"Sì, d'accordo. La
ringrazio molto. Va bene, ci sentiamo presto. Buonasera".
L'uomo chiuse la
chiamata, poi crollò su una poltrona. Il suo viso color caffelatte era
sbiancato. I baffi ormai ingrigiti tuttavia fremevano di eccitazione.
"Papà, che hai? Ti
senti male?" domandò la figlia, con tono apprensivo.
Lui sorrise.
"Mai stato così
bene, figlia mia".
Lei si avvicinò e gli
porse un bicchiere d'acqua.
"Chi era al
telefono?"
"Il
Presidente" rispose l'uomo.
"Dos Santos?"
domandò la figlia.
"Ma no! Era il presidente
del comitato olimpico".
"Ah! E che cosa
voleva da te? Per caso ti vogliono invitare alla cerimonia di inaugurazione?
Sarebbe ora che si ricordassero di te, con tutto ciò che hai fatto per
loro".
"No, si tratta di
qualcosa di meglio, di molto meglio".
"Vale a
dire?"
"Vogliono che
faccia il tedoforo".
"E chi è il
tedoforo? Quello che porta la fiaccola?"
"Esatto. I
tedofori però sono tanti, ma soltanto uno è quello importante, l'unico che sarà
ricordato: l'ultimo".
"Quello che
accende il braciere?" domandò ancora la donna, titubante.
"Brava, figlia
mia! Proprio quello!"
"Sono contenta per
te, papà".
Il viso del vecchio si
rabbuiò all'improvviso.
"Che c'è, papà?
Qualche problema?"
"In effetti sì.
Vedi, non lo hanno chiesto soltanto a me, ma anche ad altri due. Insomma, non
hanno ancora scelto. Lo faranno entro qualche giorno".
"E chi sarebbero
gli altri due?"
L'uomo fece un gesto
con il braccio, come per scacciare un insetto molesto.
"Si tratta di due
mezze calzette" rispose infine.
"Li conosco?"
"Penso di no. Uno
era un nuotatore, ma ora è diventato più grosso di un barile. Non credo che
farebbe fare bella figura al nostro paese". Dicendo ciò, l'uomo ridacchiò
tra sé. "L'altra è una donna" riprese. "Una ex cavallerizza, ma
non sceglieranno mai una donna, te lo assicuro io".
"Perché?"
domandò la figlia, un po' indispettita.
L'uomo rifece il gesto
di prima e liquidò in quel modo, senza dare alcuna spiegazione, quella che per
lui era un'ipotesi del tutto irrealistica.
"Vedrai, alla fine
preferiranno me. Ne sono sicuro".
"Non illuderti
troppo, però. Non vorrei che tu rimanessi deluso".
"Stai remando
contro tuo padre?" domandò l'anziano, irritato.
"Ma no, papà. Sai
quanto tengo a te" rispose la figlia.
"Tu eri appena
nata e io ero già una delle persone più importanti del nostro paese. Per meriti
sportivi!"
Il vecchio, tutto
sommato, aveva ragione.
David Luiz Antonio Da
Silva, quasi quarant'anni prima, aveva vinto il titolo olimpico nel salto
triplo. E il suo trionfo era stato suggellato dal nuovo record del mondo. Un
primato che era rimasto imbattuto a lungo. Dopo la sua strepitosa vittoria, Da
Silva era stato considerato un eroe nazionale. Per qualche tempo si era persino
parlato di lui come del probabile nuovo ministro dello sport. Alla fine non se
ne era fatto nulla. Poi la sua carriera sportiva era giunta all'inevitabile
epilogo. Il suo reinserimento nella vita normale era stato difficile. Non era
mai riuscito a trovare una collocazione che gli fosse congeniale. Gli affari,
quei pochi che aveva tentato di intraprendere, erano andati tutti male. Poco
alla volta si era ritrovato dimenticato e in miseria. Alla fine qualcuno nelle
alte sfere si era ricordato di lui, e gli era stato concesso un piccolo
vitalizio, appena sufficiente per vivere. Quando sua figlia aveva divorziato
era andato a vivere con lei, anche perché non riusciva più a pagare l'affitto
per un appartamento tutto suo.
"Papà, ma come
farai a correre? Sai, la tua gamba rigida..."
L'anziano si riscosse
dal torpore in cui era precipitato. Gli accadeva spesso.
"Che dici, figlia?
Quale gamba rigida? La mia gamba è soltanto un po' pigra".
Lei scosse il capo, poi
sorrise. Quanto voleva bene a quel vecchio testone!
(Continua)
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