"Giornalista! E
chi l'avrebbe mai detto!" esclama Tina. Colgo un po' di ironia.
"Ricordi che ti
aiutavo a scrivere i volantini? Anzi, i comunicati, come li chiamavi. Tu non
avevi mai voglia di farlo, ti spazientivi subito".
"Già. A scrivere,
in effetti, te la cavavi, ma su tutto il resto eri parecchio imbranato".
"Continuo a
esserlo. Ho detto che lavoro in un piccolo giornale locale, non devo intervistare
i capi di stato ma scrivere articoli di sport e impaginare necrologi. La tua
vecchia amica Giovanna, piuttosto, ha fatto una bella carriera".
Tina volta il capo di
scatto. Mi fissa per un attimo, poi i lineamenti del suo volto si sgretolano.
Giovanna era avanti di
un paio d'anni rispetto a noi, ed era la migliore amica di Tina. Era una
ragazza dall'intelligenza mostruosa, che preferiva il pensare all'agire. Era
graziosa di aspetto, ma il suo viso era sempre troppo pallido, le sue trecce
(sì, si ostinava a portare le trecce) erano sempre fatte male, i suoi pantaloni
erano sempre troppo larghi e sul punto di scivolare giù. Allora non si badava
più di tanto a queste cose, era più importante la sostanza dell'apparenza. E
Giovanna era pura sostanza. Pochi anni dopo avere lasciato la scuola lavorava
già nella redazione - cronaca cittadina - di un importante quotidiano
nazionale. Quando notai e lessi un suo articolo, rimasi meravigliato. E
ammirato, anche se non potei fare a meno di domandarmi, divertito, se il suo
abbigliamento nel frattempo fosse cambiato oppure no. Dopo qualche anno non
avevo più visto suoi pezzi. Diedi per scontato che avesse cambiato giornale.
"Giovanna è
morta" dice Tina, con un sussurro.
"Che cosa?"
"È morta da quasi
trent'anni".
"Per
quale...".
"È morta di
overdose".
Sono sbalordito.
"Tu non..."
tento di chiedere.
"Certo che lo
sapevo. L'ho sempre saputo. Aveva iniziato già ai tempi della scuola. Se
ricordi, in quel periodo Giovanna ed io frequentavamo un sacco di gente di
tutti i generi: studenti universitari, operai, attivisti di tutte le forze
politiche estreme. Non tutti erano brave persone. Alcuni di loro approfittarono
della fragilità di Giovanna, lei sottovalutò il problema. È sempre stata
convinta di essere in grado di gestirlo, anche quando iniziò la sua attività di
giornalista. Tuttavia sappiamo bene che non è così, è la merda che comanda, tutto
il resto è al suo servizio. Con Alfio, in qualche maniera, sono riuscita a
evitare il peggio. Con lei non c'è stato niente da fare. Non preoccuparti, mi
diceva, so badare a me stessa. Stai tranquilla, insisteva, è tutto sotto
controllo, mentre sotto controllo non c'era un cazzo di nulla. Alla fine se ne
resero conto anche i colleghi, al giornale, e per lei iniziò la deriva finale.
Preferisco non aggiungere altro, anche se ormai è trascorso molto tempo. Ricordare
Giovanna è per me molto doloroso, anche perché nutro un grande senso di colpa.
Soltanto io potevo salvarla, ma non ce l'ho fatta".
"Mi dispiace"
riesco soltanto a dire. "Non ne sapevo nulla".
"Tranquillo" dice Tina, posandomi una mano sull'avambraccio.
Tratto dal romanzo: Un tempo ormai lontano di E. Sopegno (2024)
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