"Che si fa?"
dice Saverio, l'aria annoiata.
"Boh"
risponde Giovanni, lanciando la cartella sotto la scalinata.
Il bus, come tutti i
giorni, ci ha depositato alla stessa ora di fronte al cancello della scuola. Ma
il mercoledì la prima ora è buca.
"Facciamo due
tiri" propongo. Non lontano c'è uno spiazzo erboso soffocato tra le case.
Il pallone sappiamo dove trovarlo.
"No, non ho nessuna
intenzione di sporcarmi le braghe" dice Saverio.
"Mica devi stare
in porta per forza" dico.
"Mi sporco lo
stesso. Ti ricordi l'ultima volta?" dice lui.
"Pioveva, l'erba
era era scivolosa".
"E tu mi hai
steso".
"Affatto. Non era
fallo, sono entrato sulla palla e tu ti sei sbilanciato e sei caduto".
"Ma vaffanculo.
Ero ridotto da far schifo. Persino la Giorgi non sapeva se cazziarmi o mettersi
a ridere.
"Alla fine però ti
ha cazziato" dice Giovanni.
Un'ombra scorre accanto
a noi. Mi volto di scatto e intravedo la figura slanciata di Simonetta, la
nostra compagna, che cammina a passo spedito. Soffermo lo sguardo sui suoi capelli
neri e boccoluti, gli stessi che, seduto al banco, mi trovo davanti agli occhi tutto
il tempo. Gli stessi dove sogno e fantastico di tuffare il viso, per assaporarne
il profumo. Faccio ancora in tempo ad ammirare le gambe lunghe e magre, dai
polpacci pronunciati, poi Simonetta scompare dietro l'angolo.
Saverio ha notato la
mia intensa attività d'occhi.
"Dove sta
andando?" domanda, poi rimane a bocca aperta come un idiota.
"E che ne
so?" rispondo, un po' seccato.
"Andiamole
dietro" propone Giovanni.
"Che cosa?"
"La seguiamo, così
vediamo dove va. E passiamo il tempo".
Ad andatura
apparentemente svogliata imbocchiamo anche noi i portici, come ha fatto un
attimo prima Simonetta, e iniziamo il pedinamento.
"Dobbiamo fare
attenzione" dico. "Se ci scorge facciamo la figura dei cretini".
"Tu in
particolare" mi punzecchia Saverio.
"Io cosa?"
rispondo, aggressivo.
"È a te che
piace" dice il coglione.
"Ma smettila"
lo liquido, poi sputo per terra.
"A me piace per
davvero" dice Giovanni, quasi in un sussurro.
"Sono contento per
te" lo liquido acido, in piena crisi di gelosia. Perché non ho ammesso
davanti ai miei amici che Simonetta mi piace? Mi sembra quasi di averla
rinnegata. Ma poi penso che lei non mi degna mai del minimo sguardo, quindi chi
se ne frega. O forse no.
"È entrata
dentro" dice Saverio.
"Dove?"
"Nel bar".
"E adesso?"
"Adesso torniamo
indietro" dice Saverio.
"Oppure entriamo
anche noi nel bar" propone Giovanni.
"Assolutamente
no" dico, e proprio in quell'istante Simonetta esce e prosegue il cammino.
"Occhio, è
uscita" dico.
"Che cosa avrà
fatto?" chiede Saverio, curioso come una biscia.
"Ha bevuto un
cicchetto" dico.
"Avrà comprato le
caramelle" dice Giovanni.
"Vedrai, poi se
stai buono te le regala" lo canzona Saverio.
"Vaffanculo".
"Attenti, se si
volta ci vede" dico.
"Si sta allontanando
parecchio" dice Saverio.
"Che c'è? Sei
stanco?" lo rintuzza Giovanni.
"Smettila,
coglione".
"Merda! Si è
fermata" dice Saverio arrestandosi all'improvviso. Quasi lo tampono.
Simonetta è ferma
all'incrocio, scruta a destra poi a sinistra poi guarda l'orologio.
"Nascondiamoci
dietro quel muretto" dico.
"Sta aspettando
qualcuno" dice Saverio.
"Ma guarda!"
dico, fingendo spavalderia che non ho.
"Chi sarà?"
domanda Giovanni, la voce tremolante.
"Di sicuro non sei
tu" dice Saverio.
"Fottiti".
All'improvviso sentiamo
un rombo in lontananza. Pochi secondi e si materializza un bolide di moto. Il
centauro è un ragazzo con barba e capelli lunghi. Spegne il motore e, sempre
restando a cavallo, si sporge e bacia Simonetta sulla bocca.
"Cristo, avrà almeno
trent'anni!" esclama Saverio.
"No, la barba
inganna. Secondo me non supera i venticinque".
"Che cosa vi
importa quanti anni ha?" dico, con voce stridula.
"Cazzo gridi? Vuoi
che ci sentano?" dice Saverio.
Il capellone barbuto
riaccende la moto, subito dopo Simonetta balza in sella e si aggrappa stretta
al suo giubbotto di pelle. Un'accelerata e i due spariscono in un istante. Ho
appena il tempo di scorgere la coscia scoperta della mia compagna. È bella.
"E adesso che si
fa?" dice Saverio, l'aria stranita.
"Uh?"
bofonchia Giovanni, che sta pensando a chissà che. Forse i suoi sono gli stessi
pensieri che tormentano anche me.
"Adesso
torniamo" dico, e sono davvero triste, per quanto si può essere tristi a
quattordici anni.
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