Il pranzo domenicale era stato un po' troppo abbondante. E forse avevo pure
esagerato con il vino. Avevo bisogno di un pisolino ristoratore e quindi andai
in camera. Il sole picchiava impietoso contro le persiane chiuse.
Mi stesi sul letto, il corpo finalmente disteso dopo la libagione, e chiusi
gli occhi, pronto a lasciarmi cullare dal silenzio di quel pomeriggio festivo.
Tutta apparenza. Un vocio insistente, monotono, che proveniva dalla strada, si
insinuava con fastidio dalla finestra. Un brusio continuo che mi impediva di incontrare il sonno.
Incuriosito ma soprattutto irritato, mi alzai a malincuore, scostai la
tenda e sbirciai dalla finestra. Sotto, nel piccolo bar all'angolo, un ragazzo
e una ragazza sedevano a un tavolino all'aperto. Era lui a parlare, sempre e
solo lui, un fiume di parole senza interruzione, un torrente verbale che non
accennava a placarsi. La sua voce sgradevole, dal timbro metallico, riempiva
l'aria con un borbottio costante. Lei lo ascoltava, o almeno così sembrava, con
un'espressione che oscillava tra la rassegnazione e la vaga perplessità.
Sospirai, irritato, quindi mi ritirai di nuovo sul letto, cercando di
ignorare quel fastidioso sottofondo sonoro. Nonostante il disturbo, dopo un po'
il sonno finì per avvolgermi.
Quando mi svegliai, quasi un'ora dopo, la situazione non era cambiata. La
stessa voce, identica nel tono e nell'intensità, proseguiva il suo incessante
monologo. La mia irritazione, a quel punto, crebbe a dismisura. Non ne potevo proprio
più.
Senza pensarci troppo, infilai le scarpe, ancora con i capelli arruffati e
la maglietta stropicciata, scossi la testa per cercare di scacciare la sonnolenza
residua e scesi in strada.
Mi avvicinai al loro tavolino, il sangue che mi pulsava nelle tempie. Mi
rivolsi alla ragazza e, con un tono che nemmeno io sapevo di possedere,
sbottai.
"Signorina, se questo è il suo fidanzato, le consiglierei di lasciare
perdere. Troppe parole".
Calò un silenzio improvviso. La ragazza, con mia sorpresa, non si scompose.
Mi guardò con un'espressione seria, quasi pensierosa, prima di parlare.
"Grazie, signore. In effetti qualche dubbio ce l'avevo, lei me li ha
chiariti del tutto" disse con calma, poi accennò un piccolo sorriso, come
se un grosso peso le fosse stato tolto dalle spalle.
Il ragazzo invece continuava a fissarmi, a bocca aperta. Una bocca
spalancata dalla quale, finalmente, non usciva più alcun suono.

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