“Stai andando alla
riunione?”
L’onorevole Belli
trasalì. Stava camminando nel Vascello, l’ampio corridoio che conduceva alla Sala
del Fante, quando il senatore Venditti gli sfiorò la spalla da dietro e lo apostrofò
con quelle parole. Belli, in quel momento, non stava affatto pensando a ciò che
si sarebbe dovuto decidere in quell’importante incontro, bensì al regalo che
avrebbe dovuto fare alla moglie per l’anniversario di matrimonio. Due giorni
dopo, così come due giorni dopo avrebbero avuto inizio le votazioni. Una
sgradevole coincidenza. Il parlamentare si arrestò e strinse la mano al collega
grande elettore.
“Ciao Manlio. Su, sbrighiamoci
che siamo in ritardo. E poi quello chi lo sente?”
“Aspetta un attimo,
devo dirti una cosa importante.”
“Dimmi.”
“Ho fatto il tuo nome”
disse tutto di un fiato il senatore Venditti.
“Che cosa?”
“È accaduto ieri sera,
sul tardi. Mi trovavo in uno dei soliti capannelli, sai come succede in questi
giorni, e ho detto che tu saresti stato uno dei nostri candidati.”
“Cazzo, mi hai
bruciato!” esplose Belli.
“Temo di sì” rispose
con falsa mestizia il senatore.
“Perché l’hai fatto?”
“Beh, fa parte del
fuoco di interdizione, come lo chiama il nostro segretario. Per alimentare la
confusione, per gettare un po’ di fumo…” Venditti non seppe più proseguire.
“Porca puttana!”
“Aspetta, non è tutto.
Non mi sono reso conto che era presente anche Servetti, il giornalista del
Corriere del Mattino. Quello è come il prezzemolo.”
“No!”
“Purtroppo sì. Hai
letto i giornali di oggi?”
“Non ho fatto in tempo”
disse Belli, che era impallidito.
“Allora non farlo, se
non vuoi vedere il tuo nome in prima pagina scritto a caratteri cubitali.”
“Ma vaffanculo!”
“Non te la prendere.
Sei giovane, tra sette anni sarai un candidato perfetto.”
“E… come hanno reagito
gli altri?”
“A chi ti riferisci?”
domandò Venditti.
“Quelli ai quali l’hai
detto.”
“Ah! Nessuno ha battuto
ciglio, tranne Merloni che si è messo a sghignazzare.”
“Stronzo.”
“Su, andiamo. Adesso ci
stiamo davvero attardando.”
I due ripresero a
camminare, uno sottobraccio all’altro.
“Dimmi ancora una cosa”
fece all’improvviso Venditti.
“Uh?”
“Tu ci credevi
veramente? Voglio dire… nel caso in cui si fosse profilata sul serio la tua
candidatura.”
Il collega lo guardò.
“Non lo so. In fondo si
tratta di un incarico estremamente impegnativo. E tu, piuttosto? In quanto a
carte in regola…”
“No! Zitto! Non lo dire
neppure! Porta male!” scattò l’altro.
“Ho capito. Dai,
entriamo che la riunione è già iniziata.”
La sontuosa sala era
affollata. Da qualche istante il giovane segretario del partito, Romeo Lorenzi,
aveva iniziato a parlare.
“…non possiamo e,
soprattutto, non dobbiamo sbagliare. L’intero Paese ci sta osservando e ci
giudica. Indugi, giochetti, furberie: tutti artifici inutili che non ci saranno
perdonati. Abbiamo di fronte una enorme responsabilità alla quale non possiamo
sottrarci. La nostra scelta dovrà essere la migliore possibile e anzitutto
dovrà essere rapida. Non vi nascondo la grande soddisfazione, mia, vostra e dei
cittadini, nel caso di successo al primo scrutinio. Devo purtroppo constatare
come, al momento attuale, le idee non siano molto chiare. Non si è in sintonia
sul metodo, all’interno del partito, e ancora non abbiamo preso in considerazione
eventuali nomi, a parte alcune sciagurate e presuntuose autocandidature.”
