Il mio
nome è Guglielmo, oppure Mino, come mi chiamava mia madre quando ero piccolo,
quando ancora non mi erano spuntate le corna. Di cognome faccio Tauro, perché
mio padre è un toro, un enorme toro da monta con il mantello bianco. Il mio
patrigno, il crudele marito di mia madre, è cornuto pur senza essere un toro,
ed è un re. È lui che mi ha rinchiuso qui dentro e che mi ha sottratto per
sempre all'affetto della donna che mi ha generato, che io continuo ad amare al
di là delle sue singolari e discutibili preferenze sessuali. Il mio vero padre,
il toro bianco, non si è mai occupato di me.
Vivo
da solo, in una enorme casa con centinaia di stanze, un vero labirinto. Se
decido di andare in soggiorno (uno dei tanti) vago per ore finché mi ritrovo in
camera da letto (una delle tante) e ciò mi addolora e mi deprime. Il vero
problema è quando ho necessità di utilizzare il bagno (uno dei tanti). Finché
si tratta di provvedere a un bisogno piccolo, in qualche modo me la cavo,
perché i corridoi sono tanti e interminabili. Ma se il bisogno è di quelli
grandi e urgenti ci potete scommettere che la stanza da bagno (una delle tante)
risulta introvabile e quasi sempre finisce che me la faccio addosso.
Di me
dicono che sono selvaggio e violento, che mi nutro di carne umana.
Assolutamente falso. Mi sono inselvatichito a causa della solitudine. Se avessi
la possibilità di frequentare amici, andare al cinema e a teatro, viaggiare,
sarei l'essere più buono del mondo. Le uniche persone che vedo, ogni tanto,
sono purtroppo anche il mio cibo. E voi, voi che state a criticare, che cosa
fareste al mio posto? Morireste di fame? In realtà io odio cibarmi di carne, di
sola carne. Offrirei senza alcun rimpianto un trancio di tenera fanciulla
ateniese in cambio di una bella insalata fresca. O di una mela.
È da
tanto tempo, ormai, che trascorro tutte le mie giornate in questa enorme casa
senza uscita. Sono stanco, molto stanco. La prossima volta che incontrerò lungo
questi corridoi senza fine l'ennesimo fanciullo con gli occhi sbarrati dal
terrore, invece di massacrarlo e di trasformarlo in cibo lo lascerò vivere. A
quel punto sarà lui a uccidere me, e io lo lascerò fare, perché morire è quello
che voglio. E non mi importa se quel fanciullo un po' vanesio andrà a dire alla
morosa (che magari lo aiuterà a ritrovare l'uscita grazie a un trucchetto da
quattro soldi) e al mondo intero: "Ho ucciso il Minotauro!"
Io
avrò finalmente trovato la pace, alla faccia sua e a quella degli déi!
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