Tra i tanti video che circolano su internet (in gran parte
pura spazzatura) uno di essi spicca in maniera particolare. Si tratta di un
filmato opera di un blogger americano trentenne, Josh Paler, nel quale viene
condotto un esperimento sociale dal sapore innegabilmente “natalizio”. Il
giovane avvicina un senzatetto che sta chiedendo l’elemosina e gli dona cento
dollari. Dapprima la reazione dell’uomo è di stupore, di pura incredulità. In
un secondo momento subentra in lui una sincera commozione. Scorre qualche
lacrima. Il senzatetto infine, timidamente, chiede di poter abbracciare il suo
benefattore. Quindi Josh si allontana e, da quel momento in poi, inizia a
filmare di nascosto le azioni del mendicante. Quest’ultimo subito si avvia, a
passo deciso, e si dirige verso un vicino emporio. Dopo un po’ ne esce recando
con sé una grossa borsa (piena di bottiglie?), poi si incammina diretto a un
parco dove si trovano molti altri sventurati come lui. A questo punto il
senzatetto inizia a distribuire ai suoi compagni di sfortuna generi alimentari
di tutti i tipi, rendendoli per una volta felici. Ogni ulteriore commento
risulta essere inutile.
venerdì 26 dicembre 2014
sabato 8 novembre 2014
DIFFERENZI
Lo dicono autorevoli
analisti politici, lo ripetono alla nausea anche i comici, lo ribadisce la
gente al bar. Nessuno pare nutrire il minimo dubbio: Renzi è uguale a
Berlusconi, Renzi è l’erede di Berlusconi, Renzi è il figlio illegittimo di
Berlusconi (quest’ultima dovrebbe essere una battuta).
Invece non è proprio
così. Occorre fare un minimo di chiarezza. Allo scopo ci limitiamo a fare il
gioco delle differenze.
Innanzitutto Renzi è
giovane, mentre Berlusconi è un anziano che cerca, con pessimi risultati, di
fare il giovane. Il primo è se stesso, l’altro risulta soltanto patetico.
Renzi è un politico di
professione. La politica è stata la sua attività fin da quando portava i
calzoni corti. Ciò può rappresentare un bene o un male, secondo i punti di
vista, ma è un fatto. Berlusconi, come ama dire lui, è un imprenditore prestato
alla politica. Tradotto significa un imprenditore in difficoltà che ha usato la
politica per scopi personali. In ogni caso si tratta di un prestito che
purtroppo non è mai stato restituito. Inoltre del Berlusconi imprenditore ci
sarebbe molto da dire, e ben poco sarebbe positivo.
Berlusconi è ricco,
molto ricco, e non ha mai esitato a usare il suo denaro, e il suo potere
economico, per comprare cose e persone. Renzi non possiede tale forza, dunque
sarà sempre costretto ad adulare i poteri forti, a ricercare e invocare il loro
sostegno.
Renzi, in maniera
discutibile ma comunque legittima, si è impossessato di un partito e adesso lo
guida. Un partito che è stato il suo trampolino per la scalata al potere ma all’interno
del quale la leadership è contendibile poiché esistono delle regole di
democrazia interna. Berlusconi, al contrario, è l'indiscusso proprietario del
suo partito. Lui solo ne può essere il leader, e quel partito composto di soli
servitori e servi sparirà con lui.
Renzi è un abile
comunicatore, una sua dote naturale, al pari di quella di Berlusconi nello
stesso campo. Quest’ultimo, tuttavia, al confronto appare superato in quanto
troppo artificiale e teatrale. Più forzato, insomma.
Tutte le differenze
evidenziate (ma se ne possono trovare altre) rappresentano un insieme che
sottolinea la diversità tra questi due soggetti che spesso vengono a sproposito
accomunati. Tutto ciò al di là di un giudizio politico sulle loro idee e sul
loro operato.
