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sabato 18 febbraio 2017

IL BACO


L'appuntamento è in piccolo bar di periferia. Quando arrivo lui non c'è ancora. Mi dirigo al banco e ordino una birra. Trascorsi quasi venti minuti, la birra non toccata e ormai calda, mentre mi chiedo se rispetterà l'impegno, lo scorgo attraverso la vetrata. Sono sicuro che è lui, anche se non l'ho mai visto prima. Un uomo di quasi quarant'anni, in impeccabile abito grigio, occhiali scuri e passo deciso. Sono certo di non sbagliare poiché si tratta di una persona ben diversa, quasi aliena, rispetto alla clientela del locale: vecchiette che dilapidano la misera pensione ai video-poker, anziani dalle guance scavate e non rasate che calano carte e bestemmiamo, camionisti abbrutiti di passaggio che ingurgitano enormi panini alla mortadella.
Esco dal bar e gli vado incontro.
"Maestri" dico, porgendogli la mano. Lui ricambia la stretta e annuisce.
"Restiamo fuori" dice.
Fa freddo, ma lo assecondo. Ci accomodiamo all'unico tavolino porto all'esterno del bar, un tavolino sbilenco e assalito dalla ruggine.
Lui nota la mia perplessità.
"È più sicuro" aggiunge.
Ci studiamo per un attimo poi, per vincere l'imbarazzo, estraggo dalla borsa un piccolo registratore, un taccuino e una penna.
"Preferirei che non registrasse il colloquio. Anzi, lo pretendo" dice.
Ripongo il registratore e impugno la penna. Dovrò accontentarmi di appuntare ciò che forse mi racconterà.
Lui incrocia le braccia e sorride. Aspetta. Non c'è dubbio, tocca a me iniziare. Sono io il giornalista, quello che fa le domande.
"Perché si è rivolto proprio a me? Il mio è un piccolo giornale, ed io non sono un cronista famoso".
"Il motivo è semplice. Voglio che ciò che dirò sia pubblicato, ma non trattato come uno scoop sensazionale. Desidero che qualcuno ne venga a conoscenza, ci rifletta su, ne parli con amici e conoscenti. Mi aspetto che le informazioni si diffondano lentamente, senza che si crei una eccessiva attenzione; tutto ciò per evitare immediate e violente reazioni che sarebbero controproducenti al mio proposito".
"Quali reazioni?" domando.
"Oh, le solite. I grandi giornali sarebbero accusati, come da copione, di nutrire pregiudizi, di ordire complotti, di essere al servizio dei poteri forti. Il suo, invece, è un foglio ritenuto credibile e di sicuro indipendente".
"Il suo nome, in ogni caso, non dovrà comparire".
"Questi sono gli accordi".
"E se non li rispettassi?" azzardo.
Lui scuote il capo, divertito.
"Io finirò nei guai, e lei pure. E i guai più grossi saranno di sicuro i suoi!"
"Che tipo di guai?" chiedo, un po' indispettito.
"Perché prima non ascolta ciò che le voglio dire?"
Sospiro.
"D'accordo. Per quale ragione ha deciso di parlare?"
"È meglio se partiamo dall'inizio" dice.
"Come vuole. Da quanti anni milita nel movimento?"
"Dall'inizio. Però smettiamola di chiamarlo movimento. Un movimento è un'altra cosa, il mio è un partito a tutti gli effetti, strutturato e organizzato".
"Non si direbbe" dico.
"E si sbaglia. Diciamo che non appare come tale, ma ciò è voluto. Serve per ingannare i più ingenui, i più creduloni, gli sprovveduti. Abbiamo rappresentanti in parlamento, nelle istituzioni, governiamo delle città. Un partito a tutti gli effetti".
"Lei non è qui per tessere le lodi del suo movim... del suo partito".
"Esatto".
"Al telefono mi ha detto che, a un certo punto, lo spirito iniziale è stato tradito. Quando è avvenuta questa  trasformazione?"
