La giovane donna passeggia
assorta tra gli ambienti della vasta galleria. Quando si trova davanti a un
grande dipinto che occupa l'intera parete si blocca. Inspira profondamente poi
fissa lo sguardo sulla tela, ne osserva concentrata i particolari.
L'espressione del suo viso muta a ogni istante; a volte si tratta di un lieve
sorriso, che poi si trasforma in una smorfia di sofferenza, per passare subito
dopo a una maschera compiaciuta.
La donna, così
raccolta, non si accorge dell'uomo che si avvicina alle sue spalle. Lui le
appoggia una mano sull'avambraccio destro. Un tocco delicato, amichevole, che
tuttavia la coglie di sorpresa e la fa sussultare.
"Oh! Sei tu".
"Buongiorno
Magda" dice l'uomo.
Giovanni Alberti è il
proprietario della galleria d'arte dove Magda Fermi, giovane pittrice di sicuro
talento, espone le sue opere. Alberti indossa una giacca a grossi riquadri con dei
pantaloni color rosso fuoco e scarpe sportive. I capelli, castano chiaro e lunghi
fino alle spalle, sono lisciati all'indietro con l'olio. Il contorno dei suoi
occhi è sottolineato da una sottile striscia di trucco.
Quest'uomo è gay, pensa
per l'ennesima volta la pittrice appena incrocia lo sguardo dell'uomo. Oppure
no, non lo è ma vuol far credere di esserlo, in un eccesso di stravaganza e
snobismo.
"Finalmente ti sei
decisa a farmi visita" dice Alberti.
"Già" risponde
la donna, laconica.
"Allora? Che ne
dici?" fa il gallerista osservando il dipinto. "La collocazione ti
soddisfa?"
Lei non risponde
subito, fa alcuni passi indietro, poi si sposta di lato, infine annuisce.
"Peccato che non
rimarrà esposto a lungo" dice l'uomo.
Lei si allarma.
"Che cosa vuoi
dire?" La voce è stridula.
"Vieni con me in
ufficio, ti devo parlare. Se oggi non fossi venuta ti avrei cercata".
Lei lo segue, docile, attraverso
un lungo corridoio. Entrano in un ufficio dalle pareti bianche dove l'unico
arredo è una grande scrivania, anch'essa bianca, così come dello stesso candido
colore sono le poltroncine. L'uomo si accomoda dietro la scrivania, lei gli
siede di fronte.
"Il tuo dipinto è
straordinario" dice Alberti.
"Ho impiegato
quasi nove mesi per ultimarlo".
"Lo so, una lunga
gestazione".
"E un parto
difficile e doloroso" dice la pittrice.
"Ti va di bere
qualcosa?"
"Soltanto un po'
d'acqua, per favore" dice Magda Negri, che ha la bocca asciutta.
"Ho già trovato un
compratore" dice lui all'improvviso, quasi dovesse liberarsi di un peso.
Lei impallidisce.
"Che cosa?"
dice con un filo di voce. Poi beve un sorso d'acqua.
"Chi è?"
aggiunge.
"Non lo conosci.
Si tratta di un giapponese".
"Un
giapponese?"
"Sì, si chiama Toshito
Matamori ed è uno dei più grandi imprenditori del suo paese. Pesce in
scatola".
"Che cosa ha
detto?" domanda la pittrice, che non riesce a nascondere la profonda
inquietudine.
"Ha guardato il
dipinto per non più di un paio di minuti. Poi ha detto che lo compra, al prezzo
che abbiamo stabilito".
"No!"
"Che cosa?"
"Ho detto di no,
non lo voglio vendere!"
Giovanni Alberti
sorride, anche se il suo risolino è più simile a una smorfia.
"Sai che non è
possibile" spiega. "Hai firmato un contratto, hai l'obbligo di
rispettarlo".
Lei si affloscia sulla
sedia. I suoi occhi luccicano.
"Non voglio
staccarmi da quel quadro. È parte di me".
Il gallerista sospira.
"Che cosa ti
succede, Magda?"
"Non è
giusto" dice lei, che stenta a trattenere il pianto.
"Perché?"
"Pensa a uno
scrittore" dice lei.
"Uno
scrittore?"
"Uno scrittore non
si stacca mai dalla propria opera, la può tenere sempre con sé, pur
condividendola con i suoi lettori. E la stessa cosa accade a un regista".
"Pensa a uno
scultore" dice Alberti.
"Uno sventurato,
come me. Giovanni, ti rendi conto che il mio dipinto finirà in qualche lussuosa
villa di quel pescivendolo? In Giappone, e io non lo rivedrò mai più".
"Ci sono le
riproduzioni, i cataloghi..."
"No! Non è la
stessa cosa, quelle sono cose morte mentre il mio dipinto è vivo!"
"Magda, ti capisco
ma qui si tratta del tuo mestiere. Sei giovane, e sei ricca di talento,
produrrai tante altre opere".
"Altre opere? Allora
tu non hai capito nulla, non riuscirei a sopportare un altro dolore simile. Io
non dipingerò mai più".
La donna si asciuga le
lacrime con il dorso della mano, si alza ed esce.