La madre e il piccolo
si recarono allo zoo. Appena oltrepassato il cancello, si resero conto che
stava per iniziare una visita guidata.
"Sbrighiamoci"
disse lei. "Sarà interessante ascoltare le spiegazioni".
Si affrettarono e si
unirono al folto gruppo di visitatori.
La guida li condusse di
fronte a un recinto, poi si fermò. Indicò loro uno strano animale. Il suo pelo
era bruno-grigiastro sporco, maculato, aveva quattro zampe e un muso mostruoso,
ghignante.
I piccoli, un po'
spaventati, indietreggiarono.
"Non abbiate
paura" disse la guida. "Si tratta di una bestia molto mansueta.
Naturalmente è stata sottoposta al trattamento e tutta la ferocia che c'era in
lei è scomparsa. State fermi, altrimenti potrebbe impaurirsi, e osservatela con
attenzione. Non siamo riusciti a cambiare le sue abitudini alimentari un po'
disgustose, e non ci abbiamo provato più di tanto, poiché temevamo di
snaturarla troppo. Questo animale, chiamato iena, si ciba di carogne".
Si levarono dei
gridolini eccitati, sia da parte dei piccoli che delle loro mamme.
"Venite,
proseguiamo" li invitò la guida.
Il gruppo giunse di
fronte a un altro recinto, più vasto rispetto al precedente. Al suo interno
erano presenti alcuni esemplari di un grossi animali, anch'essi quadrupedi. Uno
di loro si avvicinò ai visitatori e leccò la rete metallica. Anche questa volta
i piccoli indietreggiarono allarmati. La guida sorrise e in tal modo li
tranquillizzò. La bestia era davvero enorme. Aveva il pelo raso e una lunga
coda alla cui estremità c'era un ciuffo di peli. Nulla in confronto all'ammasso
di crini che gli circondavano il collo possente. Nella sua bocca si
intravedevano delle temibili zanne dalla lunghezza smisurate.
"Questo è un
leone" illustrò la guida. I piccoli erano rimasti a bocca aperta.
"In questo caso i
risultati del trattamento sono stati strepitosi. Queste bestie sono diventate
così docili che, se non fosse per la loro stazza, potrebbero vivere con noi,
nelle nostre abitazioni, come animali da compagnia. In loro non è rimasta la
minima traccia di ferocia. Guardate gli occhi di questo esemplare, osservate
quanto siano colmi di bontà".
A fatica la guida
riuscì a staccare i piccoli e i loro accompagnatori dal recinto dei leoni. Li
condusse davanti a un altro spazio. La recinzione, in questo, era composta da
sbarre dallo spessore impressionante e molto alte. All'interno della cinta
c'era una piccola casetta.
"Dove sono gli
animali?" domandò un piccolo.
"Questa è la zona
degli umani" rispose la guida. "È difficile riuscire a scorgerli.
Loro non amano i visitatori e preferiscono non farsi vedere. Escono dalla loro
tana soprattutto di notte, quando il giardino zoologico è chiuso. Quelle
bestie, in ogni caso, sono molto pericolose. Il nostro zoo ne ospita una
coppia. Nel loro caso il trattamento ha funzionato solo in parte. Siamo
riusciti a privare loro della enorme ferocia che le contraddistingueva, ma non
ci siamo resi conto che..."
"Possiamo
assistere al loro pasto?" domandò il solito piccolo un po' sfrontato, che
si stava annoiando non potendo vedere quegli animali. La guida scosse il capo
"No. Queste bestie
provvedono da sole a prepararsi i pasti, noi forniamo loro soltanto la materia
prima. Pasti che consumano sempre all'interno della loro tana".
Il piccolo annuì,
deluso.
Proprio in quel momento
un guardiano accorse verso il gruppo di visitatori, gridando.
"Attenzione!
Spostatevi! Raggiungete subito una zona sicura".
"Che cosa è
successo?" domandò la guida. C'era apprensione nella sua voce.
"Sono scappati!
Gli umani sono scappati, dovete allontanarvi subito".
Le madri strinsero i
piccoli ai loro corpi poi, tutti insieme, si diressero verso la direzione dello
zoo.
Il direttore guidava
personalmente l'evacuazione dei visitatori. Sembrava molto preoccupato e teso.
"Uscite!
Uscite!" urlava affannato.
Dopo pochi minuti fu
raggiunto da alcuni giornalisti che, chissà come, erano già venuti a conoscenza
di quel grave accadimento. Fu così costretto a rispondere alle loro domande.
"Com'è potuta
accadere una cosa del genere?" chiesero quasi in coro.
"Non lo sappiamo
ancora" rispose il direttore. "Le misure di sicurezza erano massime.
In ogni caso non dovete preoccuparvi, quelle bestie non possono andare lontano,
le cattureremo presto".
"Sono davvero così
pericolosi?"
Il direttore annuì,
serio.
"Purtroppo
sì" si limitò a rispondere, grattandosi con un artiglio ricurvo la piccola
proboscide purpurea.
"É vero che per
loro il trattamento non ha funzionato?" domandò un altro giornalista.
"È vero soltanto
in parte. Siamo riusciti a estirpare da loro tutta l'incredibile ferocia che
possedevano, ma non abbiamo fatto i conti con un altro aspetto della loro
complessa personalità. Il fatto è che sono diversi da tutti gli altri
animali".
"Si spieghi
meglio, i lettori devono sapere" lo aggredì un cronista.
"Quelle bestie non
sono solo feroci, sono soprattutto crudeli, e contro la loro malvagità non
abbiamo potuto fare nulla".
Dal nutrito gruppo di
giornalisti si levò un mormorio di stupore e di sbigottimento.