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domenica 16 aprile 2017

CULLE VUOTE

Periodicamente si torna a parlare, quasi sempre in maniera allarmistica, del calo di natalità che interessa la società occidentale. A fare la voce più grossa, in queste occasioni, sono i paladini della difesa dell'identità nazionale. La diminuzione del numero di nascite significa, per loro, una minaccia seria alla tipicità della nazione. Sgombriamo subito il campo da qualsiasi fraintendimento e diciamo che, in assoluto e con il significato di solito attribuito, l'identità nazionale non esiste. Così come, logica conseguenza, non sussiste il concetto di razza, se non nella mente disturbata di qualche fanatico.
L'identità nazionale, se proprio la si vuole in qualche modo definire, non è altro che la cultura di una nazione. E per cultura si intende l'insieme delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo, collegate ai vari passaggi evolutivi, al contesto storico e alle condizioni ambientali. In sintesi gli aspetti culturali sono in continua trasformazione e, soprattutto, prodotti e alimentati dalla contaminazione, la quale contribuisce in maniera determinante ad arricchirli e ad incrementarne il valore.
Tutt'altra questione è quella rappresentata dall'aspetto puramente demografico del problema. Il nostro pianeta conta, allo stato attuale, quasi sette miliardi e mezzo di abitanti. Stime attendibili dell'ONU prevedono che, nel 2050, i dimoranti sulla terra saranno circa nove miliardi. Una cifra enorme, alla quale contribuiranno in special modo i paesi in via di sviluppo. La domanda è: il nostro esausto pianeta è in condizione di ospitare una tale esorbitante massa di abitanti? In teoria sì, in pratica la faccenda è assai diversa, e seria. Le risorse potrebbero essere, secondo ipotesi, sufficienti. Tuttavia l'enorme disparità nella distribuzione di tali risorse, e della derivante ricchezza, destinata a pochi, suscita preoccupazione riguardo la sorte delle future generazioni. E tutto fa prevedere che la sperequazione rimarrà tale, anzi sarà destinata ad avere un ancora maggiore incremento.
Alla luce di tutto ciò gli allarmismi riguardanti i massicci fenomeni migratori in atto negli ultimi anni appaiono essere eccessivi, fermo restando la necessità di un loro, seppure minimo, governo. La redistribuzione regolata sul pianeta di una quantità di abitanti (molti dei quali giovani) non può che rappresentare una salutare valvola di sfogo per ridurre la pressione demografica in zone del pianeta povere o tormentate da conflitti nonché contribuire a trasfondere energia nuova in realtà vecchie, stanche e immobili.
Pur nell'esistenza di un quadro così inquietante è comunque opportuno tenere sempre conto di un punto di vista tutt'altro che trascurabile, vale a dire la libertà, per qualsiasi essere umano, di poter mettere al mondo un figlio. Prerogativa che, per nessuna ragione, può essere limitata o, ancora peggio, negata. 

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