Lo studio è molto
elegante. Alle pareti dell’ampio ingresso sono appese maschere tribali
africane, scudi dipinti e zagaglie. Questo mi fotterà un sacco di soldi,
considero tra me. Anche per la segretaria non si è badato a spese: è una
brunona mozzafiato, tutta curve e con un viso da bambola. Eppure non saprei che
farmene di una simile puledra. Con una così finirei cornificato dopo tre
giorni. No, io preferisco le donne poco appariscenti, che sanno stare al loro
posto.
Mi accomodo in sala
d’attesa su una sontuosa poltrona. Sono solo. In questi posti di merda si è
sempre soli. Si entra da una parte e si esce da un’altra. Tra i pazienti (o
clienti?) non ci deve essere alcun tipo di contatto. Sul tavolino basso di
fronte ai miei piedi c’è una pila di riviste. Ne prendo una a caso e la
sfoglio: case lussuose, giardini incantevoli. Tutte stronzate da gente ricca.
La sbatto sul tavolo, stizzito, e la stangona seduta dietro alla scrivania di
vetro non batte ciglio. Troia.
Si apre una porta e
compare il dottore. Alto, con il muso lampadato e le tempie brizzolate. Un
bell’uomo.
"Prego, signor
Lauri".
Entro in una stanza
enorme che puzza di dopobarba. Su un lato incombe un lungo tavolo, in un angolo
noto un divanetto basso. Cazzo, me la farei volentieri una pennichella su quel
grazioso lettuccio. Invece il dottore si sistema dietro il tavolaccio e mi
indica di sedermi dinnanzi a lui. Appoggio il culo sull’unica sedia scomoda
dell’intero studio. Dura, con lo schienale alto e troppo dritto. 'Fanculo!
Eppure pago.
"Alla fine è
venuto da solo" dice il dottore, picchiettando una penna sul piano. Già mi
dà sui nervi.
"Non sono riuscito
a convincerla. Vede, lei non crede molto in queste cose. Dice che la sua mente
è a posto, che cosa ci va a fare da un medico dei pazzi?"
Quello fa una smorfia
che lo imbruttisce, poi si schiarisce la voce. "È sicuro di avere spiegato
bene a sua moglie di che cosa si tratta? Io non mi occupo di pazzi, come li
chiama lei, e inoltre non sono neppure un medico".
"Certo che le ho
spiegato tutto bene, ma quella è una testa dura, quando si impunta non c’è verso
di farle cambiare opinione".
"Che cosa intende
fare, signor Lauri?"
"Eh? Non
capisco".
"Cioè, vuole
intraprendere ugualmente il percorso terapeutico, anche da solo?"
"Sì dottore".
"Bene. In ogni
caso si renderà conto che dovremo lavorare su qualcosa di diverso. Lei mi ha
parlato, inizialmente, dell’intenzione comune, sua e di sua moglie, di
intraprendere una terapia di coppia. Mi ha accennato a difficoltà di
comunicazione e ad altri vari problemi. Insomma, a una semplice crisi. Ora la
situazione sembra diversa: sua moglie non ha intenzione di collaborare. È così,
signor Lauri?"
"Il fatto è che
mia moglie mi ha lasciato".
"Ah! Questo pone
il tutto sotto una luce diversa. Da quanto tempo la sua consorte ha assunto
tale risoluzione?"
"Eh? Come
dice?"
"In altre parole:
quando vi siete separati?"
"Be’, non è che siamo
proprio separati".
"Si spieghi
meglio, signor Lauri. Per poterla aiutare ho bisogno di capire".
Questo non capisce un
cazzo, e io ci godo a fare il finto tonto. "Vede, mia moglie è andata
via".
"Quando?" mi
interrompe il coglione.
"Che importanza
ha?" sbotto. "In realtà vuole tornare con me, ed è questa la cosa
importante".
"Si calmi, signor
Lauri. E non sia reticente, non è così che funziona. Il terapeuta deve
possedere più informazioni possibili per poter essere utile. Allora, per quale
motivo lei afferma che sua moglie desidererebbe tornare con lei?"
"Perché ci amiamo!
Lei non può fare a meno di me. In questo momento è un po’ confusa, ma prima o
poi di sicuro rinsavirà".
"Mi ascolti bene,
signor Lauri, e mi risponda in piena sincerità. Che cosa pensa io possa fare
per aiutarla, se è questa la sua convinzione?"
"Eh? Non lo so.
Forse, nell’attesa, potrebbe cercare di tranquillizzarmi".
"Si tratta di un
compito che potrebbe essere svolto anche da un amico. Perché ricorre a
me?"
"Gli amici? Quelli
sono tutti dei gran bastardi! Stanno tutti dalla sua parte, lei sa come vanno
queste cose, vero? Io non ho più amici".
"Non deve
isolarsi, signor Lauri".
Alzo le spalle. So io
che cosa devo fare, non me lo devi dire certo tu, pezzo di cretino.
Al mio silenzio, l’altro
sospira e poi riprende la cantilena. "Sa, lei dovrebbe cominciare a
rassegnarsi. Ha mai pensato all’evenienza che sua moglie non intenda più
tornare a stare con lei? Cioè, che la sua sia una scelta definitiva?"
Sorrido. "Impossibile,
dottore. Lei tornerà. Lei deve tornare"
"Vede, la
separazione è come un lutto, e come tale necessita di elaborazione".
"Lutto? Che dice,
dottore?" Inavvertitamente faccio le corna con entrambe le mani.
Lo scemo si esibisce
nella consueta sgradevole smorfia, poi subito si ricompone. "D’accordo,
credo di avere capito quale sia la sua situazione. Se davvero lo ritiene
opportuno fisseremo altri incontri. Avremo bisogno di parlare molto".
"Va bene,
dottore".
"Arrivederci,
signor Lauri".
Esco e parlo con la
cavallona, che mi fissa due appuntamenti. Poi mi accompagna alla porta sul
retro. Con la mano le sfioro un fianco. Quanta roba! Però mi disgusto subito
perché quella puzza proprio come una troia.
(continua)
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