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martedì 25 febbraio 2025

ME STESSO E IL TEMPO


Avversari? No, di avversari non ne ho più. Ormai ho soltanto nemici. E i miei unici nemici sono due: me stesso e il tempo. Di me stesso mi sono infine stufato. Sempre uguale, sempre prevedibile, entità insignificante che continua a ripetere le stesse cose. Ho già fatto tutto quel che potevo fare, mi dice, che cosa pretendi ancora da me? Qualcosa in più, anche di piccolo, uno scatto, una reazione ultima. E invece niente. Che cosa vuoi da me, dice quasi disperato. Guardami, lo sai bene come sono ridotto, aggiunge sempre più afflitto. Ti giuro, ho dato tutto, a volte mi sono quasi sorpreso di me, sono addirittura andato oltre i miei limiti, quei limiti imposti dal mio corpo fragile e dalla mia mente debole. Che cosa vuoi ancora? Liquido me stesso con un cenno. Di lui mi sono ormai seccato. Che vada pure al diavolo.

La questione del tempo, invece, mi assilla. Mi tormenta fino a farmi stare male. Mi sforzo di capire ma non ci riesco. Eppure, si dice, il tempo è la cosa più semplice che esista. Ricordo quando si attendeva, con ansia, con trepidazione, che qualcosa accadesse. Che un avvenimento trovasse finalmente compimento. Ma quando arriva Natale? Ma quando arrivano le vacanze? Ma quando arriva il mio compleanno?  Adesso vorrei che non accadesse mai nulla. Vorrei che le giornate fossero ininfluenti ma che, allo stesso tempo, trascorressero lentamente. Che non ci fosse nulla da ricordare, nessuna memoria da aggiungere al peso di quelle già esistenti. Un fatuo e lento fluire.  Se la concatenazione di fatti che accompagna le giornate non esistesse il tempo sarebbe beffato. Nel vuoto, nel nulla, il tempo non ha ragione di essere, di pesare. Invece tutto accade in fretta, in maniera quasi frenetica. Si annaspa, ma non è possibile aggrapparsi a nulla. Non rimane neppure il tempo di guardarsi indietro. Si deve per forza sempre guardare avanti, ma non c'è più niente a cui guardare.

Me stesso e il tempo, i miei due nemici. Chi dei due riuscirà a prevalere? Chi scriverà per primo la parola fine?

martedì 18 febbraio 2025

LA LEGGE SIAMO NOI

 

"Capo, ti vuole il questore".

Una smorfia di disappunto si disegnò sul volto dell'ispettore Baldi.

"Quando?"

"Subito".

"Uff..."

Baldi prese la giacca poi, mentre l'indossava, salì di un piano.

Entrò nell'ufficio del questore quasi senza bussare. Il dottor Mazza lo guardò di traverso.

"Siediti" disse.

"Scusa, ma avrei un po' di premura..." tentò di dire l'ispettore.

"Siediti!" ribadì il questore. Il suo tono di voce, adesso, non ammetteva repliche. Baldi ubbidì.

"Che cazzo avete fatto stanotte?" domandò Mazza, diretto, senza alcun preambolo.

"Uh?"

"L'arresto dei tre ragazzi".

"Ah, sì..." disse Baldi, ma poi non proseguì.

"Nulla da dire?" lo incalzò il superiore.

"Ha telefonato più di un cittadino. Quei tre si stavano producendo in schiamazzi intollerabili".

"Cioè?"

"Erano ubriachi. Urlavano, cantavano a squarciagola, si lanciavano per gioco lattine e bottiglie. La gente per bene, quella che il giorno dopo deve andare al lavoro, non può tollerare scene del genere. Siamo intervenuti e li abbiamo portati in centrale. Li abbiamo trattenuti".

"In che modo siete intervenuti?"

"Seguendo le solite procedure. Li abbiamo identificati, ammanettati e caricati sulle auto".

"Nient'altro?"

"Erano molto agitati. Li abbiamo un po' ammorbiditi".

"Li avete pestati?"

"Qualche scappellotto" disse l'ispettore. Gli scappò un sorrisetto.

"E poi? Che cosa è accaduto dopo?" domandò l'ispettore, serissimo.

"Li abbiamo interrogati".

"Interrogati? Perché? Che cosa avrebbero dovuto dire? La marca della birra che avevano bevuto?"

"Hai ragione. In realtà lo abbiamo fatto per spaventarli. Per evitare che in futuro reiterassero lo stesso comportamento".

"I pugni e i calci facevano parte del percorso rieducativo?" chiese Mazza.

"Quali pugni? Quali Calci?"

"Questi" disse il questore, esibendo un cellulare.

"Non capisco".

"Vieni a vedere questo video".

