Fuori era ancora buio
quando entrai nella stalla per la prima mungitura. La creatura era distesa
sullo sgabello. Mi avvicinai senza fare rumore. Non era un animale, come avevo
pensato, ma aveva sembianze umane. Lunga poco più di dieci centimetri, pelle
scura ricoperta da peli corti e ispidi. Ciò che mi fece davvero impressione, a
parte la sua nudità, fu il suo viso. Un volto in miniatura, dai lineamenti
delicati, quasi belli. La creatura stava dormendo. Allungai il braccio, la
afferrai di scatto all'altezza della vita. Si svegliò, spalancò gli occhi e
tentò di divincolarsi, ma io la tenevo ben stretta. Emetteva dei suoni, degli
strani squittii, cercò anche di mordermi. Lesto, spalancai una gabbia dei
conigli, vuota, e vi gettai dentro lo strano essere. Mi sedetti sullo sgabello,
a riprendere fiato, ad aspettare che i battiti del cuore si calmassero. Era
accaduto tutto così in fretta. Mi affacciai alla gabbia, osservai la creatura
attraverso la rete di metallo. Era in piedi, e mi guardava. Nei suoi minuscoli
occhi mi parve di scorgere un lampo d'odio. Non avevo mai visto nulla del
genere, non sapevo che cosa fare. Decisi di chiamare mio fratello, che forse
stava ancora dormendo. Uscii dalla stalla, le vacche muggivano, tornai nell'aia
e iniziai a urlare il suo nome. Più volte. Dopo una lunga attesa, ero tutto
infreddolito, vidi venirmi incontro Remo. Aveva i capelli arruffati, stava
tentando di mettere la camicia nei pantaloni, la grossa pancia ostacolava la
sua manovra.
"Si può sapere che
diavolo c'è?" mi apostrofò con durezza.
"Vieni nella
stalla" dissi. Entrammo. Lo condussi nei pressi della gabbia.
"Guarda"
dissi, invitandolo ad accovacciarsi.
"Che bestia
è?" disse Remo, dopo una rapida occhiata.
"Non è una bestia.
È fatto come noi, soltanto più piccolo".
"Noi non andiamo
in giro senza vestiti" disse mio fratello.
"Che cosa
facciamo? Conviene parlare con il prete?" chiesi.
"Il prete? Sei
pazzo? E cosa direbbe la gente?".
"Nulla"
dissi, un po' incerto.
"Ti sbagli di
grosso. Direbbero cose brutte, molto brutte".
"Allora?"
"Tu l'hai trovata
e tu te ne devi sbarazzare" ordinò Remo, perentorio.
"Ma come?"
Remo si guardò attorno,
mentre le vacche muggivano sempre più forte, le mammelle dolenti.
"Prendi la
trappola, quella per le pantegane. Metti dentro questa bestia, vai al torrente
e la affoghi".
Poi sputò per terra e
uscì dalla stalla.
Decisi di far aspettare
ancora le vacche. Intendevo risolvere subito la faccenda e non pensarci più. Aprii
la gabbia dei conigli, afferrai la creatura per gambe e la infilai nella
gabbietta di legno, che usavamo per catturare i ratti. Da un lato della
trappola sporgeva una specie di maniglia, la afferrai e andai fuori. Mi diressi
verso il ruscello. La creatura non emetteva più alcun suono, né si dibatteva,
forse rassegnata al proprio destino.
Stava schiarendo, e
mentre camminavo nell'erba bagnata pensavo a che diritto avessi di sopprimere
quello strano essere. Era una creatura di Dio, fatta a sua immagine, come me, e
forse senziente. All'improvviso cambiai direzione e mi diressi verso il bosco.
Decisi che non avrei ammazzato la creatura, ma che sarebbe stata di nuovo libera.
Mio fratello non lo avrebbe saputo. Dopo che mi fui inoltrato tra gli alberi
per quasi cinquecento passi, mi fermai in prossimità di una radura erbosa.
Appoggiai a terra la gabbia di legno e aprii lo sportello. La creatura uscì.
Pensavo che, ritrovata la libertà, sarebbe scappata veloce come un fulmine.
Invece non si allontanò. Sollevò la minuscola testa verso di me, cercando di
attirare il mio sguardo. Poi iniziò a muovere il braccio destro, desiderava che
la seguissi. Dove mi voleva condurre? Dai suoi simili? Intendeva forse
ringraziarmi in qualche modo per avergli salvato la vita? Iniziai a seguirla.
Dopo appena qualche istante la terra mi mancò da sotto i piedi. Precipitai in
una buca, sul fondo della quale erano piantati decine di steli di legno,
sottili e molto appuntiti. Il mio corpo fu trapassato da parte a parte da
quelle crudeli bacchette. Non potevo più muovermi. Prima di morire dissanguato
mi parve di udire, proveniente dai bordi della fossa, lo squittio della creatura.
Un suono che sembrò beffardo.
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