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martedì 11 marzo 2025

ANNI SESSANTA

"Per prima cosa dovete dare il benvenuto ai vostri due nuovi compagni" dice la maestra, indicando Salvatore e un altro ragazzo, un tipo alto e grosso, con i capelli rasati e la pelle bianco latte.

"Giuseppe viene dalla montagna, e purtroppo deve ripetere la terza perché l'anno scorso è stato respinto. Speriamo che quest'anno si impegni di più".

Il ragazzone abbassa gli occhi e arrossisce violentemente.

"Salvatore invece arriva da più lontano" riprende l'insegnante. "Dalla Calabria, vero? Forza, prendi la bacchetta e fai vedere ai tuoi compagni, sulla cartina, dove si trova la sua regione".

Salvatore è assalito dal panico. Giù al paese, nella sua vecchia e povera scuola, cartine non ce n'erano. Lui sa di essere calabrese, ma non ha la minima idea di dove si trovi quella regione. Cerca comunque di dominarsi, esce dal banco, si dirige verso la cattedra e impugna la lunga bacchetta di legno. Si avvicina alla carta geografica dell'Italia che è appesa al muro. Sente tutti gli occhi dei compagni fissi sulla sua nuca. E poi ha un'illuminazione. Il mare, pensa. Vicino al suo paese c'è il mare. Allora guarda con attenzione la carta, ma subito lo sconforto lo paralizza. Il mare è dappertutto. La sua Calabria può essere ovunque! Non riesce neppure a distinguere i nomi che pure sono presenti in abbondanza su quella stampa colorata. L'ansia aumenta sempre di più, la vista si offusca.

"Forza, sbrigati!" lo incita la maestra.

Salvatore accosta, quasi con violenza, il bastoncino in un punto qualsiasi della cartina, quasi rischia di strapparla. Lo appoggia tra la terra e il mare, e subito sente le risate, che diventano sempre più intense.

"Quella è la Campania!" lo rimprovera l'insegnante. "Possibile che tu non sappia neppure dove sei nato? Vattene a posto!"

Un ragazzino, seduto all'ultimo banco, non riesce a smettere di ridere. Il suo volto è congestionato, gli occhi lacrimano. La maestra lo scruta accigliata. Poi si alza e si dirige a passo veloce verso il fondo dell'aula. Si accosta all'alunno e lo afferra con rabbia per un orecchio. Lo costringe ad alzarsi. Lui urla per il dolore, i suoi occhi continuano a versare lacrime che adesso non sono più di divertimento ma di sofferenza e umiliazione.


martedì 4 marzo 2025

DON GIOVANNI

Don Giovanni è scomparso. Da ieri nessuno lo ha più visto. Questa mattina, quando io e le mie amiche siamo entrate in chiesa per la messa delle sette, era tutto buio. Perché non ha avvisato? Abbiamo suonato il campanello della canonica ma non c'è stata risposta. Sempre più allarmate, siamo andate, quasi in processione, dal ragionier Airoldi, il responsabile parrocchiale. Siamo state ricevute dalla moglie, che era ancora in vestaglia anche se erano già le sette e mezza. Airoldi stava facendo colazione. È stato gentile, ci ha assicurato che si sarebbe occupato lui della questione. Avrebbe fatto alcune indagini e, se necessario, sentito la Curia. Ce ne siamo andate, orfane della messa, e siamo tornate alle nostre case vuote, a sbrigare le solite noiose faccende da zitelle.

Don Giovanni è con noi da qualche anno. È un bravo prete, abbastanza giovane e dinamico. Per la nostra parrocchia si è dato molto da fare, anche se non tutti apprezzano il suo operato. Innanzitutto non ha voluto la perpetua. Mi aiuterete voi, a turno, ha detto rivolto a me e alle mie amiche. E noi siamo state ben felici di farlo. Poi ha chiuso l'oratorio. È meglio se i giovani stanno a casa loro, a dare una mano ai genitori, ha detto. Molti parrocchiani non erano d'accordo. A me, invece, è sembrata un'ottima decisione. I giovani che si raccoglievano nelle sale dell'oratorio facevano soltanto chiasso, si spintonavano, qualcuno di loro addirittura bestemmiava, preso dalla foga durante i giochi più violenti. Meglio così, adesso le salette sono sempre ordinate e pulite. Don Giovanni ne ha trasformata una, quella grande, in sala cinema. Ogni settimana proietta un film, e dopo c'è un dibattito. Tutti film su drogati e donne maltrattate, che non riesco mai a capire bene. Ma non importa.

