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giovedì 23 luglio 2015

IN MONTAGNA


Dal racconto fatto dal protagonista della singolare disavventura al giornale locale Lo stambecco:
“No, non ridete perché non c’è niente da ridere. Innanzitutto dovete sapere che per me andare in montagna o nella giungla è la stessa cosa. In ogni caso avevo accettato di partecipare alla presentazione del libro del famoso giornalista M.T. L’appuntamento era vicino al bivio, dove c’è il Bar Ristorante Albergo La Marmotta (una vera bettola!). Come al solito sono arrivato in ritardo e non ho più trovato nessuno. Come mi era stato detto ho lasciato la macchina (la strada finisce!) e mi sono incamminato. Mezz’ora a piedi, al più tre quarti d’ora. Col cavolo! Era già trascorsa quasi un’ora e della piccola frazione non c’era la minima traccia. Con tutti i posti comodi che ci sono in città, mi dicevo mentre ansimavo su per la maledetta salita, è mai possibile scegliere un posto così sperduto? Il tempo passava e io ero sempre più stanco, i piedi mi dolevano (i leggeri mocassini di pelle non erano stati una buona scelta) e cominciavo ad avere sete e soprattutto fame. Tra l’altro il sole stava tramontando. A un certo punto ho incrociata un sentiero e visto un’indicazione: malga. Non sapevo cosa fosse ma ho pensato che fosse il nome di un bar. Bene, mi sono detto, caro M.T vai a fare in culo tu e il tuo libro, io mi vado a bere una birra fresca perché sono davvero stremato. Sarà per un’altra volta, magari al mare. Cammina e cammina il bar però non l’ho trovato, ed era quasi buio. Allora mi sono spaventato. Così, di colpo. Allora ho estratto il cellulare con l’intenzione di chiedere aiuto (anche se mi vergognavo un po’). Accidenti, non c’era campo! Ero ormai disperato quando ho sentito il suono di una campanella. Subito dopo sono stato circondato da un manipolo di capre. Quando una loro (forse era un maschio) stava tentando di incornarmi prendendo delle brevi rincorse è apparso un uomo male in arnese. Vestito male, sporco e puzzolente. Sembrava un barbone. Tuttavia non ci ho fatto caso più di tanto quando ho scoperto che parlava la mia lingua. Gli ho esposto la mia sciagurata situazione. Lui ha guardato ben bene le mie scarpe, poi la mia pancia, quindi ha puntato il bastone in una direzione e mi ha fatto segno di camminare. Lui mi è venuto dietro, sempre con il legno proteso, tanto che avevo paura che mi sganciasse botte sulla schiena come faceva a volte con le capre. Attraverso una ripida scorciatoia l’energumeno quasi muto mi ha riaccompagnato in paese in meno di mezz’ora. Era già completamente buio, al bar ristorante albergo stavano già organizzando una spedizione di soccorso. Ho fatto il mio trionfale ingresso in piazza attorniato dalle capre. Cammin facendo il becco era pure riuscito a rifilarmi una cornata nel culo, il vigliacco. Ecco, adesso se volete potete pure ridere.”

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