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lunedì 1 maggio 2017

VOTO DI PANCIA


Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha festeggiato, se così si può dire, i cento giorni dal suo insediamento dichiarando con candore che forse ha un po' sottovalutato la complessità del suo mandato. Il magnate americano non è riuscito a mantenere, finora, nessuna delle numerose promesse elettorali alle quali deve la sua elezione. L'importante riforma della sanità pubblica messa a punto con fatica da Obama per fortuna è ancora in piedi e difficilmente sarà smantellata. La drastica riduzione delle tasse continua a rimanere un impegno verbale, vista la difficoltà di reperire le risorse necessarie, mentre il completamento del muro anti-immigrati al confine con il Messico, per la stessa ragione, è stato rimandato a chissà quando. In politica estera Trump si sta muovendo molto e in maniera schizofrenica, dopo aver detto in campagna elettorale che l'America avrebbe pensato soltanto a se stessa. È immaginabile pensare che molti tra quelli che hanno contribuito, con voto viscerale, all'elezione di Trump siano alquanto perplessi.
Cambiamo scenario e occupiamoci di Europa.
Sono in corso i complessi e difficili negoziati relativi all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, che si preannunciano lunghi, tormentati e piuttosto onerosi per i sudditi di Sua Maestà. Molti cittadini britannici, che pure si sono espressi per la Brexit, si stanno rendendo conto che il loro voto è stata un'espressione guidata dalla pura irrazionalità, una manifestazione di emotività del momento la quale potrebbe avere conseguenze ben diverse dagli auspicati benefici. Insomma, sembrerebbe che la maggior parte di chi ha votato per il ritorno allo "splendido isolamento" sia già pentita. Troppo tardi, però.
Passiamo ora a considerare uno scenario ben più ristretto, locale. Quasi un anno fa i cittadini dei comuni di Roma e Torino hanno affidato, con un voto ben poco meditato, la guida delle loro amministrazioni al Movimento (partito) Cinque Stelle. Si sperava in qualcosa di nuovo, ci si augurava una svolta che non c'è stata. Anche in questi casi si può dunque parlare di voto espresso con eccessiva leggerezza, con troppa faciloneria. La sindaca di Roma Virginia Raggi ha avuto enormi difficoltà anche soltanto ad avviare la sua azione di governo, problemi che non sono a oggi affatto risolti. E la sua azione amministrativa appare comunque priva di slancio, sprovvista di qualsiasi visione, inefficace. La Raggi ha più volte affermato che Roma è una città ingovernabile. In realtà le città sono ingovernabili per chi non le sa governare. E ancora: se davvero si considera la capitale così caotica e senza speranza perché ci si è candidati per il suo governo? Analogo discorso può essere fatto per il caso Torino, una città che non ha le criticità che presenta invece Roma. Eppure anche nel capoluogo subalpino l'amministrazione pentastellata appare in grande difficoltà. Pure in questo caso si opera senza una definita e lucida prospettiva futura, tutte le promesse della campagna elettorale sono state disattese, con immensa delusione di molti elettori, e la situazione finanziaria del comune è grave, in una condizione di pre-dissesto. Ed è inutile a questo punto, dopo quasi un anno di governo, nonché stucchevole, continuare a invocare le presunte colpe delle precedenti amministrazioni. È soltanto un segno di grande debolezza e di impotenza.
Tutto ciò per ribadire che il voto di pancia, emotivo, superficiale, non porta a nulla se non al peggioramento delle condizioni di vita di tutti. Il voto è uno strumento molto importante, da maneggiare con grande attenzione, da utilizzare con cura.

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