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sabato 17 agosto 2019

LA VERSIONE DEL TORO


Il mio nome è Guglielmo, oppure Mino, come mi chiamava mia madre quando ero piccolo, quando ancora non mi erano spuntate le corna. Di cognome faccio Tauro, perché mio padre è un toro, un enorme toro da monta con il mantello bianco. Il mio patrigno, il crudele marito di mia madre, è cornuto pur senza essere un toro, ed è un re. È lui che mi ha rinchiuso qui dentro e che mi ha sottratto per sempre all'affetto della donna che mi ha generato, che io continuo ad amare al di là delle sue singolari e discutibili preferenze sessuali. Il mio vero padre, il toro bianco, non si è mai occupato di me.
Vivo da solo, in una enorme casa con centinaia di stanze, un vero labirinto. Se decido di andare in soggiorno (uno dei tanti) vago per ore finché mi ritrovo in camera da letto (una delle tante) e ciò mi addolora e mi deprime. Il vero problema è quando ho necessità di utilizzare il bagno (uno dei tanti). Finché si tratta di provvedere a un bisogno piccolo, in qualche modo me la cavo, perché i corridoi sono tanti e interminabili. Ma se il bisogno è di quelli grandi e urgenti ci potete scommettere che la stanza da bagno (una delle tante) risulta introvabile e quasi sempre finisce che me la faccio addosso.
Di me dicono che sono selvaggio e violento, che mi nutro di carne umana. Assolutamente falso. Mi sono inselvatichito a causa della solitudine. Se avessi la possibilità di frequentare amici, andare al cinema e a teatro, viaggiare, sarei l'essere più buono del mondo. Le uniche persone che vedo, ogni tanto, sono purtroppo anche il mio cibo. E voi, voi che state a criticare, che cosa fareste al mio posto? Morireste di fame? In realtà io odio cibarmi di carne, di sola carne. Offrirei senza alcun rimpianto un trancio di tenera fanciulla ateniese in cambio di una bella insalata fresca. O di una mela.
È da tanto tempo, ormai, che trascorro tutte le mie giornate in questa enorme casa senza uscita. Sono stanco, molto stanco. La prossima volta che incontrerò lungo questi corridoi senza fine l'ennesimo fanciullo con gli occhi sbarrati dal terrore, invece di massacrarlo e di trasformarlo in cibo lo lascerò vivere. A quel punto sarà lui a uccidere me, e io lo lascerò fare, perché morire è quello che voglio. E non mi importa se quel fanciullo un po' vanesio andrà a dire alla morosa (che magari lo aiuterà a ritrovare l'uscita grazie a un trucchetto da quattro soldi) e al mondo intero: "Ho ucciso il Minotauro!"
Io avrò finalmente trovato la pace, alla faccia sua e a quella degli déi!



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