"Quasi subito. E si è trattato di un cambiamento programmato. Tutto è già stato programmato: il principio, il periodo intermedio e quello finale".
"Da chi è stato programmato?"
"Passo".
"In quale fase ci troviamo in questo momento?"
"Siamo quasi alla fine della fase di mezzo".
Arriva finalmente il cameriere. Ordiniamo dell'acqua minerale.
"Lei non si è mai candidato, non fa parte dell'apparato del partito, non compare mai, non si è a conoscenza di suoi scritti o interventi di qualsiasi natura. Insomma, quale posizione occupa nel partito?"
"Io sto in alto, molto in alto".
"Mi faccia capire. Vuol dire che sta sopra ai parlamentari?"
Lui ride e annuisce.
"Quelli sono soltanto stupidi arrivisti. Non contano un cazzo e non se ne rendono conto".
"Accanto al sedicente portavoce?"
"Più in alto, molto più in alto. Quello è un buffone, un burattino urlante e nulla più".
"E il proprietario?"
"Quello a cui lei si riferisce è un semplice amministratore, e neppure troppo brillante".
"Insomma, qual è il suo ruolo?"
"Un ruolo di vertice, diciamo".
"Mi faccia capire. Chi è che davvero dirige il movim... il partito?"
"Non lo so, ma lo scoprirò presto. Sempre se non sarà troppo tardi".
Sono confuso. Cerco di riordinare un po' le idee allo scopo di porre domande pertinenti. Prendo qualche appunto.
"Qual è il fine del movim... del partito?"
"L'obiettivo di tutti i partiti: governare".
"In questo non vedo nulla di strano".
"Noi vogliamo governare da soli".
"Anche questo lo capisco: per non incontrare ostacoli nella realizzazione del programma, per non dover scendere a compromessi, per non dover mercanteggiare".
"Esatto".
Sto perdendo la pazienza.
"Ma allora qual è il problema?" domando, alzando un po' la voce.
"Noi vogliamo occupare i posti di governo per poter realizzare il nostro vero programma, vale a dire non governare. Stando all'opposizione ciò non è possibile. Stiamo portando avanti degli esperimenti in alcune grandi città: stanno funzionando. Prima o poi, è inevitabile, ci sarà il grande salto a livello nazionale".
"È la descrizione di un sistema totalitario" dico.
"Niente affatto. Una dittatura governa, eccome se governa, anche se lo fa utilizzando la forza e la repressione, limitando le libertà individuali. Il nostro disegno non è questo ma si spinge in tutt'altra direzione. Noi intendiamo creare una inestricabile situazione di caos, uno scenario ancora peggiore di quello rappresentato da un governo autoritario".
"Perché? A chi potrebbe giovare una cosa simile?"
"Credo di averlo compreso, ma non lo posso rivelare. Sto cercando di impedirlo".
Bevo tutto di un fiato il bicchiere di acqua minerale. Non sento più freddo. Anzi, sto sudando.
"Come pensa di ostacolare questa mostruosa deriva, sempre se ciò che mi sta raccontando corrisponde al vero?"
"Le assicuro che è la verità. E non le posso rivelare tutto. Almeno per ora. Vede, il mio partito è organizzato come un programma informatico, un programma con mille protezioni, molto difficile da attaccare. Ma tutti i programmi, anche quelli considerati inviolabili, presentano dei punti deboli, dove un virus o un baco possono infilarsi e scatenare un comportamento imprevisto o comunque diverso da quello programmato e produrre il caos. Io sarò quel baco, io provocherò quello scompiglio che farà crollare l'intero sistema prima che si scateni l'altro caos, quella dell'intera collettività, la babele definitiva".
"Ci riuscirà?" domando. Non so perché, ma credo a tutto ciò che mi ha riferito quest'uomo. Sono spaventato.
"Non lo so. Lo paga lei il conto?"

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