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domenica 13 novembre 2011

FINE



È finita, finalmente è finita.
Ieri, con l’ultimo formale atto delle dimissioni, ha avuto fine la parabola politica di Silvio Berlusconi.
Abbiamo visto, in serata, la rappresentazione di un uomo finito, distrutto, umiliato ma colmo di astio e rancore.
Sono sfilate davanti a noi le immagini di una folla plaudente, gioiosa. In linea di principio sarebbe esecrabile infierire sui vinti, mortificarli. In ogni caso le manifestazioni di tripudio cui abbiamo assistito sono state diverse rispetto a quelle che hanno caratterizzato  l’epilogo di un’altra stagione tormentata e controversa della nostra storia, quella conclusa vent’anni fa da Bettino Craxi. Allora a prevalere era stata soprattutto la rabbia, accompagnata da una violenza a stento trattenuta. Stavolta il predominio è spettato alla felicità e alla contentezza.
In fondo, il motivo della caduta è rimasto lo stesso della famosa “discesa in campo”. Vale a dire il desiderio, da parte del Cavaliere, di tutelare se stesso e le sue aziende. Una sorta di beffardo contrappasso. Il permanere dell’enorme conflitto di interessi, mai risolto, ha determinato la risoluzione di una spregiudicata avventura politica durata troppo a lungo. Se all’epoca Berlusconi, entrando in politica, era riuscito a risolvere i problemi legati all’eccessivo indebitamento delle proprie aziende, ora è stato costretto ad arrendersi per impedire che il suo impero crollasse. Si è reso conto, all’improvviso, di non essere più nella condizione di poter tutelare le sue attività, che rischiavano di essere travolte insieme all’intero sistema economico del Paese. Questo è stato il vero punto di svolta. A Berlusconi non è mai importato nulla dell’Italia, e tantomeno del suo partito – semplice strumento operativo - che non ha esitato a sacrificare in favore dei soliti interessi personali. Fino all’ultimo ha cercato di stabilire condizioni, di non far apparire una sconfitta come una disfatta personale. Ma ormai non era più in grado di imporre nulla e la resa è stata totale.
La fine politica dell’uomo tuttavia non significa automaticamente la conclusione della distorta ideologia che ha accompagnato la sua azione. Il berlusconismo è penetrato in profondità nell’animo e nei sentimenti di una gran parte del popolo e continuerà a produrre i suoi nefasti effetti ancora per molto tempo, attraversando addirittura le generazioni, come già ha fatto. La ricostruzione dell’Italia dovrà essere totale, partendo per l’ennesima volta dalle fondamenta. E l’esito finale è, al momento, assai incerto. Bisognerà procedere a piccoli passi, ed eventuali ricadute saranno sempre possibili. La parte rimasta sana del Paese dovrà vigilare senza sosta e non abbassare mai la guardia.
Il nostro, purtroppo, è un popolo ben strano.



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