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domenica 23 ottobre 2016

ALLO ZOO

La madre e il piccolo si recarono allo zoo. Appena oltrepassato il cancello, si resero conto che stava per iniziare una visita guidata.
"Sbrighiamoci" disse lei. "Sarà interessante ascoltare le spiegazioni".
Si affrettarono e si unirono al folto gruppo di visitatori.
La guida li condusse di fronte a un recinto, poi si fermò. Indicò loro uno strano animale. Il suo pelo era bruno-grigiastro sporco, maculato, aveva quattro zampe e un muso mostruoso, ghignante.
I piccoli, un po' spaventati, indietreggiarono.
"Non abbiate paura" disse la guida. "Si tratta di una bestia molto mansueta. Naturalmente è stata sottoposta al trattamento e tutta la ferocia che c'era in lei è scomparsa. State fermi, altrimenti potrebbe impaurirsi, e osservatela con attenzione. Non siamo riusciti a cambiare le sue abitudini alimentari un po' disgustose, e non ci abbiamo provato più di tanto, poiché temevamo di snaturarla troppo. Questo animale, chiamato iena, si ciba di carogne".
Si levarono dei gridolini eccitati, sia da parte dei piccoli che delle loro mamme.
"Venite, proseguiamo" li invitò la guida.
Il gruppo giunse di fronte a un altro recinto, più vasto rispetto al precedente. Al suo interno erano presenti alcuni esemplari di un grossi animali, anch'essi quadrupedi. Uno di loro si avvicinò ai visitatori e leccò la rete metallica. Anche questa volta i piccoli indietreggiarono allarmati. La guida sorrise e in tal modo li tranquillizzò. La bestia era davvero enorme. Aveva il pelo raso e una lunga coda alla cui estremità c'era un ciuffo di peli. Nulla in confronto all'ammasso di crini che gli circondavano il collo possente. Nella sua bocca si intravedevano delle temibili zanne dalla lunghezza smisurate.
"Questo è un leone" illustrò la guida. I piccoli erano rimasti a bocca aperta.
"In questo caso i risultati del trattamento sono stati strepitosi. Queste bestie sono diventate così docili che, se non fosse per la loro stazza, potrebbero vivere con noi, nelle nostre abitazioni, come animali da compagnia. In loro non è rimasta la minima traccia di ferocia. Guardate gli occhi di questo esemplare, osservate quanto siano colmi di bontà".
A fatica la guida riuscì a staccare i piccoli e i loro accompagnatori dal recinto dei leoni. Li condusse davanti a un altro spazio. La recinzione, in questo, era composta da sbarre dallo spessore impressionante e molto alte. All'interno della cinta c'era una piccola casetta.
"Dove sono gli animali?" domandò un piccolo.
"Questa è la zona degli umani" rispose la guida. "È difficile riuscire a scorgerli. Loro non amano i visitatori e preferiscono non farsi vedere. Escono dalla loro tana soprattutto di notte, quando il giardino zoologico è chiuso. Quelle bestie, in ogni caso, sono molto pericolose. Il nostro zoo ne ospita una coppia. Nel loro caso il trattamento ha funzionato solo in parte. Siamo riusciti a privare loro della enorme ferocia che le contraddistingueva, ma non ci siamo resi conto che..."
"Possiamo assistere al loro pasto?" domandò il solito piccolo un po' sfrontato, che si stava annoiando non potendo vedere quegli animali. La guida scosse il capo
"No. Queste bestie provvedono da sole a prepararsi i pasti, noi forniamo loro soltanto la materia prima. Pasti che consumano sempre all'interno della loro tana".
Il piccolo annuì, deluso.
Proprio in quel momento un guardiano accorse verso il gruppo di visitatori, gridando.
"Attenzione! Spostatevi! Raggiungete subito una zona sicura".
"Che cosa è successo?" domandò la guida. C'era apprensione nella sua voce.
"Sono scappati! Gli umani sono scappati, dovete allontanarvi subito".
Le madri strinsero i piccoli ai loro corpi poi, tutti insieme, si diressero verso la direzione dello zoo.
Il direttore guidava personalmente l'evacuazione dei visitatori. Sembrava molto preoccupato e teso.
"Uscite! Uscite!" urlava affannato.
Dopo pochi minuti fu raggiunto da alcuni giornalisti che, chissà come, erano già venuti a conoscenza di quel grave accadimento. Fu così costretto a rispondere alle loro domande.
"Com'è potuta accadere una cosa del genere?" chiesero quasi in coro.
"Non lo sappiamo ancora" rispose il direttore. "Le misure di sicurezza erano massime. In ogni caso non dovete preoccuparvi, quelle bestie non possono andare lontano, le cattureremo presto".
"Sono davvero così pericolosi?"
Il direttore annuì, serio.
"Purtroppo sì" si limitò a rispondere, grattandosi con un artiglio ricurvo la piccola proboscide purpurea.
"É vero che per loro il trattamento non ha funzionato?" domandò un altro giornalista.
"È vero soltanto in parte. Siamo riusciti a estirpare da loro tutta l'incredibile ferocia che possedevano, ma non abbiamo fatto i conti con un altro aspetto della loro complessa personalità. Il fatto è che sono diversi da tutti gli altri animali".
"Si spieghi meglio, i lettori devono sapere" lo aggredì un cronista.
"Quelle bestie non sono solo feroci, sono soprattutto crudeli, e contro la loro malvagità non abbiamo potuto fare nulla".
Dal nutrito gruppo di giornalisti si levò un mormorio di stupore e di sbigottimento.

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