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martedì 25 marzo 2025

TINA

"Giornalista! E chi l'avrebbe mai detto!" esclama Tina. Colgo un po' di ironia.

"Ricordi che ti aiutavo a scrivere i volantini? Anzi, i comunicati, come li chiamavi. Tu non avevi mai voglia di farlo, ti spazientivi subito".

"Già. A scrivere, in effetti, te la cavavi, ma su tutto il resto eri parecchio imbranato".

"Continuo a esserlo. Ho detto che lavoro in un piccolo giornale locale, non devo intervistare i capi di stato ma scrivere articoli di sport e impaginare necrologi. La tua vecchia amica Giovanna, piuttosto, ha fatto una bella carriera".

Tina volta il capo di scatto. Mi fissa per un attimo, poi i lineamenti del suo volto si sgretolano.

Giovanna era avanti di un paio d'anni rispetto a noi, ed era la migliore amica di Tina. Era una ragazza dall'intelligenza mostruosa, che preferiva il pensare all'agire. Era graziosa di aspetto, ma il suo viso era sempre troppo pallido, le sue trecce (sì, si ostinava a portare le trecce) erano sempre fatte male, i suoi pantaloni erano sempre troppo larghi e sul punto di scivolare giù. Allora non si badava più di tanto a queste cose, era più importante la sostanza dell'apparenza. E Giovanna era pura sostanza. Pochi anni dopo avere lasciato la scuola lavorava già nella redazione - cronaca cittadina - di un importante quotidiano nazionale. Quando notai e lessi un suo articolo, rimasi meravigliato. E ammirato, anche se non potei fare a meno di domandarmi, divertito, se il suo abbigliamento nel frattempo fosse cambiato oppure no. Dopo qualche anno non avevo più visto suoi pezzi. Diedi per scontato che avesse cambiato giornale.

"Giovanna è morta" dice Tina, con un sussurro.

"Che cosa?"

"È morta da quasi trent'anni".

"Per quale...".

"È morta di overdose".

Sono sbalordito.

"Tu non..." tento di chiedere.

"Certo che lo sapevo. L'ho sempre saputo. Aveva iniziato già ai tempi della scuola. Se ricordi, in quel periodo Giovanna ed io frequentavamo un sacco di gente di tutti i generi: studenti universitari, operai, attivisti di tutte le forze politiche estreme. Non tutti erano brave persone. Alcuni di loro approfittarono della fragilità di Giovanna, lei sottovalutò il problema. È sempre stata convinta di essere in grado di gestirlo, anche quando iniziò la sua attività di giornalista. Tuttavia sappiamo bene che non è così, è la merda che comanda, tutto il resto è al suo servizio. Con Alfio, in qualche maniera, sono riuscita a evitare il peggio. Con lei non c'è stato niente da fare. Non preoccuparti, mi diceva, so badare a me stessa. Stai tranquilla, insisteva, è tutto sotto controllo, mentre sotto controllo non c'era un cazzo di nulla. Alla fine se ne resero conto anche i colleghi, al giornale, e per lei iniziò la deriva finale. Preferisco non aggiungere altro, anche se ormai è trascorso molto tempo. Ricordare Giovanna è per me molto doloroso, anche perché nutro un grande senso di colpa. Soltanto io potevo salvarla, ma non ce l'ho fatta".

"Mi dispiace" riesco soltanto a dire. "Non ne sapevo nulla".

"Tranquillo" dice Tina, posandomi una mano sull'avambraccio.


Tratto dal romanzo: Un tempo ormai lontano di E. Sopegno (2024)

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