Un affollato bar
di paese, odore di vino e birra e tante chiacchiere che riempiono l'aria. È una
serata come tante altre, con amici che si ritrovano per condividere storie e risate,
per ubriacarsi e scordare le tribolazioni quotidiane. Tra loro ci sono Giorgio,
Tonio e Saturnino, seduti con altri attorno a un tavolo di legno consumato dal
tempo. Gli sghignazzi si mescolano al rumore dei bicchieri che si scontrano,
mentre l'oste si affanna a servire i clienti. Dopo avere bevuto parecchio,
l'atmosfera si fa più intima e i tre amici decidono di rivelare i loro timori
più profondi. Giorgio, con un sorriso nervoso, è il primo a cominciare.
"La mia
paura più grande? Che mia moglie scopra che vado a puttane. Quella mi porta in
tribunale!"
Tonio scoppia a
ridere, lo prende in giro.
"Ma dai,
Giorgio! Altro che puttane! Lo sappiamo che vai sempre dalla stessa, da
vent'anni! Secondo me tua moglie lo sa eccome, ma sta ben zitta! Almeno se ne
può stare tranquilla!"
Il divertimento
contagioso si diffonde tra i presenti, anche se non sembra toccare più di tanto
Tonio che, con un'espressione seria, interviene.
"La mia
paura? Volete sapere qual è la mia paura? Quella di essere seppellito vivo! Ho
già dato istruzioni per essere cremato e per spargere le ceneri in cento posti
diversi. Non si sa mai..." Saturnino, fino a quel momento silenzioso, interviene
con tono grave. Tutti tacciono di colpo.
"Il mio
terrore è quello di finire impagliato" dice in fretta.
Un silenzio un
po' imbarazzato scende sul tavolo, subito seguito da una risata collettiva.
"Ehi,
Saturnino, hai paura di diventare uno spaventapasseri?" dice qualcuno, ma
lui non ride affatto e continua a bere, lo sguardo fisso nel vuoto. Poi si
cambia discorso, si comincia a parlare di sport, e la serata prosegue.
Qualche giorno
dopo, Saturnino esce di casa con la sua doppietta accompagnato dal fedele
segugio Flok. Il bosco lo accoglie con il suo silenzio, e lui si sente a casa.
Mentre cammina tra gli alberi, incontra una figura strana: un uomo robusto, che
indossa una specie di mantello e con il viso in parte coperto. Saturnino quasi
si spaventa. Quel tizio sembra un brigante! Anche Flok è guardingo, emette un
ringhio sommesso. L'uomo si avvicina, alza un braccio, sembra amichevole.
"Buongiorno,
anch'io sono un cacciatore," dice con voce bassa e roca, ma Saturnino nota
che non ha con sé né fucile né cane. All'improvviso l'uomo estrae dalla tasca un corto tubo
luccicante e glielo punta contro . Un calore intenso pervade il corpo di Saturnino,
l'abbaiare di Flok si trasforma in uggiolio lamentoso. Poi tutto diventa buio.
Un lontano pianeta, un ambiente cavernoso ma raffinato ed elegante. Un maschio alieno termina il suo pasto, mentre la femmina lo invita a spostarsi in un'altra stanza.
"Devo pulire" dice, con tono
autoritario. "Guarda che sono stufa di togliere la polvere a quei due animali
impagliati. Sembra addirittura che diffondano cattivo odore, forse sono stati
imbottiti male".
Il maschio alieno sbuffa, non ne può
più di quella storia, ma non può fare a meno di difendere i suoi trofei.
"Non è vero! Il lavoro è stato
fatto a regola d'arte!"
La femmina tuttavia insiste, e alla
fine lui, esasperato, accetta di liberarsene, ma chiede di poter almeno tenere,
tra i due, l'animale più piccolo. Quello più grazioso, con il pelo lungo, quello
che gli è sempre piaciuto di più. Dopo un momento di riflessione lei
acconsente, a patto che lui prometta di non andare mai più a caccia in quel
remoto e schifoso pianeta.


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