Ci appostavamo sempre
all'interno della casa abbandonata. Quei ruderi erano pericolosi, i pavimenti
erano sconnessi e ricoperti di frammenti di vetro, tuttavia un paio di finestre
si aprivano sulla strada sterrata che conduceva alla cascina. Era il posto
ideale per osservare le sorelle senza essere visti.
Michela e Donata erano
da poco venute ad abitare nella borgata. Il loro padre era un ferroviere, il
suo lavoro comportava frequenti trasferimenti di sede. In famiglia c'era anche
un altro figlio, più piccolo rispetto alle ragazze. Quel moccioso non ci
interessava.
Io e il mio amico Marco
ci eravamo innamorati subito delle sorelle. Loro erano un po' più grandi di
noi. Michela aveva un anno in più, Donata due.
Ogni giorno, alle
cinque in punto, ben nascosti, aspettavamo il passaggio delle sorelle. Andavano
alla cascina a prendere il latte. Non capitava mai che mancasse una delle due.
O erano presenti entrambe oppure, con nostra grande delusione, quella
commissione quotidiana era svolta dalla madre.
Marco aveva scelto
Michela, io Donata, non dopo qualche discussione.
Le due sorelle erano,
tra loro, completamente diverse. Michela era bruna. Aveva lunghi e folti
capelli neri, lunghi fin sulle spalle, la figura formosa. Donata invece era più
chiara di carnagione, i capelli quasi biondi portati abbastanza corti, il naso
più affilato rispetto alla sorella, e la corporatura più snella.
Quel pomeriggio, era
estate, le vedemmo arrivare puntuali. Indossavano entrambe un abito a fiori, di
colori diversi, leggero e corto. Ammirammo le loro gambe, più tornite quelle di
Michela, affusolate quelle di Donata, scurite dal sole. Le lasciammo sfilare,
contemplando con entusiasmo le loro sinuose figure viste da dietro. Osservai
Marco: era a bocca spalancata. Io pure.
"Quando tornano
indietro dobbiamo fare qualcosa" disse il mio amico.
"Che cosa?"
domandai, un po' sorpreso. Fino a quel momento non avevamo mai parlato di
agire.
"Non lo so, potremmo
spaventarle" disse.
"In che
modo?" chiesi.
"Facendo rumore,
senza però farci vedere".
"Sei matto? E se
si prendono paura sul serio? Se fanno cadere il latte?"
Marco si strinse nelle
spalle e non disse più nulla. Toccava a me fare una proposta.
"Potremmo uscire
prima del loro ritorno e fingere di incontrarle per caso" dissi.
"No!" esclamò
Marco. "Non sono in ordine. Ho i pantaloni impolverati" aggiunse.
Sembrava terrorizzato.
"Potremmo dire
loro qualcosa" dissi.
"Intendi davvero
parlare con loro?" chiese il mio amico.
"Ci possiamo
provare" dissi.
"Per dire che
cosa?"
"Non lo so"
risposi.
"E se lo facessimo
domani? Così ci viene in mente qualcosa da dire" disse Marco.
"Hai ragione. Lo
faremo domani" risposi, sollevato.
"Adesso però
mettiamoci giù e stiamo zitti. Michela e Donata stanno tornando" disse
Marco, che aveva ripreso colore.