In passato sono stato un killer. Il killer delle vespe.
Tutto è cominciato quando ero solo un ragazzino. L'estate era appena
arrivata, la scuola era finalmente terminata e le mie giornate trascorrevano,
in gran parte, all'ombra di un grande albero in giardino, immerso nei miei libri.
Un pomeriggio, mentre ero impegnato nella lettura, avvertii uno strano solletico
sotto i pantaloni, all'altezza della coscia. Subito dopo, una puntura molto
dolorosa. Pensai subito a una vespa, anche se fino a quel momento non ero mai
stato punto. Iniziai a darmi delle grandi manate sulla gamba per cercare di
schiacciare l'insetto, ma non ci fu niente da fare. Alla prima trafittura ne
seguirono altre, ancora più dolorose. Ormai in preda di sofferenza e bruciore,
mi sfilai i pantaloni in tutta fretta. Allora la vidi: la vespa era morta, ma
la mia gamba era ridotta un colabrodo. Essendo un po' allergico (lo scoprii
proprio in quella sventurata occasione), ci vollero parecchi giorni prima che il
gonfiore scomparisse del tutto.
Fu allora che presi una decisione. Una risoluzione solenne, inamovibile. Mi
sarei vendicato. Avrei ucciso ogni singola vespa che mi fosse capitata a tiro.
Vivevo in campagna, e di vespe ce n'erano a bizzeffe. Ma non ero un vigliacco.
Anche se ero soltanto ragazzino, possedevo un mio codice d'onore. Non le avrei
uccise con un colpo di giornale, con una ciabattata, o con l'insetticida. No,
la mia vendetta sarebbe stata più... personale. Le avrei affrontate e uccise
con il pugno nudo, schiacciandole, ma offrendo loro, in tal modo, la
possibilità di pungermi. Un duello leale, o quasi.
Da quel giorno, ne uccisi davvero tante. Troppe per contarle. E mai, dico
mai, nessuna di loro riuscì a colpirmi di nuovo. Ero troppo veloce, troppo
spietato. Il killer delle vespe era nato, e la sua fama si diffuse, o almeno
così mi piaceva pensare.
Poi sono cresciuto, mi sono trasferito in città, dove le vespe erano una
rarità, e i miei trascorsi da uccisore sono finiti nel dimenticatoio. Non ci ho
più pensato per decenni. Ma ora, ormai in pensione, sono tornato in campagna. E
le vespe, sempre numerose, fanno di nuovo parte del mio paesaggio quotidiano.
Eppure, c'è qualcosa di diverso. Nessuna di loro mi si avvicina troppo.
Nessuna osa tentare di pungermi. Sono sicuro che le discendenti di quelle vespe
di una volta - gli insetti, si sa, trasmettono tutte le conoscenze alle nuove
generazioni - mi hanno riconosciuto. E hanno sparso la voce (o meglio, il ronzio...).
Nessuna vespa, adesso, osa attaccarmi. Nessuna di loro vuole che lo spietato
killer ritorni in azione. E anch'io, in tutta onestà, preferisco così.


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