domenica 28 novembre 2021
LA SANZIONE (seconda e ultima parte)
domenica 21 novembre 2021
LA SANZIONE (parte prima)
domenica 7 novembre 2021
IL MAESTRO
venerdì 17 settembre 2021
TIRI IN PORTA
sabato 19 giugno 2021
QUEL CHE NON SARO'
Preferisco andare a
sbattere contro il palo piuttosto che essere assorbito da quel didietro, due
glutei duri come il marmo. Preferisco volare in cielo piuttosto che cozzare su
quel grosso stinco rivestito di plastica. La mia vita è breve, e al termine non
c'è mai gloria. Nessuno si ricorda di me e della mia esistenza. Che non dura
attimi, ma centimetri. Posso essere sontuoso, perfetto, impeccabile, ma sempre
senza esito. Posso illudere, perché prometto molto e non mantengo mai. Vorrei
ma non riesco. Mi spengo con un tonfo secco, soffocato, subito esaurito e
consumato. Non sempre, però, la superficie che impatto è consistente. A volte
incontro cedevoli sofficità nelle quali affondo con piacere, o solide protuberanze
che mi diverto a frantumare, o ancora zone estremamente delicate che metto a serio
rischio di sopravvivenza. Spesso costringo all'emissione incontrollata di urla
grida gemiti lamenti. Si tratta tuttavia di ben misere soddisfazioni. Il mio
appagamento, si sa, sarebbe un altro. Un compimento che però non giunge mai,
una contentezza che è soltanto nei miei sogni. Chi sono? Vi state chiedendo chi
sono? Non lo avete ancora capito? Ma sono io! Io, il Tiro ribattuto respinto
ricacciato. Sono quello che appena nasce muore.
lunedì 31 maggio 2021
NON ERA BELLA
Non era bella. No, non
era per niente bella. Sarà stato per via del naso che spiccava troppo in quel
piccolo ovale, come un timone che sporge dalla poppa di una barchetta. Oppure
quei capelli castano chiaro - nulla a che vedere con una pur vaga
rassomiglianza al biondo - e così sottili, sottili come le labbra esangui. Gli
occhi, al contrario, erano molto belli. Grandi, blu, e contornati da ciglia di
lunghezza smisurata.
Lei non si vestiva, si
infagottava. Non tanto alta di statura, sarebbe stato più appropriato indossare
abiti corti, invece si imbacuccava dentro a vestiti senza forma che celavano le curve del suo corpo, vestiti dalle tonalità scure, lunghi fin sotto le ginocchia, stampati con fiorellini dal sapore triste e autunnale. E poi ai piedi portava sempre gli
stessi scarponcini, e quelle calze spesse di colore nero oppure grigio o ancora
rosso scuro.
Eppure non fu per quel
suo aspetto dimesso e tutt'altro che attraente (l'ho detto che non usava
trucco?). E neanche perché non aveva gusto e si vestiva da schifo.
Fu per quel che le
chiesi e per quello che mi rispose. E fu perché la mia fidanzata mi aveva
appena mollato. Lei sì che era davvero bella, alta e bionda. E sempre perfetta
ed elegante.
Fu soprattutto perché
mi sentivo solo.
E allora mi feci
coraggio e glielo chiesi. Le domandai di salire da me.
Per fare che cosa,
disse lei, imbarazzata.
Non lo so, sali e poi,
se vuoi, puoi rimanere.
Sempre? disse lei.
Per adesso sì, poi si
vedrà, dissi.
Subito non posso, ma
più tardi verrò.
Sul serio?
Sì.
E poi se ne andò a fare
delle commissioni. Almeno, fu ciò che disse.
E da allora non l'ho
più rivista. Anche se era brutta, non è più tornata e non l'ho più incontrata.
Come sono strane le
donne.
sabato 17 aprile 2021
WILD HONEY
Due amici. Una serata
come tante.
"Centoventi anni
in due!" esclama Giorgio all'improvviso. "Chi lo direbbe?" Poi
beve.
"Tutti, lo
direbbero!" risponde Ennio. "Guarda, siamo due catorci!" Poi
beve pure lui.
"Su una cosa però
siamo d'accordo, vero?"
"Certo!"
"Basta
donne!" intonano quasi all'unisono i due. Poi risate.
