Il commissariato è
proprio uno schifo di posto. I muri sono scrostati, ovunque c’è sporcizia,
sento pure odore di fogna. Per non parlare dei tipi che, come me, attendono il
proprio turno per parlare con qualcuno. A quello imprigionato da giacca e
cravatta e tutto sudato di sicuro hanno fottuto il suv, tanto è agitato. La ragazza seduta nell’angolo, con
quella gonna così corta, è certamente una puttana. E la vecchietta accanto a
me, con le gambe gonfie, si sarà fatta fregare il portafogli sul bus.
Non riesco a capire
perché mi abbiano convocato. Mica sono un delinquente. Io lavoro, non vado in
giro a spacciare merda o a rapinare banche. Ho dovuto anche prendere un
permesso per essere qui, puntuale come mi è stato raccomandato.
"Venga, signor
Lauri".
Il poliziotto
sbarbatello mi introduce in un minuscolo ufficio ingombro di scartoffie. C’è
tanfo di fumo. Alzo gli occhi e quasi mi sganascio dal ridere. Quello seduto
dietro alla scrivania è uguale sputato al commissario Basettoni. Le chiazze di
sudore sotto le sue ascelle sono spettacolari.
"Si sieda, signor
Lauri" mi fa con voce cavernosa. "Sono il sovrintendente
Parrella" aggiunge.
Lo affronto subito.
"Mi scusi, sovrintendente, ma non riesco a capire per quale ragione…"
"Signor Lauri, lei
è nei guai" mi interrompe lo sbirro. Ammutolisco. "Vede, nei suoi
confronti è stata inoltrata una specie di denuncia" mi spiega.
"Eh?"
"Mi lasci finire.
In realtà non si tratta di una vera e propria denuncia, bensì di una richiesta
di ammonimento".
"Ammonizione? Mica
stiamo giocando a calcio".
L’altro fa una faccia
brutta. Per un attimo riesce a intimidirmi. "Guardi che non è proprio il
caso di scherzare, signor Lauri. Prima le ho detto che lei si trova nei guai e
adesso glielo ribadisco. Conosce la nuova normativa riguardo le molestie
persecutorie?"
"No"
rispondo. Non è del tutto vero, ma il mio sesto senso mi consiglia di apparire
ignorante di fronte a questo energumeno.
"La richiesta di
ammonimento è stata presentata da sua moglie".
"Mia moglie?"
Picchia il pugno sul
tavolo. Cazzo, che spavento.
"Stia zitto,
signor Lauri, e mi lasci finire. Il questore ha esaminato l’istanza e ha deciso
di accoglierla, dal momento che sua moglie, a supporto della stessa, ha
prodotto una grande quantità di validi elementi".
"Quindi?"
Provo fastidio per la mia voce pigolante. Non mi sono ancora del tutto ripreso,
anche se in fondo temevo qualcosa del genere.
"Quindi se lei
reitererà le sue azioni persecutorie, minacciose e intimidatorie, interverremo
d’ufficio, senza che sia necessario un ulteriore esposto. In questi casi è
previsto l’arresto, signor Lauri, è bene che se ne renda conto".
Mi produco in
un’espressione stupita, che mi viene abbastanza bene. "Ma io non ho fatto
nulla" dico allargando le braccia. "Sto pure andando dallo
psicologo".
L’altro sbuffa,
infastidito. Poi inarca un sopracciglio cespuglioso e sogghigna, da vera
carogna. "Lei non deve più avere alcun tipo di contatto con sua moglie.
Questo, per ora, è un semplice invito a rispettare la legge. Se però persisterà
nel suo scriteriato comportamento…"
"Sarò ancora più
nei guai" dico interrompendo Basettoni con soddisfazione.
Mi aspetto un’altra
mazzata sul tavolo, invece il poliziotto mi porge dei fogli che devo firmare.
Scarabocchio, ne prendo una copia e mi alzo.
"Sì, se ne vada,
signor Lauri. Spero di non vederla più".
I rami degli alberi che
mi circondano sono cosparsi da minuscole e tenere foglie di un bel verde
brillante. Piego il giornale e lo infilo nella tasca della giacca. Da troppo
tempo sono seduto su questa panchina, tanto che il culo mi si è appiattito.
Sono stanco di aspettare e nauseato dalle troppe sigarette. Guardo l’orologio,
valuto che ho ancora qualche minuto prima che lei esca. Allora estraggo il
cellulare e inizio a digitare un messaggio. Dopo avere composto, con la solita
fatica, alcune stentate parole, rinuncio. No, di messaggi ne ho mandati molti,
ma non ho mai avuto alcuna risposta. E la stessa sorte è toccata alle mail che
ho inviato. Tempo sprecato. In realtà le devo parlare di nuovo a tu per tu, la
devo guardare negli occhi. Non importa se, come le altre volte, alla fine
dell’incontro quegli occhi saranno sbarrati per la paura. Mi alzo, determinato,
e mi avvio. Giunto in prossimità dello stabile dove lei lavora, la vedo
affacciarsi al portone. Guarda prima da una parte, poi dall’altra, infine
attraversa la strada con passo incerto. Ha il volto teso, e ovviamente è
vestita come una gran zoccola. Non mi stupisco, perché quando gli uomini non
hanno la possibilità di esercitare un minimo di controllo su di loro, certe
donne vanno subito alla deriva. Ma adesso la fermerò e la costringerò a
parlarmi. La convincerò a tornare con me. Sì, perché lei deve tornare con me.
Le conviene farlo. E lo farà, con le buone o con le cattive.
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