Cullata da dolci
oscillazioni, seduta composta nello scompartimento, osservi la vita scorrere
veloce.
Hai quarant’anni, non hai
mai amato ma hai sempre servito. I tuoi capelli non hanno mai assaggiato il
vento. Ti senti schiacciata, compressa in quella nera uniforme. Vorresti uscire
e finalmente respirare. Il tuo spirito prigioniero reclama libertà e non santità.
Scacci pensieri torbidi,
come ti hanno insegnato a fare, come hai imparato a fare in perfetta
solitudine, e volgi lo sguardo. Non sei sola. Occhi curiosi ti reclamano. Tu,
proprio tu. Un lieve sorriso, un impercettibile cenno del capo fasciato da strette
bende. È questo tutto ciò che sai fare, nulla di più.
E invece, per una volta, una
volta soltanto, osi. E poi mai più, dici nella tua mente, dove già affiora la
colpa. Sostieni lo sguardo estraneo, uno sguardo d’uomo rapace, e ti sfili gli
occhiali. Il tuo unico vezzo, il solo gesto civettuolo che ardisci concepire.
Come tanto tempo prima, quando ancora avevi tutta la vita davanti. Una
ragazzina, con i suoi tremori e i suoi rossori. Poi, tutto si è indurito, è
divenuto solida scorza, dentro e fuori. Una corazza che per una volta, una
volta soltanto e poi mai più, si scioglie in fretta, trafitta da occhi
assetati. Riponi l’oggetto nella tua anonima borsa, che poi nascondi, perché la
sua modesta semplicità ti provoca imbarazzo. Ti guardi intorno fingendo
indifferenza, cerchi di sfuggire a quel richiamo dei sensi che credevi ormai
sopito, come se fosse un ricordo lontano.
Stringi le gambe fino a
provare dolore. Un riflesso condizionato che ti fa sentire ridicola,
inadeguata. Ti senti scrutata, spogliata e violata. E ne provi segreto piacere.
Nulla però traspare, il tuo intimo si maschera, si nasconde e si mortifica. Non
emetti suono. Comprendi che le parole sarebbero leggere, prive di sostanza di
fronte a gesti invece eloquenti. Non riesci a sfuggire a quelle pupille scure,
magnetiche e insolenti. Non sei capace di ritrovare la tua dignità.
Ma lui non capisce il tuo
debole messaggio, quell’impalpabile invito. Distoglie lo sguardo, forse
sconfitto, oppure annoiato. La caccia è finita, e profonda è la tua delusione.
Sei salva, ma ormai perduta. Il tuo cuore piange, i nervi si rilassano.
Tuttavia il pentimento ancora non arriva, forse non arriverà mai a lenire il
tuo dolore. Il disagio è grande, straziante.
Con la tua bella mano, dalla
pelle liscia e dalle dita sottili, ti sistemi il crocifisso sul petto piatto.
Poi spiani all’infinito le pieghe di quella veste che ti opprime e ti protegge dal
male e dall’estasi del mondo.
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