"A proposito di
donne... Ennio, raccontami quella della partita..."
"È roba vecchia e
preferisco non farlo..."
"Ciò che riguarda
noi è tutta roba vecchia! Però quella volta sei stato davvero forte: una donna,
una bellissima donna, ti telefona e ti dice che ti sta aspettando, già a letto
e con indosso una sottoveste trasparente. E tu che fai? Tu le dici che stai
guardando la partita, non una partita qualunque, ma la finale della Coppa dei Campioni,
e che sarai da lei appena l'arbitro avrà fischiato la fine. Lei riattacca. Sfiga
vuole che la partita va ai supplementari e poi ai rigori, allora ti rassegni e
non provi neppure a richiamarla. Nessun rimpianto? Lo rifaresti?"
"La cosa che mi
fece davvero incazzare è che la mia squadra perse. Ai rigori".
"Invece non mi
ricordo più quella della canzone... Com'era?" incalza Giorgio.
Ennio sospira. Beve due
sorsi di grappa e poi inizia a raccontare.
"L'avevo
conosciuta sul lavoro. Era uno schianto. Forse non era un'intellettuale,
tuttavia era una brava ragazza e, soprattutto, aveva un corpo magnifico. Tra
noi era nata una simpatia, era evidente, ma nessuno dei due aveva il coraggio
di fare il primo passo. All'epoca io ero sposato, mentre lei era reduce da una
brutta storia con un fidanzato manesco. Un giorno mi disse che aveva comprato
un disco. Mi stupii. Lei non era una grande appassionata di musica. Aggiunse
che era un disco di un gruppo che le avevo detto di amare molto, gli U2. Mi
fece piacere e le dissi, mentendo, che quello era un bell'album, che era appena
uscito e che lo avrebbe di sicuro apprezzato. Appena uscito dall'ufficio andai
a comprarlo anch'io. Corsi a casa e lo ascoltai un paio di volte. Non mi
piacque molto, era di livello inferiore a molti altri dischi di quella band,
tuttavia una canzone, una soltanto, mi colpì. Sono passati tanti anni, non mi
ricordo più il titolo del disco, mentre mi ricordo molto bene il titolo di
quella canzone: Wild Honey. Quella
sera cenammo presto, perché mia moglie doveva uscire con un'amica, andavano a
teatro. Appena lei se ne fu andata rimisi il disco nel lettore, e cercai quell'unica
canzone che mi era piaciuta. La ascoltai un paio di volte, poi mi versai da
bere. Poi la rimisi, e inserii la funzione di ripetizione del brano. Ripresi a
bere. Ascoltavo la canzone e bevevo. Ogni tanto uscivo sul balcone, era estate,
faceva caldo, poi mi riempivo di nuovo il bicchiere. Wid Honey! Era lei, era lei Wild
Honey! La mia mente era sempre più ottenebrata dall'alcol. In uno scorcio
di lucidità afferrai il telefono e mandai un messaggio. A lei! A quella che, di
minuto in minuto, era sempre più la mia Wild
Honey! La canzone, nel frattempo, si ripeteva all'infinito. Ebbi un ultimo
barlume di coscienza. Guardai sul telefono se lei mi avesse risposto. Niente. Deluso,
con le lacrime agli occhi, approfittai per cancellare il mio messaggio. Mia
moglie aveva la tendenza a essere curiosa, e ciò che avevo scritto, sotto
dettatura dell'alcol, avrebbe potuto essere molto compromettente.
Poi crollai di botto, e
mi appisolai sul divano. Dopo un po' sentii qualcuno che mi scrollava con violenza.
Si trattava di mia moglie, che era tornata. Disse con tono concitato che aveva
trovato lo stereo acceso a tutto volume, mentre io ero addormentato sul sofà
con il telefono ancora in mano. Disse soprattutto, con voce sempre più esagitata,
che mi dava un'ora di tempo per fare i bagagli e sparire per sempre dalla sua
vista e dalla sua vita. Ero ancora un po' ubriaco, quindi credo fu per quella
ragione che mi misi a ridere, anche se c'era ben poco da ridere, la situazione
era tragica. Mi ero messo a ridere perché avevo pensato che se mia moglie si stava
comportando in quel modo era perché alla fine la mia adorata Wild Honey aveva finalmente risposto, e
il suo messaggio, che naturalmente mia moglie aveva letto, era stato di sicuro una vera bomba!
