I colpi alla porta,
secchi e insistiti, interruppero il suo sonno. Il campanello, cazzo! Perché non
usate il campanello? C'è proprio bisogno di fare un tale baccano? Si alzò a
sedere sul letto mentre le mazzate sull'uscio continuavano. Si accorse di avere
come un cerchio alla testa, reso ancora più tormentoso dal fracasso. Scese dal
letto a fatica e indossò una pesante giacca da camera. Faceva freddo e fuori
era ancora buio. Accese la luce e guardò l'ora: erano le cinque del mattino. Si
passò le mani sugli occhi cisposi, poi si lisciò all'indietro i capelli grigi e
ribelli. Scalzo, un po' claudicante, andò nell'ingresso. Risuonò una voce
imperiosa.
"Aprite! Polizia
federale! Aprite subito altrimenti..."
Aprì di scatto la
porta.
"Altrimenti
sfondiamo la porta" disse. Si trovò davanti due uomini in completo scuro,
uno alto e magro, l'altro basso e tarchiato. I due fecero irruzione in casa,
quasi lo travolsero. Poi lo afferrarono e lo guidarono verso una poltrona. Non
oppose alcuna resistenza. D'altra parte, che cosa poteva fare un anziano
scultore di fronte a quei due indemoniati energumeni?
"Non cambiate
mai" disse, mentre i poliziotti lo costringevano a sedere.
"Stia zitto"
gli intimò lo spilungone. Poi estrasse dalla giacca un foglio spiegazzato.
"Signor McGregor, abbiamo
un mandato di perquisizione" aggiunse, quindi fece un cenno al compare,
che si rimboccò le maniche svelando avambracci pelosi e grossi quanto cosce.
Lo scultore alzò un
braccio.
"Aspettate"
intimò, con voce ferma. I due si bloccarono.
"Le abbiamo detto
di stare zitto" disse il perticone. McGregor lo ignorò.
"Voglio soltanto aiutarvi,
evitare di farvi perdere tempo".
L'altro sospirò.
"Dica".
"Andate nel mio
studio. Sulla scrivania troverete ciò che state cercando".
Il bassotto trottò
verso lo studio. Fu subito di ritorno. In mano aveva alcuni fogli, una piccola
pila di volantini. Ne porse uno allo stangone.
"È arabo" esclamò
dopo averlo scorso.
McGregor sorrise.
"Vuol dire che non
ne capisce il senso oppure che è scritto in lingua araba?" domandò.
Per tutta risposta il
poliziotto gli afferrò i lembi della vestaglia e lo strattonò.
"Non faccia il
furbo, McGregor! Che cosa c'è scritto su questi pezzi di carta?"
Lo scultore di
divincolò dalla stretta. Riappoggiò la schiena alla poltrona.
"C'è scritto
proprio ciò che pensate voi" disse.
"Ce lo dica
lei".
"Si tratta di materiale
di propaganda a favore della jihad"disse
lo scultore.
"La nostra
segnalazione parlava proprio di questo. Lei è un terrorista, McGregor?"
Il vecchio scoppiò a
ridere.
"Guardatemi, vi
sembro forse un terrorista? Se non mi aiuterete voi credo che non riuscirò mai
a sollevarmi da questa poltrona".
"Dovremo comunque
perquisire il suo appartamento" disse il lungo.
"Certo, ma con
calma. In ogni caso non troverete altro".
"Con quali
modalità lo stabiliremo noi. Il fatto è che lei è nei guai, signor McGregor.
Come ha avuto questi volantini?"
"Non ricordo. Me
li ha dati qualcuno tempo fa. Un amico, credo" rispose lo scultore.
"Un anno fa lei è
stato in Medio Oriente. Siria, Irak e altri paesi dell'area. Che cosa ci è
andato a fare?"
"Oh, io viaggio
molto. Anzi, lo facevo. Attualmente le mie condizioni fisiche non me lo
permettono più".
"Lei è in arresto,
McGregor" aggiunse il magro.
Lo scultore alzò le
spalle. Sembrava indifferente alla sua sorte.
Il tarchiato si
avvicinò al vecchio. Gli puntò contro l'enorme indice.
"Lei è un
pervertito! Un depravato! Un pedofilo!" Urlò sputando saliva ovunque. Fino
a quel momento non aveva ancora parlato.
"Calmati,
Tom" lo rimproverò il compagno.
L'altro non desistette.
"È un
degenerato!"
Lo scultore scosse il
capo.
"Posso conoscere
le ragioni di tale livore, signor poliziotto?"
L'altro proseguì a
parlare e a sputare, sempre gridando.
"Lei sa bene a ciò
che mi riferisco. A quella sua dannata scultura! Il monumento!"
McGregor strizzò gli
occhi miopi.
"Il monumento alla
gioventù? Ma il monumento non è ancora stato inaugurato! Lo sarà tra tre
giorni, e finora nessuno lo ha ancora visto, tranne il sottoscritto e, in via
del tutto riservata, il presidente".
"Noi abbiamo visto
i bozzetti".
"Che cosa?"
"Noi sappiamo
tutto e vediamo tutto" disse il giraffone. "Il nostro compito è
quello di proteggere i cittadini, e lo possiamo eseguire soltanto conoscendo
tutto".
McGregor si finse
offeso.
"Ditemi,
allora" disse, rivolgendosi in particolar modo al tracagnotto. "Anche
il mio e vostro presidente è un depravato? Lui ha approvato il mio lavoro. Fra
tre giorni, all'inaugurazione, lui sarà seduto in prima fila, accanto a
me!"
Il lungo si chinò e avvicinò
il volto a quello dello scultore. Parlò a bassa voce, scandendo bene le parole.
"Noi siamo al
servizio del presidente, non lo giudichiamo. Inoltre le rammento che lei non
parteciperà all'inaugurazione. Lei sarà in galera e, me lo lasci dire, mi
auguro che ci rimarrà a lungo".
McGregor fu profondamente
colpito da quell'affermazione quasi sussurrata. Il suo viso, di colpo, sembrò
subire una trasformazione. Divenne di colore grigio, le rughe si accentuarono,
i suoi occhi diventarono acquosi.
Quell'uomo aveva
ragione. Non avrebbe partecipato all'inaugurazione del monumento. Non sarebbe
stato presente quando la grande scultura sarebbe esplosa, quando il potente ordigno
collocato al suo interno e collegato a un dispositivo a tempo sarebbe
deflagrato investendo tutte le personalità presenti, compreso il presidente, e
avrebbe fatto scempio dei loro corpi. No, lui non ci sarebbe stato, sarebbe
stato in prigione, da dove i suoi avvocati lo avrebbero prima o poi tirato
fuori, ma non abbastanza in fretta. Il suo martirio non sarebbe avvenuto. Era
rimandato, o forse non ci sarebbe stato mai più.
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