E arriva il momento in
cui tutti, uno dopo l'altro, se ne vanno. Perché la serata di svago è giunta al
termine, perché fa freddo, perché ci sono degli impegni familiari inderogabili,
perché la vita è complicata. E tu rischi di rimanere lì da solo, in mezzo a
quel campetto di periferia, coperto di sudore, se non fosse per il tuo amico
Giorgio, che ha compreso la tua difficoltà e decide di tenerti compagnia ancora
un po'.
"Facciamo ancora
qualche tiro in porta" propone, e tu acconsenti con gioia. Poi lui si
piazza tra i pali.
Tu cominci a tirare, a
destra, a sinistra, sotto e oltre la traversa, rasoterra, al volo, e di
esterno e di interno e di collo pieno, cercando di sorprendere Giorgio che a
volte si butta e altre rimane impassibile a guardare il pallone che gonfia la
rete.
E mentre calci con
forza e sfoghi così tutta la tua apprensione, tutta la tua rabbia, pensi.
Pensi a quando la
prossima estate tornerai in quella fattoria, quella dei genitori di tua moglie, da dove manchi da un paio d'anni, da quando tu e tu e lei vi siete
lasciati. Ma adesso ci ritornerai perché, dopo tutti quei dissapori e quelle
incomprensioni, quegli sfoghi e quelle parole dure scagliate, sussurrate e
gridate, adesso state di nuovo insieme, vi siete riappacificati e vivete di
nuovo sotto lo stesso tetto. E allora ti tocca tornare in quel posto che non ti
è mai piaciuto molto, dove ti sei sentito sempre un po' un estraneo, una
impalpabile presenza, un sopportato. E magari incontrerai il fratello di tua
moglie, quello più anziano e molto serio, che ti accoglierà con un ironico
sorriso di circostanza, e ti dirà di fare attenzione, ti dirà di non appoggiare
la giacca sulla panchina, ti dirà di non farlo perché la panchina è stata
appena verniciata, e nei punti in cui la vernice non è stata stesa con la
necessaria cura può essere ancora fresca, e ti potrebbe macchiare la giacca.
Non vorrai mica macchiare la giacca, caro cognato? E di nuovo quel sorriso da
faina, colmo di scherno e di derisione. E poi ti imbatterai in Nicola, l'altro
fratello, quello giovane e simpatico che, nonostante tutto, ti accoglierà con
un sorriso, circondato dai soliti amici e che ti inviterà a fare una
passeggiata con loro. Ma tu rifiuterai, perché non sei pronto, perché non ne
hai voglia, perché non vedi l'ora che tutto ciò finisca. E infine tua suocera,
la tua anziana suocera, che ti squadrerà con severità dalla soglia di casa, che
ti domanderà se stai bene, che non farà alcun cenno a ciò che è accaduto tra te
e sua figlia, ma che ti ha già giudicato e condannato. Tu le chiederai di suo
marito, perché non l'hai ancora visto e temi quell'incontro, temi l'imbarazzo,
paventi il suo sguardo arcigno e intransigente, il suo silenzio.
"Adesso mettiti tu
in porta" dice Giorgio, e ti riscuote dalle tue amare riflessioni.
"D'accordo, ma
soltanto se tiri piano" rispondi. Ti accomodi tra i pali. E ricominci a
pensare.
Pensi a Graziella.
Pensi che non l'hai lasciata e che stai ancora con lei. E che tua moglie lo sa,
anche se finge di non sapere. Ti ha ripreso con sé nonostante tutto, perché non
voleva perdere, perché ti considera sua proprietà, e per questo è disposta a
condividerti, l'importante è che tutto ciò avvenga nell'ombra. Ma Graziella
soffre, è titubante, è piena di dubbi. Ogni giorno mette in discussione il
vostro rapporto, quel rapporto così strano, e ti accusa di essere debole, di non
essere in grado di decidere, minaccia di piantarti ma poi non lo fa mai. E tu
sai che invece vuoi stare con lei, avevi già scelto di farlo ma poi
sei ritornato sulla tua decisione anche se non ne conosci il vero motivo. Forse è perché sei davvero fragile, come afferma tua moglie, oppure perché non vuoi
scontentare nessuno e invece scontenti tutti, e alla fine rendi la tua vita, e
quella degli altri, un inferno.
E quando ti distrai un attimo e la pallonata scagliata con la consueta violenza da Giorgio, nonostante le raccomandazioni, ti colpisce
in piena faccia dai tuoi occhi escono lacrime di dolore, un dolore che non è
soltanto fisico, ma che esprime anche tutta la sofferenza dell'anima.
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