"Su, facciamoci
ancora un giro" propone Giorgio.
"Alla salute"
dice Ennio alzando il bicchiere. "E basta donne!"
sabato 10 aprile 2021
INGRATITUDINE
Un anno fa. Cuba invia
squadre di medici in Italia, a Torino e a Crema, per aiutare i sanitari italiani
nella lotta contro il coronavirus. I medici cubani si dimostrano competenti ed
efficienti, e quando all'inizio dell'estate fanno ritorno al loro paese sono
salutati dalla popolazione con riconoscenza, una gratitudine contrapposta all'assordante
silenzio delle autorità istituzionali.
Oggi. L'Italia vota,
presso il Consiglio dei diritti umani dell'ONU, contro una risoluzione di
condanna degli embarghi unilaterali e del loro impatto sui diritti umani dei
paesi che li subiscono, tra i quali c'è Cuba. Anche Francia e Germania, come
altri paesi europei, sono allineate alle politiche sanzionatorie degli Stati
Uniti.
L'embargo contro Cuba
ha origini che si fa fatica a ricordare. Nasce all'indomani della rivoluzione
castrista e ha motivazioni esclusivamente politiche.
Va bene, manteniamo
all'infinito le sanzioni nei confronti dell'isola caraibica, tuttavia si inizino
ad applicare analoghe misure o che si esprima con forza la stessa condanna nei
confronti anche di altri paesi. A cominciare dalla Turchia, dittatura
teocratica camuffata malamente da democrazia, responsabile di non concedere una
sedia a Ursula von der Leyen ma soprattutto di mille quotidiane nefandezze ben
più gravi, per proseguire con l'Egitto, che ha massacrato il nostro ricercatore
Giulio Regeni e che continua a nascondere la verità, per non parlare del
trattamento riservato a Patrick Zaki e a tutti gli oppositori politici. E che
dire dell'Arabia Saudita, paese dove non esiste il minimo rispetto dei diritti
umani omaggiata e riverita da ex presidenti del consiglio italiani, e della
Russia dell'autocrate Putin?
Oltretutto, Turchia,
Egitto e Arabia Saudita i medici per combattere l'epidemia in Italia mica li
avevano inviati... La Russia invece sì, aveva mandato degli esperti di
logistica, ma è molto probabile che fossero spie...
lunedì 5 aprile 2021
MEDAGLIA!
La domanda è una sola, sempre quella, la stessa domanda
che milioni di italiani si stanno ponendo.
È legata alla pandemia,
certo, riguarda soprattutto la campagna vaccinale, ma non soltanto.
Si tratta, inutile
negarlo, non solo delle vaccinazioni, e del rispetto delle roboanti promesse,
trecentomila al giorno, cinquecentomila al giorno, tutti vaccinati in un
giorno, chi offre di più? Per arrivare a simili ambiziosi traguardi occorre soprattutto
cambiare passo, è necessario indispensabile imprescindibile un passo diverso,
un passo più deciso, più marziale.
Bisogna far capire alle
case farmaceutiche che il Colosseo e la Fontana di Trevi non possono essere
venduti a più acquirenti, anzi, che proprio non sono in vendita. Per ottenere
ciò si devono battere i pugni, pugni guantati, si deve minacciare il ricorso
alle leggi di guerra, alla corte marziale.
È tempo di porre fine all'improvvisazione
dei civili, al loro agitarsi inconcludente, alla paurosa disorganizzazione
tipica di chi inquadrato non è, di chi non ha praticato l'arte della logistica
militare.
Uno, dieci, cento,
mille centri di somministrazione. Un milione, se serve.
Però, alla fine, la
domanda è sempre quella, ed è una sola, la stessa che si fanno tutti gli
italiani.
Riuscirà, alla fine del
suo difficile cimento, il generalissimo penna nera Francesco Paolo Figliuolo a
ottenere l'ennesima medaglia?
Ci auguriamo tutti di
sì.
Sarebbe una medaglia molto
meritata.
sabato 13 marzo 2021
TORNARE
"No! Non voglio vedere tutti quei vecchi!"
Che cosa stai dicendo? Vecchi?
