Non
avrei mai immaginato di ritrovarmi in una situazione simile. Non fino a qualche
tempo fa, almeno. Eppure l’incubo, quella visione angosciosa che, presto o
tardi, opprime l’esistenza di ogni politico, si è materializzato. E adesso sono
in questo luogo lugubre, l’aula di un tribunale, ad assistere impotente alla
mia lapidazione. Sono alla sbarra, e contro la mia persona gravano accuse che,
alla luce di ciò che si è verificato nei mesi scorsi, appaiono infamanti.
Biasimi gravi, in grado di offuscare la mia intera carriera di apprezzato uomo
delle istituzioni e, come se questo non bastasse, la mia stessa personale
onorabilità.
Lo
ammetto, non ritengo di essere del tutto esente da colpe e da responsabilità.
In ogni caso, nel corso della mia attività come nella vita di tutti i giorni,
ho sempre agito secondo i principi ai quali mi ispiro, fondati innanzitutto
sulla praticità e sulla estrema concretezza delle azioni. Presupposti dai quali
sono sempre derivati stima e rispetto da parte dei cittadini, nonché ammirazione
incondizionata da parte dei miei familiari.
In
realtà l’unica cosa che davvero mi rimprovero, e che mi rende tormentato e
insofferente, è di essere stato io stesso causa della mia attuale sventura. La
mia ottusità è stata tale da spingermi a essere addirittura il principale
sostenitore della nuova legge, quella che sanziona penalmente la menzogna.
Così, ne sono stato anche la prima vittima eccellente.
Chi
è il politico che, nel suo operato, non ha mai omesso informazioni ai
cittadini? Esiste un uomo di governo che, gravato dai suoi pesanti incarichi,
non ha mai fatto promesse che non era in grado di mantenere o, ed è stato
proprio questo che mi ha incastrato, ha mentito a fin di bene ai suoi elettori?
Ciò
che più mi angustia, tuttavia, è il pensiero di non essere riuscito, per la
prima volta nella mia ventennale attività politica, a interpretare l’umore dei
cittadini. Sostenendo senza riserve la famigerata legge, credevo invece di
esserci riuscito anche questa volta. Ero convinto, a ogni modo, che quelle
norme non sarebbero mai state applicate nella loro tremenda severità, che pure
quella sarebbe stata una delle tante leggi di facciata, approvata con il solo
scopo di attenuare, o meglio ancora far scomparire, il risentimento di chi si
riteneva ingannato e oltraggiato dalla condotta dei propri governanti. È stato
quello il mio errore fatale: l’avere sottovalutato il punto a cui era arrivata
la fame di giustizia da parte del popolo. Un popolo che, all’improvviso, decide
di non concedere più sconti, che stabilisce dall’oggi al domani che il credito
concesso ai politici non è più illimitato.
Il
mio riconosciuto istinto politico mi ha tradito e non riesco a farmene una
ragione. L’inevitabile conseguenza è che tutto il mio mondo è crollato. Un
qualcosa di solido che di colpo si sgretola e si frantuma in mille pezzi. Da
questo scaturiscono il mio abbattimento e la mia depressione, condizioni dalle
quali non riesco a uscire, in aggiunta alla tremenda consapevolezza che
l’ultimo atto non è ancora stato scritto. Lo sarà tra poco, quando il collegio
giudicante avrà stabilito le sue punitive risoluzioni.
Subito
dopo l’approvazione della legge, con mio grande stupore, le denunce nei miei
confronti sono arrivate a centinaia. Tutte accuse presentate da semplici
cittadini, tra di loro di sicuro anche miei fedeli sostenitori, che non
vedevano l’ora di avere la loro agognata vendetta.
Mi
chiedo dove erano prima, tutti questi implacabili accusatori e falsi
moralizzatori. La risposta è semplice: erano impegnati a godere dei favori di
qualche politico, erano occupati a diffondere le loro menzogne o, al più, a
ignorarle volutamente perché da ciò ne sarebbe comunque derivato un beneficio.
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