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martedì 6 maggio 2025

LA TELEFONATA


Era una di quelle giornate balorde in cui il lavoro sembrava schiacciarmi sotto il suo peso. Seduto alla mia scrivania, cercavo di districarmi tra fogli e report vari, tuttavia ogni tentativo di procedere si scontrava con la complessità del compito. La mente girava a vuoto, e l’idea di chiedere aiuto a Clelia si faceva sempre più insistente. Lei era sempre così disponibile, pronta a offrire una mano quando le cose si facevano difficili. Con un sospiro, afferrai il telefono e composi il suo numero. Mentre sentivo lo squillo, un pensiero sconvolgente mi attraversò la mente: Clelia non c’era più! La collega era morta alcuni mesi prima, eppure, in quel momento, la mia mente si rifiutava di accettare quel fatto. La chiamata continuava a trillare, il mio cuore batteva forte, il dolore e l'angoscia per ciò che era accaduto a Clelia tornavano a farsi sentire. Mentre stavo per riattaccare la voce di Clelia si fece sentire dall’altra parte. Il mio mondo si fermò. Per un attimo fu tutto buio.

"Pronto?" disse lei, e io rimasi come paralizzato. Non sapevo che cosa dire, che cosa rispondere. La mia mente era un caos di emozioni, e il mio cuore si strinse.

"Clelia… sei tu?" riuscii soltanto a balbettare, attonito e incredulo.

"Ciao" rispose lei, con quella dolcezza che ricordavo così bene.

"Come... come stai?" Quelle parole assurde mi uscirono di bocca senza pensarci.

"Ci manchi tanto. Manchi a tutti noi. Ogni giorno, sempre" dissi poi, con un filo di voce.

Era tutto così irrazionale. Stavo parlando al telefono con una persona che era morta!

La mia voce tremava sempre di più, finché non si spense del tutto. Non riuscii ad aggiungere altro.

"Grazie" disse semplicemente lei, e la sua voce era calda e rassicurante.

"Non vi dovete affliggere troppo" proseguì poi Clelia. "Non sto così male. Si tratta soltanto di… un’altra dimensione. Forse".

Seguì un silenzio imbarazzante, al quale io non sapevo come reagire.

"Non chiamarmi più, per favore" disse infine Clelia, con un tono che mescolava amabilità e fermezza.

"Devi andare avanti. Dovete tutti andare oltre" aggiunse.

Le sue parole mi colpirono come un fulmine. Sapevo che aveva ragione, ma il pensiero di non poter più contare su di lei mi lasciò un vuoto incolmabile. Quella verità, che fino a quel momento non avevo voluto accettare del tutto, si riversò di colpo su di me.

"Va bene" dissi, cercando di mantenere la calma.

"Ma non scorderò mai quanto sei stata importante per me".

"E io non dimenticherò mai voi" rispose lei, e poi la linea si interruppe.

Riattaccai, il cuore pesante ma con una strana sensazione di pace. Sapevo che avrei dovuto affrontare il lavoro da solo, in quel momento e in seguito, però sentivo che Clelia era ancora con me, sebbene in un modo e in un mondo tutto suo. Piansi per qualche minuto, poi iniziai a riordinare le carte sul piano della scrivania.


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