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martedì 15 luglio 2025

IL KILLER DELLE VESPE

In passato sono stato un killer. Il killer delle vespe.

Tutto è cominciato quando ero solo un ragazzino. L'estate era appena arrivata, la scuola era finalmente terminata e le mie giornate trascorrevano, in gran parte, all'ombra di un grande albero in giardino, immerso nei miei libri. Un pomeriggio, mentre ero impegnato nella lettura, avvertii uno strano solletico sotto i pantaloni, all'altezza della coscia. Subito dopo, una puntura molto dolorosa. Pensai subito a una vespa, anche se fino a quel momento non ero mai stato punto. Iniziai a darmi delle grandi manate sulla gamba per cercare di schiacciare l'insetto, ma non ci fu niente da fare. Alla prima trafittura ne seguirono altre, ancora più dolorose. Ormai in preda di sofferenza e bruciore, mi sfilai i pantaloni in tutta fretta. Allora la vidi: la vespa era morta, ma la mia gamba era ridotta un colabrodo. Essendo un po' allergico (lo scoprii proprio in quella sventurata occasione), ci vollero parecchi giorni prima che il gonfiore scomparisse del tutto.

Fu allora che presi una decisione. Una risoluzione solenne, inamovibile. Mi sarei vendicato. Avrei ucciso ogni singola vespa che mi fosse capitata a tiro. Vivevo in campagna, e di vespe ce n'erano a bizzeffe. Ma non ero un vigliacco. Anche se ero soltanto ragazzino, possedevo un mio codice d'onore. Non le avrei uccise con un colpo di giornale, con una ciabattata, o con l'insetticida. No, la mia vendetta sarebbe stata più... personale. Le avrei affrontate e uccise con il pugno nudo, schiacciandole, ma offrendo loro, in tal modo, la possibilità di pungermi. Un duello leale, o quasi.

Da quel giorno, ne uccisi davvero tante. Troppe per contarle. E mai, dico mai, nessuna di loro riuscì a colpirmi di nuovo. Ero troppo veloce, troppo spietato. Il killer delle vespe era nato, e la sua fama si diffuse, o almeno così mi piaceva pensare.

Poi sono cresciuto, mi sono trasferito in città, dove le vespe erano una rarità, e i miei trascorsi da uccisore sono finiti nel dimenticatoio. Non ci ho più pensato per decenni. Ma ora, ormai in pensione, sono tornato in campagna. E le vespe, sempre numerose, fanno di nuovo parte del mio paesaggio quotidiano.

Eppure, c'è qualcosa di diverso. Nessuna di loro mi si avvicina troppo. Nessuna osa tentare di pungermi. Sono sicuro che le discendenti di quelle vespe di una volta - gli insetti, si sa, trasmettono tutte le conoscenze alle nuove generazioni - mi hanno riconosciuto. E hanno sparso la voce (o meglio, il ronzio...). Nessuna vespa, adesso, osa attaccarmi. Nessuna di loro vuole che lo spietato killer ritorni in azione. E anch'io, in tutta onestà, preferisco così. 

 

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