Powered By Blogger

domenica 6 marzo 2016

IL CANNIBALE


Dura la vita da scapolo. Giorno dopo giorno si cerca di protrarre il più possibile l'ora di uscita dal lavoro, dove si è in piacevole compagnia, dopodiché si vagabonda a vuoto attraverso la città per almeno un paio di ore, tanto che si esaurisce la voglia di andare in qualche supermercato allo scopo di raccattare a casaccio cibo spazzatura destinato a occupare in maniera triste i ripiani del frigorifero, luogo freddo e desolato.
Adesso sono quasi le otto di sera, ho una fame tremenda, dunque non mi rimane che recarmi dal mio amico Oreste, il gestore dell'omonimo bar-trattoria. Un epilogo scontato, ormai abituale, delle mie giornate.
Il locale è rumoroso, pieno di gente, caotico, ammorbato da odore di cibo. Mi avvicino al bancone dietro al quale Oreste dirige la sua dissonante orchestra.
"È rimasto un posticino per me?" gli domando.
Lui mi guarda preoccupato, poi dà un'occhiata verso i tavoli, sempre più corrucciato.
"È pieno zeppo" dice. "Non sei capitato in un bel momento".
"Merda, ma io ho fame!" mi lamento con tono infantile.
Oreste mi zittisce con un gesto.
"Aspetta, potresti chiedere a quel signore che sta cenando da solo se è disposto a ospitarti al suo tavolo".
"Chi è?"
"Oh, è uno di quelli" dice il mio amico, abbassando la voce.
"Un omosessuale?"
"Ma no! È un mangiatore d'erba".
"Un vegetariano? Un vegano?" domando, curioso.
"Non chiedere a me, di quelle cose non capisco nulla. So soltanto che non mangia né carne né pesce né uova né formaggio. Mi limito a servirgli roba verde e lui sembra soddisfatto. Non ho mai capito se mangia le patate oppure no e non ho mai avuto il coraggio di chiedere".
"Credo le mangi, e pure le carote" inizio a dire quando intravedo Marzia, la giovane cuoca di Oreste, che sbuca dall'inferno della cucina. Il suo viso, sebbene sudato e congestionato, è grazioso come sempre. La ragazza si sporge dal bancone e mi stampa un bacio in fronte. Poi appoggia le mani ai fianchi.
"Allora, che cosa ti preparo?" chiede.
Sorrido.
"Il solito: una bistecca enorme, spessa tre dita e cotta al sangue, con una montagna di patatine fritte".
Lei annuisce, allunga la linguetta maliziosa e sparisce in cucina, di corsa.
Mi reco al tavolo indicato da Oreste.
"Buonasera" dico. "Mi ospiterebbe al suo tavolo? Sa, il locale è pieno e..."
L'uomo smette di masticare, posa la forchetta e mi guarda. Avrà cinquant'anni, i tratti del viso affilati, i capelli radi e già grigi, una barbetta a punta della stesso colore. Sembra una capra.
"Volentieri" dice con voce sottile e dal timbro metallico. "È sempre piacevole mangiare in compagnia".
Lo ringrazio.
"Le devo dire una cosa" aggiungo. "Io non sono vegetariano, o vegano, spero quindi non le dia fastidio se..."
Mi zittisce con un cenno.
"Non ho nessun problema" dice. Rincuorato, mi siedo.
"Lei è molto tollerante" dico.
"Perché?" chiede lui inforcando delle foglie di insalata.
"Di solito chi non mangia carne assume posizioni integraliste, stigmatizza i comportamenti diversi dai suoi, tenta di insinuare negli altri sensi di colpa, oppure cerca di fare proseliti".
"Non è il mio caso" dice, attaccando un enorme piatto di spinaci. "Mi limito a non cibarmi di alcuna specie animale, le altre persone sono libere di fare quel che meglio credono".
Annuisco compiaciuto. Il cameriere, trafelato, mi porta il piatto. Dalla mia bistecca si spande un profumo invitante. Per me. Sbircio un po' allarmato il mio commensale: è impassibile. Taglio la spessa fetta di carne a metà, vedo minuscole gocce di sangue che trasudano dalla polpa, giudico la cottura perfetta. Brava Marzia. Porto alla bocca un grosso pezzo di carne, mastico estasiato. E poi le patatine, fritte nel grasso, e una lunga sorsata di birra ghiacciata.
"È da tanti anni che non mangia carne?" domando al mio compagno di tavolo dopo aver inghiottito il boccone.
"Sì, tanti" risponde lui rimanendo con la forchetta a mezz'aria, colma di zucchine.
"Quindi non si ricorda più com'é il sapore".
"No, non me lo ricordo più".
"E dunque non si ricorda nemmeno più se un tempo le piaceva" aggiungo.
Lui smette di masticare, posa forchetta e coltello con un gesto brusco e mi pianta gli occhi addosso.
"Certo che mi piaceva" dice alzando un po' la voce. "E mi piace tutt'ora! Non ho mai detto che non mi piace la carne! Ho detto soltanto che non mangio carne di alcuna specie animale!"
Alcuni avventori si girano a guardare. Mi sento un po' in imbarazzo.
"Io amo la carne umana!" prosegue faccia di capra, sempre più infervorato. "La adoro! Il fatto è che non la posso mangiare. No, non la posso mangiare, purtroppo. È proibito, dicono". Poi rivolge il suo sguardo a un piattino colmo di cetrioli, ne infilza uno con rabbia e lo porta alla bocca.
Colto da nausea improvvisa, mi alzo e scappo di corsa verso la toilette.


Nessun commento:

Posta un commento