I due ragazzi corrono
sulla strada deserta. Il più robusto indossa una maglietta sbiadita, pantaloncini
di raso blu con i bordi bianchi e sfilacciati, logore scarpette da corsa.
L'altro una canottiera rossa e calzoncini gialli. Ai piedi porta scarpe nuove
fiammanti. Ogni giorno, dopo la scuola e qualche ora passata a riposare e
studiare, i due amici si incontrano e partono. La corsa è la grande passione di
entrambi. I loro allenamenti non sono quasi mai programmati, sia in durata che
in difficoltà. Corrono sul nastro d'asfalto, nei campi, sui sentieri sconnessi
e nei boschi lungo il fiume. Un rito quotidiano, che ora ha appena avuto
inizio. Questione di poco tempo e la condizione dei due podisti muterà
all'improvviso. Le falcate diventeranno più sciolte, il cuore pomperà una
quantità di sangue sufficiente a permettere la piena espansione dei loro
polmoni. Cambierà anche lo stato psicologico dei corridori. L'organismo sotto
sforzo produrrà una quantità di endorfine tale da determinare l'insorgere di
benessere, eccitazione e euforia. All'improvviso Beppe rallenta fino a
fermarsi. Ha notato, sul bordo della strada, un oggetto che ha attirato la sua
attenzione. Proprio vicino al fossato. Si china e raccoglie il volante di
un'automobile. Come è finito in quel posto? È mai possibile perdere un volante?
Le domande durano lo spazio di un attimo. Beppe riprende a correre e cerca di
recuperare il terreno perduto. Impugnando saldamente il volante, in pochi
istanti raggiunge il compagno che nel frattempo ha rallentato per aspettarlo.
Vincenzo vede l'amico che corre e... guida. Sorride e sta al gioco. Si affianca
a Beppe e finge di essere il passeggero di un'automobile immaginaria. I rari
passanti li guardano stupiti, sbalorditi. Qualcuno di loro sembra divertito,
qualcun altro scuote il capo in segno di disapprovazione. Beppe imita il rombo
della macchina con la bocca, fa il gesto di suonare il clacson. Dopo alcuni
minuti i due amici si stufano. Il volante, come fosse un disco, è lanciato
lontano, in un prato. La corsa riprende, adesso a ritmo più tranquillo. I
corridori sono ormai giunti alle ultime case del paese. Vincenzo allunga il
passo e si avvicina a una palazzina a più piani. Individua il quadro dei
campanelli e, rallentando per un attimo, passa la mano sull'intera pulsantiera,
con grazia da pianista. Poi accelera di colpo. Beppe, da lontano, si è accorto
della manovra dell'amico. Pure lui aumenta l'andatura ma, quando transita
davanti all'edificio, alcuni irritati inquilini sono già affacciati alle
finestre e lo scorgono. Poco più avanti Vincenzo ride e corre, corre e ride
finché non è raggiunto dal compagno che gli sferra una manata sulla schiena,
fingendo di essere arrabbiato. Ma dopo ride anche lui. Si prosegue, con
maggiore scioltezza, con più velocità, lo stato di esaltazione aumenta. I due
giovani podisti ora imboccano un sentiero dal fondo irregolare, che porta nel
bosco. Sono accaldati, sudano. Su un lato della traccia scorre una piccola
roggia. Acqua fresca. Vincenzo, concentrato, aumenta ancora di più l'andatura.
Beppe invece si ferma un istante, il tempo di rinfrescarsi il viso. Quindi si
porta le mani, racchiuse a coppa, verso la bocca e lappa un po' di quel liquido
corroborante. E poi di nuovo via, rinfrancato. I due ragazzi si godono la
frescura del bosco. Alberi, cespugli, vegetazione rigogliosa e incolta creano
un budello ombroso che allenta la morsa di calura. A un tratto i corridori si
trovano di fronte un ostacolo imprevisto: un'automobile. Il veicolo è fermo sul
sentiero, quasi incastrato tra enormi arbusti che lo stringono ai lati. Una
specie di tappo, che ostruisce completamente il passaggio. I due ragazzi sono
costretti ad arrestarsi, con loro enorme disappunto. Non è proprio possibile
proseguire, ma non è altresì pensabile tornare indietro. É ormai troppa la
strada percorsa, mentre andando avanti si riuscirebbe a tornare in paese in
poco meno di venti minuti. La macchina naturalmente è ferma, il motore è
spento, tuttavia si muove. La vettura ondeggia lievemente, è possibile persino
udire i piccoli gemiti emessi dagli ammortizzatori, che si alzano e si
abbassano. Beppe e Vincenzo si avvicinano in silenzio al mezzo. Accertano una
volta di più l'assoluta impossibilità di passare ai lati. A questo punto,
sempre più contrariati, ma comunque curiosi, si accostano sporgendosi al
lunotto posteriore e sbirciano all'interno dell'autovettura. Scorgono delle
persone. La prima, una donna, è sdraiata sulla schiena. Della sua figura è
possibile vedere soltanto una minima parte del volto e una gran massa di
capelli neri. L'altro, un uomo, è adagiato su di lei. Ed è nudo. In realtà
indossa ancora i pantaloni, ma questi sono calati fino alle caviglie. I due
ragazzi osservano la nuca di quell'individuo. I suoi capelli, tagliati corti,
sono biondi e molto chiari, quasi fosse un albino. Le sua natiche, marmoree, si
muovono a stantuffo e spiccano per la loro tinta pallida. Beppe e Vincenzo,
dapprima sbalorditi, ora si scambiato un sorriso complice. Poi uno annuisce
all'altro. I due tornano indietro di alcuni metri sul sentiero, muovendosi con
circospezione per non fare rumore. Infine prendono la rincorsa e, prima uno e
poi l'altro, saltano sulla parte posteriore dell'auto, poi sul tetto e sul
cofano. Una serie di tonfi sordi, sulle lamiere che dapprima si flettono e poi
restituiscono la spinta. L'odioso ostacolo è superato. I due ragazzi, correndo
ormai liberi, si voltano indietro per un attimo. La macchina non si muove più.
Al suo interno intravedono un agitarsi frenetico di ombre. I due ragazzi
proseguono la corsa, carichi di adrenalina.
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