L'ispettore Baldi si alzò e si affiancò al questore. Quest'ultimo avviò un filmato. Due poliziotti stavano prendendo a ceffoni tre giovani in sala interrogatori. A un certo punto questi cadevano a terra, quasi nello stesso momento, e i due agenti proseguivano a infierire su di loro prendendoli a pedate su torace e schiena. In un angolo dell'ambiente si intravedeva l'ispettore Baldi a braccia conserte, lo sguardo compiaciuto.

"Come hai avuto il video?" domandò Baldi, che appariva un po' preoccupato.

Il questore non rispose.

"Te l'ha passato qualcuno dei miei?" chiese ancora l'ispettore.

"Non ha importanza" rispose l'altro.

Baldi annuì.

"Per quale ragione non avete informato subito il magistrato dell'arresto?" domandò ancora il questore.

"Non è trascorso troppo tempo, lo abbiamo comunicato nel corso della notte" si difese l'ispettore. "Il fatto è che il magistrato non ha risposto subito al telefono. Stava dormendo, e forse è duro d'orecchi..." aggiunse.

"Non voglio sapere altro. In ogni caso il dottor Borghi ha disposto l'immediata liberazione degli arrestati. Eseguite senza indugi".

"Ho capito, è sempre la solita storia. Noi ci facciamo il culo, e dopo poche ore i fringuelli tornano a riprendere il volo. Chissà dove andranno a fare casino la prossima notte..."

"Capisco la tua amarezza" disse Mazza. "Tuttavia è giusto ricordare che anche noi siamo sottoposti alla legge..." Si interruppe.

"Sottoposti, ma non troppo?" disse l'ispettore.

Il questore sollevò le spalle, poi fece il gesto di lavarsi le mani.

"Rilasciate subito quei ragazzi" disse. "Ma prima non fategli mancare un saluto da parte mia".

Baldi acconsentì soddisfatto. Già pregustava il divertimento.


mercoledì 12 febbraio 2025

CARAMELLE

Esci dal cancello di casa con grande risolutezza. Hai sette anni e ti comporti come un fuorilegge. Non hai altra scelta: la dipendenza che hai sviluppato deve essere soddisfatta. Percorri deciso l'unica via della tua piccola borgata diretto al giardino delle delizie. Affacciato alla finestra, il tuo amico Renato ti vede, ti fa un cenno.

"Vieni a giocare alle figurine?" ti invita.

Volti appena il capo.

"Non posso, devo fare una commissione urgente per mia mamma". Hai anche imparato a mentire.

"Ho delle bustine ancora da aprire" ti alletta Renato. Non rispondi e acceleri il passo.

È l'inizio dell'estate, non devi più fare i compiti. Pensi soltanto all'ombra sotto il platano. Alla comoda sedia a sdraio. Agli albi a fumetti che ti attendono, ieri tuo fratello ne ha scambiati una borsa colma con un suo amico.

Finalmente sei arrivato. Entri quasi di corsa nel minuscolo negozio di Carla, l'unico del borgo. Per fortuna non c'è nessuno. Il tuo sguardo si posa subito sulla serie di grossi vasi di vetro allineati sullo scaffale. Al loro interno, caramelle di tutte le fogge e di tutti i colori. Rimani incantato. La voce brusca di Carla ti riporta alla realtà.

"Che cosa devi comperare?" domanda, arrotando le erre. Tu indichi i vasi di caramelle.

Lei annuisce.

"Quali?" chiede. Punti il dito su quelle verdi al gusto di pino ricoperte di granelli di zucchero.

"Quanto?"

"Un etto" dici, fingendo indifferenza.

Carla esegue. Appoggia il vaso di vetro sul bancone, ne svita il coperchio di metallo brillante, poi appoggia un foglio di carta sul grande piatto della bilancia e versa le caramelle. Fa un po' di fatica, il vaso è pesante e Carla è anziana, ma riesce a completare l'operazione. Racchiude la carta e te la porge.

"Altro?" chiede. Fai finta di pensarci un po', poi scuoti la testa in segno di diniego.

"Hai i soldi o segno?" domanda la negoziante.

"Segna pure" dici. Pagherà tua mamma. Lo fa una volta al mese, e non controlla mai le cifre. Non si accorgerà di quel piccolo acquisto. Carla non farà la spia, è una che si fa gli affari propri.

Finalmente puoi uscire dal negozio, l'involto al sicuro nella tasca dei pantaloncini. I fumetti ti aspettano. Ne disporrai una pila accanto alla sdraio, e uno dopo l'altro li leggerai tutti. Una dopo l'altra succhierai anche tutte le caramelle, durante l'intero pomeriggio. Hai scoperto che è bello leggere e mangiare caramelle nello stesso tempo. Non ne puoi più fare a meno, anche se procurarsi i dolciumi è complicato. Oggi però ce l'hai fatta, vincendo tutti gli scrupoli, i prossimi giorni si vedrà. Quando arriverà ora di cenare avrai un po' di nausea, sarai disgustato da quelle caramelle, giurerai a te stesso che non ne mangerai mai più. Ma sai che lo rifarai.

