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sabato 9 dicembre 2017

PAURA - 1° PARTE


Il vecchio si sveglia. Lentamente si mette a sedere poi appoggia a terra prima un piede quindi l'altro. Piano, con estrema calma, perché una vertigine provocata da uno sbalzo di pressione è sempre in agguato, e un giramento di testa improvviso potrebbe causare una caduta dalle rovinose conseguenze. Il vecchio finalmente si alza in piedi, infila le fruste ciabatte di cuoio marrone e inizia a muoversi. Dapprima i suoi piedi scivolano sul pavimento, poi le sue ginocchia si sollevano di quel poco da consentire dei passi brevi ma più sicuri. Ginocchia che scricchiolano e crocchiano, muscoli, o quel che ne rimane, indolenziti e pesti, schiena rigida e spalle dolenti. L'evidente disfacimento del corpo non rappresenta comunque l'unica complicazione per quest'uomo anziano, ormai ai confini dell'esistenza, quest'uomo che chiameremo per convenienza Pietro. Perché quest'uomo, Pietro abbiamo detto, ogni volta che al mattino apre gli occhi ha paura. Lui tuttavia non ne è del tutto consapevole. Non lo è poiché tale suo quotidiano sbigottimento vitale è ormai del tutto connaturato con il suo essere, circonda avvolge penetra possiede il suo fragile involucro e la sua mente stanca, ne determina i pensieri e le azioni.
Gemendo e sbuffando, poiché rimettersi in moto è sempre una scommessa, Pietro raggiunge la minuscola cucina. È presto, sono soltanto le sette, ma ciò è normale perché i vecchi dormono poco, il loro sonno è agitato tormentato interrotto, in ogni caso sua moglie è già in piedi da almeno un'ora impegnata a sfaccendare a pulire a cercare di essere utile a dimostrare di essere viva. La donna, in vestaglia pesante perché l'appartamento è ancora freddo, le ciocche bianche disordinate e bisognose di spazzola, osserva per un attimo la caffettiera sul fuoco poi scuote il capo afferra uno straccio lo passa sulla già lucida superficie del lavello afferra un barattolo lo posa su una mensola strofina le mani artritiche sui fianchi si dirige di nuovo ai fornelli annuisce al caffè che brontola e spegne il fuoco.
Pietro si blocca un istante e la osserva. Che energia, le donne. Questa, lui lo sa, lo seppellirà. È inevitabile. Lei lo scorge.
"Ehi, ti sei alzato finalmente" dice, poi inizia a brontolare qualcosa, sottovoce. Sono quasi cinquant'anni che farfuglia si lagna e mugugna di continuo, Pietro ormai non vi bada più. La saluta con un impercettibile cenno del capo, il bisogno di comunicare a parole è minimo e ridotto all'indispensabile, quindi inizia a vestirsi recuperando camicia e pantaloni dallo schienale della sedia sulla quale li aveva deposti la sera prima. Si infila le scarpe si siede e le allaccia impiegando un'eternità.
"Il caffè è pronto" dice la donna, in piedi in mezzo alla cucina a braccia conserte. Pietro scuote il capo.
"Colazione la farò dopo" dice. Sono le prime parole che pronuncia e il loro suono è basso stentato vagamente catarroso. E potrebbero essere anche le uniche dell'intera giornata, pensa il vecchio, e tale riflessione possiede un qualcosa di divertente e di irriverente allo stesso tempo.
Lei avanza di due passi lo affronta sollevando il mento aguzzo dal quale spunta un lungo pelo grigio arricciato.
"Dove vuoi andare?"
Pietro non risponde, con un gemito di dolore raccoglie le ossa dolenti si alza dalla sedia si dirige verso il sottolavello lo apre si china, una riverenza ad angolo retto che potrebbe bloccarlo per sempre, estrae il sacco della spazzatura e lo lega con cura, i suoi nodi non si sciolgono mai.
"Proprio adesso devi andare?" lo rimbrotta la moglie. "Con tutta la giornata di tempo!"
Lui schiocca le labbra solleva le spalle veste la giacca prende le chiavi di casa ed esce. Pietro ha fatto il duro, l'uomo forte, quello che non si fa sottomettere dalla moglie, quello che prende da solo le sue decisioni, quello che faccio ciò che voglio e tu brontola pure tanto non ti do retta, ma appena si ritrova sul pianerottolo perde all'improvviso tutta la sua risolutezza. Chiama l'ascensore, sente una porta aprirsi poi chiudersi sbattendo e subito si materializza accanto a lui l'avvocato Brighi. La statura imponente, insaccata in un abito gessato grigio, gli occhiali da sole, i radi capelli lisciati all'indietro, l'avvocato ha messo da tempo il suo discutibile bagaglio giuridico al servizio di un movimento politico xenofobo.
"Buongiorno" dice Pietro con un filo di voce. L'altro accenna un saluto abbassando il capo, il pur lieve movimento accentua la sua trasbordante pappagorgia. Una compagnia sgradevole, quella dell'odioso avvocato, pensa Pietro, per quel viaggio di otto piani. Tuttavia quella presenza indesiderata almeno in parte rassicura l'anziano. È difficile ammetterlo ma, negli ultimi tempi, prova sempre un certo timore nell'affrontare da solo il percorso chiuso nella stretta cabina. L'ascensore potrebbe bloccarsi, lui avere un mancamento e non essere in grado di chiamare i soccorsi. I due entrano nel cubicolo, le porte si chiudono.
"Fai attenzione" sussurra l'avvocato. Pietro si volta, guarda il bestione dal basso in alto.
"Uh?" Il vecchio è perplesso, e infastidito. Innanzitutto perché non ha ben compreso che cosa abbia detto Brighi, l'udito purtroppo non è più quello di una volta, ma di sicuro l'uomo gli ha mancato di rispetto, rivolgendosi a lui in maniera troppo confidenziale e non considerando la sua veneranda età.
L'avvocato si avvede della confusione di Pietro.
"Ho detto fai attenzione" ripete alzando il tono di voce. "A uscire da solo, intendo".
"Perché?"
"Fuori è pieno di zingari che non vedono l'ora di aggredire le persone anziane e indifese. Dovresti almeno portarti un bastone, che ti può pure essere di aiuto nel camminare tra l'altro, e nel caso in cui qualcuno ti infastidisca gli puoi sempre spaccare la testa".
Le porte si spalancano, i due escono nell'atrio del palazzo.
"Non ho mai visto zingari" balbetta Pietro.
"Tu non li vedi ma loro vedono te" ribadisce sicuro Brighi.
"E poi gli zingari non aggrediscono le persone, al più svaligiano gli appartamenti" dice Pietro, e mentre lo dice si augura che il prossimo alloggio ripulito sia proprio quello dell'avvocato.
"Ti devi guardare anche da albanesi, romeni, polacchi, ucraini e soprattutto da beduini e negri. Mi raccomando, tieni gli occhi aperti e sbrigati a buttare quel sacchetto che puzza di marcio" aggiunge Brighi prima di allontanarsi con il suo passo da pachiderma.

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