Don Giovanni, fisicamente, è un tipo ordinario. Non è molto alto, ed è di corporatura normale. Di capelli ne ha pochi, quelli rimasti sono disposti sui lati del capo. Il viso è tondo, il naso ha una piccola gobba. Porta sempre gli occhiali da sole, sia di giorno che di notte. Don Giovanni ha un debole per le donne. E, nonostante il suo aspetto comune, alle donne lui piace molto. Io e le mie amiche ci siamo subito innamorate di lui. È vero, lui è un poco più giovane di noi tutte, ma io credo che quando si tratta di sentimenti l'età non conti nulla. Lo ammetto, tra noi amiche si è sviluppata un po' di competizione per godere dei favori del parroco. Un confronto che si è svolto con estrema lealtà. Siamo tutte nella stessa condizione: sole, desiderose di un uomo, mai state sposate, mai avuta una relazione importante. Vinca la migliore, abbiamo sempre detto. Poi si è messa di mezzo la vedova Lenzi, quella maledetta. Si è intromessa e ha subito giocato sporco. Ha approfittato della sua esperienza, di qualche anno di meno, di un aspetto da tutti (non da me) ritenuto grazioso. E poi i belletti, i capelli sempre freschi di parrucchiere (il povero marito era benestante), le sottane un po' troppo corte. Don Giovanni, che in fin dei conti è un uomo, è caduto nella trappola. Ma io e le mie amiche abbiamo continuato a sperare. Tutte noi abbiamo qualcosa che la vedova Lenzi non avrà mai: siamo donne pie, non delle puttane come lei.

Don Giovanni aveva affidato a me un incarico importante: mantenere l'altare sempre lucido, per valorizzare le venature del prezioso marmo. Poi, poco tempo fa, sono entrata in chiesa e l'altare non c'era più. Don Giovanni ha intuito il mio smarrimento. Mi ha presa sottobraccio e mi ha accompagnata a un banco, quelli c'erano ancora. Entra acqua in chiesa, mi ha sussurrato il prete. Ho pensato di vendere l'altare e di fare aggiustare il tetto. Non possiamo permettere che piova nella Casa del Signore, aveva aggiunto suadente. Ho approvato la sua scelta. Certo, le spese per la copertura della chiesa dovevano essere davvero notevoli se Don Giovanni aveva poi dovuto vendere anche gli antichi paramenti sacri e tutti gli ori della Madonna. Pochi giorni dopo Don Giovanni si era comprato un'auto nuova. Il paese è composto di tante borgate, tutte distanti tra loro, mi aveva detto. Un territorio enorme, aveva aggiunto. Come faccio ad andare da un parrocchiano, in caso di bisogno, se non ho una vettura affidabile? Aveva ragione. La chiesa poteva aspettare, le persone no. Se non che quella automobile fiammante era stata vista una sera tardi, nel parcheggio del cimitero, da un contadino di nome Becchi. La macchina si muoveva avanti e indietro, eppure aveva il motore spento, aveva riferito il buon uomo. Lui non ci aveva capito nulla, ma tutti gli altri sì. L'importante era che a bordo con Don Giovanni non ci fosse quella sciagurata della vedova Lenzi, avevamo subito pensato io e le mie amiche.

Assorta nei miei pensieri, quasi non sento lo squillo del telefono. Mi asciugo le mani nel grembiule e corro a rispondere. È il ragionier Airoldi, finalmente! Ha chiamato la Curia e ha avuto notizie di Don Giovanni. Dapprima non volevano parlare poi, dopo le insistenze del ragioniere, che in Arcivescovato ha molte conoscenze, si sono sbottonati. Don Giovanni non tornerà più, hanno detto. Pare che il prete sia deciso ad abbandonare l'abito talare. Tutto a causa di una donna, hanno precisato, con la quale il nostro parroco ha intenzione di andare a vivere. Sebbene triste e addolorata, auguro a Don Giovanni tutto il bene possibile, a patto che la signora in questione non sia quella dannata della vedova Lenzi. Se così fosse, per me possono andare entrambi all'Inferno.