Ma guarda che tu sei uno di loro. E, se proprio la vogliamo dire tutta, la
maggior parte di loro, dei tuoi amici di un tempo, non ci sono più, perché sono
morti.
E comunque, perché
questo timore? Hai forse paura di ritrovarli troppo cambiati, di non
riconoscerli?
"Non li voglio
vedere perché sono brutti. Li voglio ricordare con la pelle del viso liscia e
rosea, i capelli scompigliati, il moccio al naso".
E le case, che cosa mi
dici delle case? Anche loro non sono più le stesse.
"Ti sbagli, sono sempre
le stesse, e sono belle. È vero, qualcuna di loro è un po' cambiata, perché è
stata rimessa a nuovo, ma tutte sono state migliorate, le riconosco lo stesso".
Mi sembrano finte,
troppo colorate, troppo vistose, come donne maldestre che hanno esagerato con
il trucco. Ti lasci ingannare facilmente, proprio come succede ai vecchi.
"Ci sono sempre i
cani che passeggiano per il borgo. Lo so che non sono gli stessi di una volta,
quelli che mi rincorrevano quando passavo con la bicicletta, ma saranno i loro
figli, i loro nipoti e pronipoti, perché il loro aspetto è sempre uguale".
Sono i cani dei
contadini, gli unici davvero liberi, perché di loro non importa a nessuno, e
quella è la loro fortuna. Gli altri cani, quelli che vivono nelle villette,
sono i più sfortunati, perché sono imprigionati nei piccoli cortili, qualcuno
di loro è alla catena, adesso come allora.
"Mi illudo che il
selciato sia sempre lo stesso, quello che ho calpestato tante volte da bambino,
insieme ai miei amichetti, con il pallone tra le mani, o la fionda o l'arco
costruito dai fratelli maggiori, quella striscia lunga con ai lati la teoria
delle case piene di vita".
Hai perso la memoria,
vecchio. Adesso per terra c'è l'asfalto, ed è tutto rovinato, pieno di buche.
Quando invece c'era la ghiaia, quella che spesso ti faceva cadere dalla
bicicletta, le stesse buche venivano rattoppate dai cantonieri con zolle di
terra rovesciate, e poi ci pensavano la pioggia e il tempo a livellare il piano
della strada.
"Sembra tutto
uguale, ma forse è tutto diverso".
Vattene, vecchio.
Vattene da questo piccolo borgo che ormai non è più tuo anche se qui ci sei
nato. Vattene lontano da questo grumo di case e non tornare mai più.
Non farti uccidere dai
ricordi.
domenica 21 febbraio 2021
LUOGHI COMUNI SULLA PANDEMIA
In sicurezza
Dobbiamo riaprire tutto
e subito, l'importante è farlo in sicurezza. Quante volte, durante l'ultimo
anno, abbiamo sentito questa espressione. Una affermazione di una stupidità
colossale, oltre che ingannevole. Falsa perché nasconde la verità, e suscita
illusorie sicurezze. Quando c'è di mezzo un virus molto contagioso, la
sicurezza non può esistere. Al più, si può parlare di precauzioni che
permettono di ridurre il rischio. Siamo onesti, per favore.
Convivere con il virus
Dopo questa fase, dopo
le chiusure, deve iniziare il periodo di convivenza con il virus. Altra
affermazione poco intelligente. Con il virus non si può convivere più di tanto,
anche perché il suo scopo non è quello di convivere con noi, ma quello di
replicarsi il più possibile, di infettarci tutti. Insomma, o lui o noi. Non c'è
altra scelta. Non è possibile dividere la nostra esistenza con la sua. Il virus
è un nemico che deve essere fermato bloccato annientato.
Salute ed economia
È meglio morire di
Covid che morire di fame. Può essere, tuttavia i fatti dicono che sono state
vittime del Covid più di novantacinquemila persone. È vero che tante persone
sono in difficoltà a causa delle ripercussioni economiche della pandemia, ma è
altrettanto vero che finora nessuna di loro è morta di fame. Le persone più in
difficoltà, oltretutto, sono quelle che già lo erano prima della pandemia. Il
dualismo tra salute e economia non ha senso. Si tratta di aspetti
complementari, se non c'è uno non può esserci l'altro, e viceversa.