 

 

 

lunedì 10 febbraio 2025

NUOVO ROMANZO - ESTRATTI (4)

 



UN TEMPO ORMAI LONTANO  -  Romanzo


"Prima di quel giorno non avevo notato più di tanto quel compagno, alto e allampanato, che sembrava indifferente a tutto e a tutti. Quando invece lo vidi correre mi sembrò bellissimo. Leggero e armonioso, sembrava volare su quel terreno accidentato. Staccò tutti, senza fare eccessiva fatica, e vinse. Andai a congratularmi con lui, aveva fatto onore alla nostra classe, e per la prima volta si accorse di me. Fu molto gentile, mi ringraziò".

 

 

Rosanna, da anni, è innamorata di me e non fa nulla per nasconderlo. Giuro, avrei preferito uno di quegli amori segreti, dove la donna si strugge per l'amato ma non ha mai il coraggio di manifestare l'ardente sentimento. L'oggetto del suo desiderio, in quel caso, non ha rotture di palle e se ne può stare in pace. Sono cinico? In realtà no. Anzi, mi spiace che la povera Rosanna nutra nei miei confronti attese destinate in ogni caso a rimanere inappagate.

 

 

Uscimmo, l'aria era piuttosto fresca, e ci dirigemmo al cinema. Prima di entrare, attendemmo che il film iniziasse. Su questo eravamo tutti e tre d'accordo: i film si dovevano vedere dall'inizio alla fine, anche se a quei tempi si poteva accedere in qualsiasi momento della proiezione. La sala era piuttosto affollata e fumosa, ma riuscimmo comunque a trovare posto su tre seggiole affiancate. Dopo un'ora e mezza, al termine del film, uscimmo con gli occhi che bruciavano. La cortina di fumo che avvolgeva la sala era in quel momento ancora più spessa.


 Il libro è reperibile, in formato cartaceo e digitale, su Amazon, nei principali store online (Mondadori, Feltrinelli, IBS, Hoepli, ecc...) e sul sito dell'editore Youcanprint

 


martedì 4 febbraio 2025

IL CACCIATORE DI TALPE

L'uomo avanza a fatica sul campo dissodato e spianato, pronto per essere seminato. Affonda, barcolla, ma continua ad andare avanti, claudicando. Non è più giovane, e soffre di una seria disabilità agli arti inferiori. I suoi piedi sono ruotati verso l'interno, lui si sforza di sollevarli, ma non sempre ci riesce e finisce per trascinarli. L'uomo suda e sbuffa, ma non demorde, si dirige risoluto verso un angolo del podere, dove un paio di giorni prima ha piazzato la trappola.

Le gambe dell'uomo non sono sempre state così malridotte. Un tempo erano sane e forti. Da giovane, quando sul finire della guerra è stato rastrellato dai fascisti e consegnato ai tedeschi, quando è stato deportato in un campo di lavoro in Germania, quando da quel luogo tremendo è riuscito ad andarsene dopo che i nazisti sono scappati,  quelle stesse gambe lo hanno riportato a casa. A piedi, dopo mesi di cammino, dopo aver attraversato mezza Europa.

Subito dopo il conflitto, ormai giovane uomo, è andato a lavorare in fabbrica. In quella fabbrica tossica che lo ha avvelenato e rovinato. Che gli ha distrutto le gambe. A quello che ormai era diventato un Grande Invalido, titolo che rivendica con amaro orgoglio, era stato dato per compassione un lavoro da uscire presso il municipio. Tutto il giorno seduto dietro a un tavolino in una buia anticamera, a dare informazioni inutili che nessuno ha mai avuto voglia di ascoltare. Poi finalmente la pensione. Da quel momento si è dedicato a quella che è diventata la sua unica occupazione, la sua ragione di vita, l'attività di cacciatore di talpe. È il migliore cacciatore del paese. Gli agricoltori si contendono i suoi servizi, non si fidano di nessun'altro. Lui esce al mattino con il vecchio motorino, visita tutti i poderi, sistema le sue trappole implacabili. Per le povere talpe non c'è scampo. Rientra soltanto la sera, dopo aver percorso tutto il giorno le stradine vicinali, un po' in sella al motorino, un po' a piedi aggrappato allo stesso per non cadere. 

L'uomo estrae la trappola. Anche stavolta ha fatto centro. La talpa è ormai morta. La prende, si avvicina con difficoltà a un piccolo albero, appende l'animale legandolo con una corda a un ramo basso. Poi se ne va, il suo lavoro è terminato. Domani passerà il contadino, conterà quanti corpi di talpa penzolano dalle fronde, e stabilirà il compenso per il cacciatore di talpe: cinque chili di grano o di granoturco per ogni bestia catturata.