Pronunciando quelle
ultime parole il segretario lanciò uno sguardo beffardo in direzione
dell’onorevole Belli, il quale arrossì e si voltò verso il senatore Venditti
impegnato, a occhi bassi, a lisciarsi la cravatta.
“Mi aspetto da voi
proposte e idee, sia sul metodo che sulle candidature. Queste ultime dovranno
essere riferite a persone autorevoli, competenti e degne di rappresentare il
nostro Paese a livello internazionale. Il tempo stringe, abbiamo bisogno di
certezze.”
Lorenzi tacque,
compiaciuto, e si versò un bicchiere d’acqua. In sala erano tutti in silenzio.
Fu il senatore Lapilli a interrompere la quiete.
“Segretario, perché
all’incontro non è stato invitato nessuno della minoranza interna?”
Lorenzi si produsse in
una smorfia.
“Perché tanto quelli
sono quattro gatti e non contano un cazzo e possiamo benissimo fare a meno dei
loro voti. E poi, se ciò non bastasse, vi dico che sono degli autentici
rompicoglioni. Pensate, non sono neppure d’accordo tra loro, e ribadisco che
sono davvero in pochi! Qualcuno di loro ha proposto la candidatura di Cuzzi,
altri quella di Cozzo, e altri ancora quella di…”
“Cazzo!” urlò
Bonsignori, un rubizzo deputato siciliano. L’intera sala scoppiò a ridere,
tutti tranne il segretario Lorenzi, che rimase invece imperturbabile.
“Già tanto che non
abbiano suggerito un idraulico, quelli!” bofonchiò un grande elettore seduto in
prima fila.
“…altri ancora quella
di Pallavicino” concluse il segretario. “Vi invito a essere seri, il momento è
molto delicato.”
Di nuovo tutti zitti.
“C’è l’intenzione di
coinvolgere anche le altre forze politiche? L’opposizione?” domandò una giovane
deputata.
“Ottima osservazione,
Rondelli” rispose Lorenzi. “Sarebbe infatti auspicabile perseguire la massima
condivisione, dopotutto stiamo per eleggere il Capo dello Stato, tuttavia dove
ci condurrebbe una simile strategia? Ve lo spiego in poche parole: si
tratterebbe di lasciare l’iniziativa alla maggiore forza di opposizione, la
quale proporrebbe un nome di sicuro a noi sgradito e che saremmo costretti a
bocciare. Ciò significa soltanto perdere tempo, e noi non ce lo possiamo
permettere. Quindi il Presidente ce lo eleggeremo noi. Da soli.”
“Ma… i voti?”
“Li abbiamo, non
preoccupatevi. I pochi che mancano alla fine arriveranno, ve lo assicuro. A
questo punto, definito il metodo, dobbiamo pensare al nome. Aspetto i vostri
suggerimenti.”
Lorenzi incrociò le
braccia sul petto.
“Pennino!” disse
qualcuno. Molti assentirono con deciso convincimento.
Il segretario scosse il
capo. Poi intervenne.
“Quella del senatore a
vita Pennino, che oggi non è potuto essere tra noi, è una candidatura
autorevole, di grande prestigio, di alto profilo…
“È stato presidente del Senato!”
“Più volte ministro!”
“Giudice costituzionale!”
“Presidente dell’Antitrust!”
“Deputato regionale!
“Sindaco!”
“Segretario del partito!”
“…ma ricordo a tutti
voi che il senatore ha appena compiuto novantadue anni” terminò Lorenzi.
“Beh? Qual è il
problema?Alla conclusione del mandato non avrà neppure cent’anni” disse un
anziano e decrepito delegato regionale abruzzese.
“Segretario, posso
andare io da lui e cercare di convincerlo. So in quale ospedale è ricoverato”.
“Mi dispiace” disse Lorenzi.
“Pur con tutto il rispetto per la notevole storia del senatore e per il suo…
attaccamento alle istituzioni, non posso sostenere la sua candidatura. Ho
improntato tutta la mia azione politica sul rinnovamento e i cittadini non
gradirebbero una soluzione di questo tipo.”
“Puzzoni!” urlò una
deputata veneta.