Se poi qualche analista
più sopraffino intendesse spingersi oltre e mettere a confronto Matteo Renzi
non con Berlusconi ma con un altro politico che, nel bene e nel male (tanto
male) ha caratterizzato la storia politica del nostro paese, vale a dire
Bettino Craxi, allora se ne potrebbe parlare…
DISTORSIONE
Accade quando l’insieme
infila una direzione inaspettata. Così, da un momento all’altro, senza alcun
preavviso. Ci si trova a percorrere una determinata rotta quando, di punto in
bianco, ci si ritrova scaraventati su un altro percorso. Una strada sconosciuta
e, in quanto tale, insidiosa perché piena di svolte e di ostacoli di ogni genere. Un cammino ignoto che rende
difficile, quasi impossibile, il nostro orientamento. Un viaggio oscuro,
attraverso le tenebre, che può assumere contorni indefiniti e talvolta
spaventosi. Che genera sofferenza e angoscia. Nel migliore dei casi pena e
afflizione.
Distorsione:
alterazione, deformazione, stravolgimento e stortura.
Un baratro si spalanca
all’improvviso di fronte ai nostri piedi. Il peggiore degli incubi si
materializza e diventa realtà. Una realtà dalla quale non è possibile
risvegliarsi.
Un barlume di lucidità
ci induce a ricercare l’elemento che ha provocato tale disastroso dissesto. Un’indagine
dolorosa, tanto più patetica quando ci si avvicina alla presunta verità. Quando
infine si ritiene di avere individuato l’oggetto increscioso ragione della
deriva. E poi si sorride con rassegnata amarezza, con triste accettazione,
quando si è ormai sicuri di quale sia stato quel piccolo insignificante gesto,
oppure quella banale parola, che per sempre ha deviato il corso della nostra esistenza.
sabato 25 ottobre 2014
IL MIO AMICO BILLY
Niente
da dire, io al mio amico Billy ci sono proprio attaccato. Se, quand’ero
bamboccio, ci fossi già stato amico, non avrei avuto problemi a fare quel tema
che la maestra coi baffetti ci dava sempre a inizio anno: “Parla del tuo
migliore amico”. Invece nisba. Primo perché io di amici non ne avevo, secondo
perché non sapevo scrivere una cippa.
Poi
è arrivato Billy. Mi ricordo quando il direttore, che tutte le volte che
entrava in classe ci cagavamo, ce lo ha presentato. Perché era nuovo, il
bamboccetto biondo. Alla fine lo hanno fatto sedere proprio vicino a me, dal
momento che nel banco stavo da solo. Intendiamoci, non che fossi isolato perché
facevo odore o robe simili. No, ero considerato da tutti un po’ fuori centro.
Insomma, una specie di piccolo teppista. Fumavo già e dicevo un sacco di
parolacce, e poi mi piaceva rubacchiare un po’ di cose ai miei compagni e se
c’era da menare le mani sicuro che non mi tiravo indietro. Invece con Billy
sono andato subito d’accordo. Ho capito all’istante che lui era un tipo un po’
particolare, di quelli giusti insomma, anche se allora non ne sapevo il motivo.
Sì, ci siamo subito presi e siamo diventati inseparabili, anche se eravamo
tanto differenti: lui alto e biondo e tutto pulitino, il sottoscritto piccolo e
nero e un vero bastardo. Io lo difendevo quando gli altri vigliacchi lo
volevano riempire di botte, lui mi insegnava tante cose, perché quello ha la
mente fina, credetemi.
Dirò
la verità: da principio mica lo chiamavo Billy, perché il suo vero nome è
Guglielmo. Ma io mi vergognavo un po’ a pronunciare quel nome. Mi sembrava che
sulla mia bocca non ci stava molto bene. E gli dicevo sempre ehi tu! oppure ’scolta!, tanto che alla fine si è smarronato e m’ha detto: perché
non mi chiami Billy che tanto Guglielmo non piace neppure a me che è tanto
roboante. Mica sapevo cosa voleva dire quel parolone, lui ne usava talmente
tanti!, però gli ho detto: va bene d’accordo da adesso ti chiamo Billy. E così
è stato.
