, è durata poco. Le armate sono di nuovo impantanate nel deserto, nei pressi di questo avamposto chiamato El Alamein. L'avanzata verso il mare è bloccata. Le linee di rifornimento sono molto lunghe, troppo, molto più brevi quelle del nemico, al quale stanno affluendo rinforzi di mezzi e truppe.

È passato tanto tempo da quando ha lasciato i suoi cari. La madre, i fratelli e la sorella. Da quando ha dovuto abbandonare la stalla con le sue vacche, i suoi campi coltivati, la vigna.

Di cartoline precetto, allora, ne erano arrivate ben due. Una per lui e una per il suo mulo. Abili e arruolati entrambi. Lui era stato destinato ai deserti del Nord Africa, mentre l'amato quadrupede chissà dove... Forse, proprio in quello stesso momento, stava arrancando sotto la neve nell'infinita steppa sovietica. Oppure era stato divorato dagli alpini stremati e affamati.

L'altro giorno lo ha visto. Era proprio lui, la Volpe del Deserto. Il generale Rommel ha passato in rassegna prima le truppe tedesche e poi, un contentino non si nega a nessuno, anche quelle italiane. Lui era in prima fila, e ha potuto incrociare lo sguardo con quello del comandante tedesco. Gli è sembrato che gli occhi di ghiaccio del generale lo scrutassero e gli dicessero: "Bravo soldato". Non è mistero che, in merito agli alleati, Rommel nutra grande ammirazione per le semplici truppe e apprezzi gli appartenenti ai ranghi intermedi, mentre considera scheiße (merda) gli alti ufficiali italiani.

I giorni passano e non accade nulla. Prima o dopo arriverà l'ordine di attaccare. Oppure saranno i nemici a farlo, chissà se lui e i suoi compagni riusciranno a resistere oppure se saranno ricacciati indietro. Nel frattempo attendono, fumano e fanno cuocere le uova sui cofani incandescenti degli automezzi. Sono tutti bruciati dal sole, e sono stanchi. Lui non ha più paura. Spera di morire senza soffrire oppure di tornare a casa, tanto di vittoria non parla più nessuno. Teme soltanto di essere preso prigioniero. Di essere mandato in Australia, in Nuova Zelanda o addirittura in India. Troppo lontano dal suo minuscolo paese ai piedi della montagna. Ne morirebbe.

Lui ancora non lo sa, ma sarà davvero imprigionato, non in qualche luogo remoto ma in terra d'Albione. Riuscirà a sopravvivere a tutto, ma la sua vita risulterà comunque segnata. I suoi occhi buoni conserveranno per sempre un'espressione triste.

Non è possibile dimenticare il deserto.