Italiani brava gente
Gli italiani sono stati
davvero bravi. Si sono comportati con grande senso di responsabilità, hanno
collaborato, sono stati un modello al quale anche gli altri paesi si sono
ispirati. Questa è la narrazione corrente. Tutte balle. Gli italiani si sono
comportati bene soltanto all'inizio della pandemia (due mesi scarsi?). E lo
hanno fatto perché avevano paura di un qualcosa di completamente sconosciuto, della
malattia, avevano paura delle sanzioni, perché le tasche sono pur sempre le
tasche. Il senso di responsabilità è scemato in fretta, sono subentrate presto
l'indisciplina e l'insofferenza per il rispetto delle regole che
contraddistinguono il nostro popolo, un popolo di buffoni, scarsamente dotato
di senso civico, ma privo del tutto anche del più elementare buon senso. Salvo poche eccezioni, naturalmente.
sabato 13 febbraio 2021
I TRE GOVERNI DI DRAGHI
Il governo Draghi è
finalmente nato.
Si tratta di un governo
tecnico o politico? I governi tecnici, naturalmente, non esistono, poiché tutti
i governi che ottengono la fiducia da un Parlamento democraticamente eletto
sono politici. Al più, può esserci un governo con la presenza di tecnici al suo
interno.
È questo il caso del
governo Draghi. Anzi, dei tre governi Draghi.
Perché tre? Perché
questo nuovo esecutivo è strutturato su tre livelli.
Il primo livello,
quello posto più in basso, quello ludico e bizzarro, è composto da Nani e
Ballerine di craxiana memoria. Una sorta di Bad
Government, un gruppo di ministri e pseudo-ministri ai quali il Presidente
del Consiglio sembra dire: "Avete i Ministeri, siete stati accontentati, adesso
giocateci pure ma non disturbate troppo perché noi abbiamo da fare".
Esiste poi un secondo
livello, medio, composto da personaggi più capaci e, soprattutto, più
presentabili. A questi Mario Draghi si rivolge in questo modo: "Voi non
siete del tutto da buttare, avete delle piccole potenzialità, ma dovete
impegnarvi a fondo, dovete studiare. Osservate senza interferire troppo, e cercate
di imparare qualcosa. Ciò che apprenderete potrebbe essere utile, in futuro, a
voi, ai vostri miserabili partiti, al Paese".
Infine c'è l'ultimo
livello, quello posto più in alto, lo strato più elevato, formato dai più
bravi, forse dai migliori, da chi dovrà davvero lavorare, scegliere, decidere.
Da chi dovrà governare, salvare il Paese per l'ennesima volta. Riusciranno
questi sapienti a portare a compimento l'ardua impresa? Non lo sappiamo, mentre
invece ben sappiamo che la politica degli attuali partiti ha subito una
bruciante sconfitta. I partiti stanno male, e di conseguenza anche la nostra
democrazia non se la passa troppo bene.
domenica 7 febbraio 2021
ESSERI UMANI
"Il vecchio si sveglia.
Lentamente si mette a sedere poi appoggia a terra prima un piede quindi
l'altro. Piano, con estrema calma, perché una vertigine provocata da uno sbalzo
di pressione è sempre in agguato, e un giramento di testa improvviso potrebbe causare
una caduta dalle rovinose conseguenze. Il vecchio finalmente si alza in piedi,
infila le fruste ciabatte di cuoio marrone e inizia a muoversi. Dapprima i suoi
piedi scivolano sul pavimento, poi le sue ginocchia si sollevano di quel poco
da consentire dei passi brevi ma più sicuri. Ginocchia che scricchiolano e
crocchiano, muscoli, o quel che ne rimane, indolenziti e pesti, schiena rigida
e spalle dolenti. L'evidente disfacimento del corpo non rappresenta comunque
l'unica complicazione per quest'uomo anziano, ormai ai confini dell'esistenza,
quest'uomo che chiameremo per convenienza Pietro. Perché quest'uomo, Pietro
abbiamo detto, ogni volta che al mattino apre gli occhi ha paura. Lui tuttavia
non ne è del tutto consapevole. Non lo è poiché tale suo quotidiano
sbigottimento vitale è ormai del tutto connaturato con il suo essere, circonda
avvolge penetra possiede il suo fragile involucro e la sua mente stanca, ne
determina i pensieri e le azioni.
