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giovedì 29 marzo 2018

CONTARE NULLA



Era sempre stato convinto di non contare nulla. E forse aveva ragione.
In famiglia non contava nulla, perché una famiglia non l’aveva mai avuta. Non prima, quando era bambino, perché sua madre lo aveva abbandonato ed era cresciuto in un orfanotrofio. E neppure dopo, da adulto, perché non si era mai sposato. In realtà, non aveva mai trovato una donna adatta. Per la precisione, non aveva mai trovato neppure una donna.
Sul lavoro non contava nulla. Non perché non fosse bravo a svolgere le sue mansioni. Il fatto è che le sue mansioni non erano molto importanti, erano comuni, non specialistiche, e nessuno si rendeva conto se lui le svolgeva oppure no. E in che modo. Naturalmente lui continuava a svolgerle con grande impegno, con estrema applicazione, ma in fondo ciò che faceva tutti i giorni in fabbrica non contava nulla.
Inoltre si rendeva ben conto di non possedere alcun talento. Non sapeva cantare, non sapeva suonare alcun strumento, neanche il più semplice, non sapeva scrivere bene. E poi, per scrivere, occorrono le idee, e lui non ne aveva mai. A parte quelle banali, s’intende.
Non sapeva cucinare bene, d’altra parte nessuno impara a cucinare con perizia se deve sfamare soltanto se stesso. E non era per niente abile nei piccoli lavori perché la sua manualità era scarsa. Anzi, da un po’ di tempo aveva notato che gli tremavano leggermente le mani. Non era bravo nemmeno a tenere in ordine la casa, ma questo per pigrizia, o forse per disperazione.
E adesso era domenica. Un buon giorno, dopotutto. Non che lui amasse le domeniche, soltanto le odiava meno di quanto odiasse tutti gli altri giorni. Perché di domenica poteva stare da solo, non era sottoposto a confronti, non subiva umiliazioni, poteva illudersi, anche se in maniera effimera, di contare qualcosa. Ma sapeva che non era così.
Quel giorno, anche se era domenica, non era disteso e rilassato, sebbene in senso relativo, come tutte le altre volte, come lo era in occasione di tutti i giorni festivi trascorsi in solitudine. Non lo era perché sapeva di avere un impegno. Almeno, così lo considerava lui. Sarebbe stato costretto a uscire, ad abbandonare l’illusorio bozzolo protettivo rappresentato dalla sua misera abitazione. Quel giorno si votava. Insomma, c’erano le elezioni e sarebbe stato suo dovere recarsi alle urne. Ma che senso ha andare a esprimere il voto per uno che non conta nulla? Inutile negarlo, era combattuto. Alla fine, prevalse il senso di responsabilità, accompagnato da un indefinito timore. Cercò la tessera elettorale, verificò di avere  in tasca un documento valido, poi si vestì per l’occasione. Indossò il miglior vestito che possedeva, controllò due volte di avere chiuso il gas, due volte di avere sprangato per bene la porta d’ingresso, poi una terza, e finalmente si avviò verso il seggio elettorale. Mentre camminava, pensava a come avrebbe votato. Per fortuna si trattava di una consultazione semplice, vale a dire un referendum. Non si era documentato troppo, ma comunque sapeva che avrebbe dovuto votare semplicemente sì o no. Nulla di complicato. Decise che avrebbe improvvisato una volta giunto in cabina. Tanto, sapeva benissimo che il suo voto non avrebbe contato nulla. Come sempre. Svolse dunque il compito, poi tornò a casa e finalmente riuscì a rasserenarsi. A dire il vero, trascorse un paio d’ore già non pensava più alle elezioni. Il risultato gli era del tutto indifferente. Quindi fu enorme la sua sorpresa, il giorno dopo, quando sentì pronunciare quelle parole da un esagitato conduttore del telegiornale della sera: “Incredibile! Si è verificata una situazione incredibile! Anche al Ministero, all’inizio, erano increduli, e per tale motivo c’è stato un grande ritardo nella comunicazione dei dati definitivi di questo importante appuntamento referendario. Non ci crederete, ma l’evento eccezionale si è verificato! Il quorum è stato raggiunto per un solo voto! La consultazione è dunque valida. Hanno vinto i…”
Spense la televisione, depresso. Dovette tuttavia confessare a se stesso che per un attimo, per un breve euforico istante, aveva pensato di essere stato lui, con il suo voto, l’artefice di quell’avvenimento singolare, addirittura straordinario.
Ma poi era ritornato subito all’amara realtà. Lui, in fondo, non contava nulla, non aveva mai contato nulla. Quel voto decisivo, quindi, non poteva essere certamente il suo.


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