Poi,
quando oramai eravamo davvero amici per la pelle, mi ha confidato di essere
nato in Svizzera. Cioè, per la verità lui non ha proprio detto nato ma concepito. Un altro parolone dei suoi
che mica sapevo il significato. Non ho chiesto spiegazioni e neppure sono
andato a cercare sul vocabolario, perché quello l’avevo dato via in cambio di
una pistola ad aria compressa. Però ci ho ragionato su e alla fine ho capito
che concepire vuol dire quando un uomo e una donna scopano e lei ci rimane. Si
vede che i genitori di Billy preferivano trombare in Svizzera piuttosto che qua
da noi. Magari è più comodo farlo lì, mi sono detto allora; ma poi dopo ho
capito, appena mi sono sbambocciato un po’.
Sempre
insieme, io e Billy, anche se eravamo mica d’accordo su tutto. Ma quelli come
lui sono diversi, si capisce. Prediamo il pallone, per esempio. Io naturalmente
tenevo ai gobbi e mi piaceva andare allo stadio. Anche a Billy ci piaceva
venire, ma mentre guardava la partita storceva sempre un po’ il naso. Il
pallone nostrano è tutta una merdata, diceva. Lui teneva al Real Madrid, di
quei cagoni con la maglia a strisce non gliene fregava una sega. La squadra del
Re! E poi principiava a sparare nomi come Puskas o Di Stefano che diceva erano
stati i migliori giocatori del mondo mentre a me mi sembrava che quei tiracalci
erano già pure morti. Ma questo non glielo dicevo. A ogni modo ci piaceva pure
giocare, al pallone, perché giocare era meglio che guardare e poi, dico la
verità, allo stadio io preferivo stare dietro agli ultrà che si mazzolavano
piuttosto che a quei fighetti di calciatori. Billy comunque era un buon
giocatore, elegante anche se un po’ mammoletta, mentre io randellavo come un
pazzo. Avevo cambiato la pistola con un paio di scarpe da pallone usate, quelle
con i tacchetti di ferro. Un po’ corte che mi riducevano tutte le unghie nere,
ma che erano molto efficaci. Se qualcuno faceva un fallo a Billy io a quello ci
andavo dietro finché non riuscivo a piantargli i tacchetti sulla caviglia e il
coglione urlava come un porco quando lo sgozzano e se ne usciva dal campo su
una gamba sola. Guai a toccare il mio amico!
Sempre
insieme, io e Billy, tanto che qualche bastardo diceva che eravamo invertiti.
Per la verità a me girano un po’ le balle a dire questa parola perché mi pare
che sia molto meglio dire frocio, che tutti capiscono subito, ma adesso Billy
non vuole che si dica frocio perché non è politicamente corretto, dice lui.
Eccheccazzo c’entra la politica coi pigliainculo, gli chiedo: e lui ride.
Eppure non c’è niente da fare, si deve fare così e basta, cosa dice il mio
amico è legge. Quelli come lui sono così, non si discute. E poi che invertiti e
invertiti! Sia a me che a Billy le ragazze ci piacciono eccome! Io da parte
mia, o di riffa o di raffa, qualche volta riesco pure a inzuppare. Lui invece,
sia perché è più raffinato e di cesse non vuol sentire parlare, sia perché è
più timido, con le passerotte arranca che pare un disperato e non quaglia mai.
Allora cerco di aiutarlo come posso, ma spesso combino casini. Capitato così
con la brunetta del bar Cristallo. Billy ne era proprio infognato perso, ma
quella zoccoletta non ne voleva proprio sapere. A lei fanno sangue i veri
uomini, manda a dire, non i fighettini come il mio amico Billy. Quanto si
sbaglia, la finta verginella! Non sa che lui è peggio di un toro. Quattro e
quattr’otto glielo sono andato a dire. Provare per credere, ho fatto a quella
schifiltosa. Da quando ha saputo del mio traffico, Billy si rifiuta di entrare
in quel bar. Eppure, vi dico, era quasi fatta. Garantito.
