É quasi mezzogiorno
quando bussano alla porta del mio ufficio.
"Avanti!".
Entra Pamela, una
collega dell'ufficio acquisti. Regge tra le mani una tazza di tè. Con Pamela ci
conosciamo da quasi vent'anni, da quando siamo stati assunti in questa grande
azienda. Non ci vediamo spesso, tuttavia il nostro rapporto di amicizia ha retto
nel tempo. A volte scambiamo qualche parola al telefono oppure ci incontriamo
di persona, per caso, negli immensi corridoi dell'azienda. Non ci siamo mai
frequentati fuori dall'orario di lavoro, anche perché entrambi siamo sposati.
Rimango un po' sorpreso,
dal momento che sarà la seconda o terza volta che Pamela entra nel mio ufficio.
E ancora di più mi stupisce il fatto che mi abbia portato un tè all'ora di
pranzo.
"Grazie Pamela.
Appoggia pure sulla scrivania" dico.
"Attento, è
bollente" dice lei. Poi mi guarda, accenna un sorriso, gira attorno alla
scrivania e si avvicina a me. Io rimango seduto.
"Come va?"
domando. "É un po' che non ci vediamo" dico, un po' in imbarazzo per
quello starno comportamento.
"Potrebbe andare
meglio" risponde lei.
"Qualche problema
di lavoro?"
"Non me ne
parlare".
"Si tratta di
Tommaso?" chiedo.
"Ci puoi
giurare".
Tommaso è il suo capo.
Lui in azienda è un mio pari grado, e lo conosco bene: avanzando di età diventa
sempre più stronzo.
"Si comporta
male?" chiedo ancora.
"Si comporta da
stronzo quale è" risponde Pamela. Su questo non avevo dubbi.
"E il
progetto?" domando. Mi riferisco a un importante progetto di
riorganizzazione delle rete degli acquisti in cui è da tempo impegnata la mia
collega.
"Va abbastanza
bene" dice lei, distratta. Poi si avvicina ancora di più a me. É vestita
con leggings neri e una camicetta lunga. Penso che proprio ieri ho letto un
articolo in cui si parlava della bruttezza dei leggins e della loro presunta
immoralità, poiché rivelano troppo le forme femminili. Da parte mia non li
considero né brutti né immorali; la bellezza o la bruttezza non sono altro che
l'espressione del senso estetico soggettivo mentre nessuno può permettersi
giudizi in materia di moralità. Ma torniamo a Pamela, che ormai si è avvicinata
a me talmente tanto che la sua coscia sfiora il mio ginocchio. La mia collega è
una ragazza graziosa, dai lineamenti del viso molto sottili e con una figura
interessante. In ogni caso l'ho sempre considerata troppo magra, e la sua
presenza non mi ha mai provocato turbamenti fisici di alcun tipo. Stavolta è
diverso.
"E tu come te la
passi?" mi chiede passandosi la lingua sulle labbra. Non riesco a
rispondere. Lei ormai preme la sua coscia contro il mio ginocchio. Subito dopo
struscia entrambe le cosce contro il mio ginocchio! Più volte! La pressione
delle sue gambe su di me aumenta, mi sembra quasi di sentire la sua pelle
attraverso il tessuto sottile. Chiudo gli occhi.
"Adesso deve
andare" dice lei all'improvviso. "Mi raccomando, fatti sentire"
aggiunge, prima di uscire. Di lei rimangono una sottile fragranza, inquinata
dalla puzza del mio sudore, e una tazza di tè.
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