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domenica 7 aprile 2019

TE' DI MEZZOGIORNO




É quasi mezzogiorno quando bussano alla porta del mio ufficio.
"Avanti!".
Entra Pamela, una collega dell'ufficio acquisti. Regge tra le mani una tazza di tè. Con Pamela ci conosciamo da quasi vent'anni, da quando siamo stati assunti in questa grande azienda. Non ci vediamo spesso, tuttavia il nostro rapporto di amicizia ha retto nel tempo. A volte scambiamo qualche parola al telefono oppure ci incontriamo di persona, per caso, negli immensi corridoi dell'azienda. Non ci siamo mai frequentati fuori dall'orario di lavoro, anche perché entrambi siamo sposati.
Rimango un po' sorpreso, dal momento che sarà la seconda o terza volta che Pamela entra nel mio ufficio. E ancora di più mi stupisce il fatto che mi abbia portato un tè all'ora di pranzo.
"Grazie Pamela. Appoggia pure sulla scrivania" dico.
"Attento, è bollente" dice lei. Poi mi guarda, accenna un sorriso, gira attorno alla scrivania e si avvicina a me. Io rimango seduto.
"Come va?" domando. "É un po' che non ci vediamo" dico, un po' in imbarazzo per quello starno comportamento.
"Potrebbe andare meglio" risponde lei.
"Qualche problema di lavoro?"
"Non me ne parlare".
"Si tratta di Tommaso?" chiedo.
"Ci puoi giurare".
Tommaso è il suo capo. Lui in azienda è un mio pari grado, e lo conosco bene: avanzando di età diventa sempre più stronzo.
"Si comporta male?" chiedo ancora.
"Si comporta da stronzo quale è" risponde Pamela. Su questo non avevo dubbi.
"E il progetto?" domando. Mi riferisco a un importante progetto di riorganizzazione delle rete degli acquisti in cui è da tempo impegnata la mia collega.
"Va abbastanza bene" dice lei, distratta. Poi si avvicina ancora di più a me. É vestita con leggings neri e una camicetta lunga. Penso che proprio ieri ho letto un articolo in cui si parlava della bruttezza dei leggins e della loro presunta immoralità, poiché rivelano troppo le forme femminili. Da parte mia non li considero né brutti né immorali; la bellezza o la bruttezza non sono altro che l'espressione del senso estetico soggettivo mentre nessuno può permettersi giudizi in materia di moralità. Ma torniamo a Pamela, che ormai si è avvicinata a me talmente tanto che la sua coscia sfiora il mio ginocchio. La mia collega è una ragazza graziosa, dai lineamenti del viso molto sottili e con una figura interessante. In ogni caso l'ho sempre considerata troppo magra, e la sua presenza non mi ha mai provocato turbamenti fisici di alcun tipo. Stavolta è diverso.
"E tu come te la passi?" mi chiede passandosi la lingua sulle labbra. Non riesco a rispondere. Lei ormai preme la sua coscia contro il mio ginocchio. Subito dopo struscia entrambe le cosce contro il mio ginocchio! Più volte! La pressione delle sue gambe su di me aumenta, mi sembra quasi di sentire la sua pelle attraverso il tessuto sottile. Chiudo gli occhi.
"Adesso deve andare" dice lei all'improvviso. "Mi raccomando, fatti sentire" aggiunge, prima di uscire. Di lei rimangono una sottile fragranza, inquinata dalla puzza del mio sudore, e una tazza di tè.


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