Gemendo e sbuffando,
perché rimettersi in moto è sempre una scommessa, Pietro raggiunge la minuscola
cucina. È presto, sono soltanto le sette, ma ciò è normale perché i vecchi
dormono poco, il loro sonno è agitato tormentato interrotto, in ogni caso sua
moglie è già in piedi da almeno un'ora impegnata a sfaccendare a pulire a
cercare di essere utile a dimostrare di essere viva. La donna, in vestaglia
pesante perché l'appartamento è ancora freddo, le ciocche bianche disordinate e
bisognose di spazzola, osserva per un attimo la caffettiera sul fuoco poi
scuote il capo afferra uno straccio lo passa sulla già lucida superficie del
lavello afferra un barattolo lo posa su una mensola strofina le mani artritiche
sui fianchi si dirige di nuovo ai fornelli annuisce al caffè che brontola e
spegne il fuoco."
domenica 31 gennaio 2021
I GIUSTI
Ogni giorno, al risveglio, il suo primo pensiero è
sempre lo stesso: la fine del mondo. L'uomo, dopo avere aperto gli occhi, si
domanda mattino dopo mattino perché l'umanità, a dispetto della sua natura
corrotta e malvagia, continui a esistere. La risposta è sempre la stessa: il
merito è dei giusti, una esigua minoranza di esseri illuminati i quali, con i
loro piccoli e in apparenza insignificanti atti quotidiani, rallentano e
impediscono la folle corsa del genere umano verso l'autodistruzione.
L'uomo si alza e apre la finestra. Osserva le persone
che camminano per la strada, si chiede se fra loro ci sia qualche giusto. Forse
sì, oppure no. Loro sono così pochi. Non ne hai mai incontrato uno, oppure non
è stato in grado di riconoscerlo.
L'uomo si avvia in bagno e, mentre si rade, guarda la
propria immagine riflessa nello specchio. Il volto che vede, stanco e
sofferente, con gli occhi ancora gonfi di sonno, è quello di un giusto? Non sa
rispondere con esattezza, ma pensa di no.
Poi afferra la borsa ed esce per andare al lavoro.
Durante il tragitto verso l'ufficio si ferma in un bar per fare colazione. Le
persone che lo circondano sembrano tutte avere fretta. Ognuna di loro non bada
agli altri. Tutti guardano senza vedere, concentrati soltanto sui propri impegni,
chiusi nel proprio egoismo, prigionieri della loro indifferenza. No, tra
di loro non c'è nessun giusto, ne è sicuro.
Quando l'uomo arriva in ufficio si sente già stanco. L'umanità, da un po' di tempo, lo affatica. Si domanda se tra i suoi colleghi di lavoro possa esserci qualche giusto. Frequenta quegli uomini e quelle donne da tanto tempo, ne conosce i pregi e soprattutto i difetti. Nessuno di loro si distingue per bontà o generosità o per qualche altra rimarchevole qualità. In apparenza, comunque, sembrano essere tutti brave persone. Invece, appena offre loro la schiena, l'uomo viene pugnalato senza pietà. Nessuno di loro è un giusto. E neppure lo è il suo capo, un uomo che pensa soltanto a se stesso, al suo gretto tornaconto, che non perde occasione di umiliare i suoi collaboratori, di sopraffarli, di farli sentire inadeguati.
La giornata di lavoro trascorre lenta, vuota e triste. Finalmente giunge l'ora di scappare da quella prigione, la pena è sospesa fino all'indomani.
L'uomo si ritrova di nuovo per strada, tra la gente
che cammina intorno a lui, fredda e distaccata. Cerca di incrociare gli sguardi
delle persone, di cogliere in quella moltitudine di occhi indizi di amabilità,
scintille di nobiltà umana, schegge di integrità. Invano. Rassegnato e
sconfortato, l'uomo si dirige mesto verso casa. Un altro giorno è trascorso, un
altro giorno inutile. Non ha incontrato nessun giusto. Si augura che non siano
tutti scomparsi, che qualcuno di loro esista ancora, e che continui ad agire
per il bene dell'umanità. In caso contrario, la fine del mondo sarà prossima e
inevitabile.