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martedì 28 luglio 2015

ALLA SALUTE!



È ormai sera ma fa ancora molto caldo. Sul soffitto del locale è appeso un ventilatore a pale che, stanco, rimescola senza alcuna efficacia l’aria spessa e torbida.
Anselmo porge all’oste il bicchiere vuoto, la stessa cosa fa il suo compare Bruno.
“L’ultimo e poi ce ne andiamo” dice Anselmo.
“Sicuro” ribadisce l’amico.
L’oste posa la scopa e prende i bicchieri. Li riempie e li restituisce appoggiandoli sul bancone.
“Speriamo che sia davvero l’ultimo che io devo chiudere” dice, poi riprende a spazzare il pavimento.
Anselmo alza il bicchiere.
“Alla salute!”
“Eh! La salute!” dice Bruno prima di ingollare una robusta sorsata di vino.
Anselmo si acciglia. Non beve e posa il bicchiere.
“Che cosa vorresti dire?” domanda.
“Voglio dire che noi siamo qui a brindare alla salute. Ma la salute oggi c’è e domani chissà, questo voglio dire.”
“E allora?”
“E allora significa che oggi ci siamo e domani non si sa” dice Bruno.
“Che ti è preso? Hai la ciucca triste?”
“A parte il fatto che ciucco non lo sono affatto, mi chiedevo se tu non pensi mai a come sarà dopo.”
“Aspetta, che cosa vuoi dire? Ti riferisci a quando avremo tirato le cuoia?”
“In un certo senso sì. Tu non hai mai paura di morire?”
“Aspetta”. Anselmo svuota il bicchiere tutto d’un fiato.
“La vuoi sapere tutta?” prosegue. “Certo che ho paura di morire, ma non più di tanto. In realtà non ci penso quasi mai, e quando lo faccio mi rendo conto che ho soprattutto paura di soffrire per morire.”
“Già, è così anche per me, tuttavia la mia vera paura è un’altra. Cribbio, quando ci penso prima di dormire non c’è verso di prendere sonno.”
“Addirittura. Che sarà mai?”
“Ehi! La volete smettere di fare questi discorsi? Perché non parlate di pelo o di calcio, come fanno tutti?” dice l’oste, immobile, appoggiato alla scopa. “E poi io devo chiudere, mia moglie mi aspetta.”
“E lasciala aspettare. A quest’ora starà già russando.”
“Che ne sai tu che russa?”
“Tutte le donne russano.”
“Come fai a essere così sicuro?”
“Insomma, tua moglie russa o no?” domanda Bruno, rivolto all’oste.
“Be’, qualche volta. Cioè, spesso.”
“Visto? Ascolta, riempici i bicchieri un’ultima volta, poi ce ne andiamo.”
“Eh! L’ultimo, per voi è sempre l’ultimo ma non ve ne andate mai. E in più state qui a fare ‘sti discorsi che portano solo sfiga. Mi tocca grattarmi i gingilli, ecco cosa mi tocca fare.”
L’oste torna dietro il bancone e versa il vino.
“Bruno, allora?”
“Allora cosa?”
“Si può sapere qual è questa tua grande paura?”
“Tu non pensi mai a cosa può esserci dopo che sei schiattato?”
“Inferno, Paradiso, quelle robe lì?”
“Non ci credo a quelle robe lì, lo sai.”
“Quindi? La tua paura è che non ci sia nulla?”
“Niente affatto, la mia paura è che ci sia qualcosa, qualcosa che noi non riusciamo neppure a immaginare.”
“Sacramento! Hai ragione! Questo è davvero spaventoso. Meglio non pensarci. Bruno, ci facciamo l’ultimo?”
“Sì, l’ultimo e poi ce ne andiamo.”

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