“No, da troppi anni è
fuori dai giochi” disse il segretario. “E poi con quel nome…”
L’onorevole Belli, che
finalmente era riuscito a ridarsi un contegno, prese la parola.
“Dobbiamo allargare la
nostra visione alla società civile. È proprio lì che potremo trovare il nostro
candidato ideale, al di fuori della politica.” Si sedette soddisfatto. Se la
sua proposta avesse attecchito, avrebbe definitivamente messo fuori gioco il
senatore Venditti, che continuava a starsene ben coperto.
La sala fu presa
dall’entusiasmo. Molti applaudirono.
“Bravo Belli!”
“Un musicista!”
“Un attore!”
“Un giornalista!”
“Un acrobata!”
“Un pittore!”
“Un architetto!”
“Uno scienziato!”
“Mi dispiace soffocare
il vostro impeto ma tale proposta non è ricevibile. E, in ogni caso, è troppo
vaga. Noi abbiamo bisogno di qualcuno in carne e ossa, non di una figura generica.
Nomi! Voglio nomi!” Lorenzi stava cominciando a innervosirsi.
“Una donna?” disse
timidamente un deputato friulano.
“Quale donna? Quale?
Nome e cognome!”
Tutti zitti, comprese
le donne presenti.
“Perché non Alberto
Trafficoni?” propose un delegato regionale campano.
“Trafficoni? Ma non è
implicato in quell’inchiesta per corruzione, concussione e abuso in atti
d’ufficio?” domandò Lorenzi.
“È stato assolto due
giorni fa” rispose l’altro, soddisfatto.
“Ma l’inchiesta è
andata avanti per cinque anni! Per l’opinione pubblica è come se fosse
colpevole” sbottò il segretario. “Amici, siamo a punto morto. L’ho detto, noi
abbiamo bisogno di una figura di garanzia, qualcuno al di sopra delle parti,
una specie di arbitro.”
“E allora facciamo
Gervasoni” disse ridendo il senatore Colapesce.
“Gervasoni… quello?”
chiese Lorenzi, serio.
“Sì, proprio quello!”
Qualcuno, in sala, cominciò a sghignazzare.
Lorenzi si rivolse al
sottosegretario con delega allo Sport Del Fiume, che stava seduto al suo
fianco.
“Un momento. Quanti
anni ha Gervasoni?”
“Cinquanta, sette mesi
e undici giorni” rispose Del Fiume, molto ferrato in quel campo.
“È un tipo deciso!”
“Autorevole!”
“Sa farsi rispettare!”
“È equilibrato!”
“Imparziale!”
“Giovane!”
“È internazionale da cinque anni!”
“Lasciate fare a me”
disse Lorenzi, sfoderando il suo ghigno da faina.
Luca Gervasoni ha
cenato alle sette in punto: pasta al pomodoro con una spolverata di parmigiano,
filetto ben cotto e insalata. Una mela. Come fa tutte le vigilie. Adesso è in
camera da letto e sta preparando la sacca. Sistema la biancheria, il necessario
per la toelette, le due divise, quella con la maglia rossa e quella con la
maglia gialla. Perché non può più usare quella nera? Ancora la rimpiange. Per
ultimo il fischietto d’argento. Chiude il borsone. Adesso andrà in salotto e
ascolterà qualche aria di Mozart, per rilassarsi. Poi a letto presto, per
essere ben riposato il giorno dopo.
Squilla il telefono. Un
suono prolungato, insistente.
“Vai tu, per favore”
dice alla moglie. “Non voglio perdere la concentrazione.”
La donna torna dopo un
attimo.
“Mi dispiace, ma
vogliono proprio parlare con te” dice.
“Chi è?”
“Non lo so, è da Roma.”
Gervasoni prende la
telefonata. Roma? Sarà qualcuno della federazione, pensa. Che cazzo vogliono
quelli a quest’ora?
Parla per qualche
minuto, poi chiude la conversazione.
“Domani non andrò più a
Milano, devo andare a Roma” dice alla moglie con un filo voce.
“A Roma? Ti hanno
cambiato la partita? Ti hanno dato il derby?”
“No, una partita molto
più importante.”
“Quale?”
“Tutti contro tutti.”
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