È ormai sera ma fa
ancora molto caldo. Sul soffitto del locale è appeso un ventilatore a pale che,
stanco, rimescola senza alcuna efficacia l’aria spessa e torbida.
Anselmo porge all’oste
il bicchiere vuoto, la stessa cosa fa il suo compare Bruno.
“L’ultimo e poi ce ne
andiamo” dice Anselmo.
“Sicuro” ribadisce l’amico.
L’oste posa la scopa e
prende i bicchieri. Li riempie e li restituisce appoggiandoli sul bancone.
“Speriamo che sia
davvero l’ultimo che io devo chiudere” dice, poi riprende a spazzare il
pavimento.
Anselmo alza il
bicchiere.
“Alla salute!”
“Eh! La salute!” dice
Bruno prima di ingollare una robusta sorsata di vino.
Anselmo si acciglia.
Non beve e posa il bicchiere.
“Che cosa vorresti
dire?” domanda.
“Voglio dire che noi
siamo qui a brindare alla salute. Ma la salute oggi c’è e domani chissà, questo
voglio dire.”
“E allora?”
“E allora significa che
oggi ci siamo e domani non si sa” dice Bruno.
“Che ti è preso? Hai la
ciucca triste?”
“A parte il fatto che
ciucco non lo sono affatto, mi chiedevo se tu non pensi mai a come sarà dopo.”
“Aspetta, che cosa vuoi
dire? Ti riferisci a quando avremo tirato le cuoia?”
“In un certo senso sì.
Tu non hai mai paura di morire?”
“Aspetta”. Anselmo
svuota il bicchiere tutto d’un fiato.
“La vuoi sapere tutta?”
prosegue. “Certo che ho paura di morire, ma non più di tanto. In realtà non ci
penso quasi mai, e quando lo faccio mi rendo conto che ho soprattutto paura di
soffrire per morire.”
“Già, è così anche per
me, tuttavia la mia vera paura è un’altra. Cribbio, quando ci penso prima di
dormire non c’è verso di prendere sonno.”
“Addirittura. Che sarà
mai?”
“Ehi! La volete smettere
di fare questi discorsi? Perché non parlate di pelo o di calcio, come fanno
tutti?” dice l’oste, immobile, appoggiato alla scopa. “E poi io devo chiudere,
mia moglie mi aspetta.”
“E lasciala aspettare.
A quest’ora starà già russando.”
“Che ne sai tu che
russa?”
“Tutte le donne
russano.”
“Come fai a essere così
sicuro?”
“Insomma, tua moglie russa o no?” domanda Bruno, rivolto all’oste.
“Be’, qualche volta.
Cioè, spesso.”
“Visto? Ascolta,
riempici i bicchieri un’ultima volta, poi ce ne andiamo.”
“Eh! L’ultimo, per voi
è sempre l’ultimo ma non ve ne andate mai. E in più state qui a fare ‘sti discorsi
che portano solo sfiga. Mi tocca grattarmi i gingilli, ecco cosa mi tocca fare.”
L’oste torna dietro il
bancone e versa il vino.
“Bruno, allora?”
“Allora cosa?”
“Si può sapere qual è
questa tua grande paura?”
“Tu non pensi mai a
cosa può esserci dopo che sei schiattato?”
“Inferno, Paradiso,
quelle robe lì?”
“Non ci credo a quelle
robe lì, lo sai.”
“Quindi? La tua paura è
che non ci sia nulla?”
“Niente affatto, la mia
paura è che ci sia qualcosa, qualcosa che noi non riusciamo neppure a
immaginare.”
“Sacramento! Hai
ragione! Questo è davvero spaventoso. Meglio non pensarci. Bruno, ci facciamo l’ultimo?”
“Sì, l’ultimo e poi ce
ne andiamo.”
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