Il
mio amico Billy è figlio unico. Mi ha detto che i suoi vecchi hanno dovuto
faccendare parecchio per metterlo in cantiere. Cosa vai a pensare? mi ha detto,
vedendo che mi luccicavano gli occhi all’idea di quei due che ci davano dentro
di continuo, giorno e notte e mattino e sera. Poi mi ha spiegato e allora ho
capito tante cose. Stavo quasi per chiedergli scusa ma poi non l’ho fatto,
tanto so che mi conosce e che mi vuole bene lo stesso. Quindi, ricapitolando,
fratelli e sorelle per Billy neanche a parlarne. A me è capitato il contrario;
a casa nostra la nidiata era bella numerosa. Ho passato l’infanzia circondato
da smorfiosette e rompicoglioni di tutte le taglie. Per forza ho dovuto
imparare a fare a botte! Billy invidia la mia famiglia così numerosa, e dice
che tutti devono avere il diritto di poter avere dei figli, in un modo o
nell’altro, costi quel che costi, ed è perfino favorevole alle adozioni per le
coppie di fai-di-dietro o di lecca-lecca. Caro socio, qua siamo mica tanto
d’accordo, ma questo me lo tengo per me.
Sempre
insieme, io e Billy, e intanto, a forza di mangiare schifezze, siamo cresciuti.
Io la scuola l’ho mollata subito, mica volevo ritrovarmi con il culo quadro.
Tanto da quegli stronzetti di insegnanti ho imparato zero. Adesso faccio
l’idraulico. Spieghiamoci: in verità faccio solo l’apprendista, porto gli
attrezzi e mi occupo dei lavori sporchi, perché fare l’idraulico è mica solo
rose e fiori, a volte c’è di mezzo pure la merda. Però se si riesce a ingranare
con ’sto mestiere poi si guadagna bene. E si entra nelle case dove ci sono le
madamine da sole con indosso la vestaglia e niente sotto. Hanno una voglia,
quelle! Il mio principale, panzone e imbranato, non ci combina mai niente. Ma
aspettate che il sottoscritto entri in azione da solo e poi vedrete quante ne
castigo!
Il
mio amico Billy invece ha continuato a studiare. Quelli come lui non possono
che studiare. Fa economia e ha quasi finito. Dice che poi piacerebbe anche a
lui fare l’idraulico oppure il falegname o quelle robe lì. Chi lo capisce quello?
Se ne potrebbe stare con le mani in mano, zampe pulite oltretutto, e invece se
le vuole lordare. È proprio strano il mio amico, ma io so il perché. Lui è
diverso, è diverso perché è stato concepito
dentro una provetta. Ma a me non importa, perché al mio amico Billy ci sono
davvero attaccato.
martedì 30 settembre 2014
ALLE VENTUNO
Alle ventuno
non è ancora buio
Occhi chiari
spalancati sul muro
Alle ventuno
ho tanta sete
Bocca riarsa
da momenti di pena
Alle ventuno
c’è un po’ di luce
Pensieri
confusi sul bordo del dirupo
Alle ventuno
la fame non opprime
Dolore muto
e sordo nel profondo
Alle ventuno
è guerra giorno e notte
Intenzioni
buone costrette nella gabbia
Alle ventuno
il corpo è senza fuoco
Involucro arrendevole vittima di pace
lunedì 23 giugno 2014
IL GIOCATORE
Naso grosso rosso e senz’osso
Mani grandi tozze e rozze
Braccia che sempre vanno alla faccia
Capelli caduti e ormai perduti
Occhi acquosi pesti e lacrimosi
Pelle di squame completo ciarpame
Zampe tali a tronchi stanchi
Orecchie distese senza sosta protese
Totale attenzione per l’estrazione
domenica 16 febbraio 2014
OMBRELLI
La prima grassa goccia d’acqua mi colpisce proprio la punta del naso. Ci siamo, sta iniziando a piovere. Alzo gli occhi al cielo e lo scorgo plumbeo, minaccioso. Quasi nello stesso istante qualcosa inizia ad agitarsi all’interno della borsa che porto con me. Un movimento scatenato che ne altera la forma. Imbarazzato mi guardo attorno ma nessuno, tra i rari passanti che incrocio, sembra aver notato quella evidente espressione di impazienza. E poi ancora sbuffi e gemiti, soffi e ansimi. Allora mi arresto, apro la borsa ed afferro l’ombrello. Sento un profondo sospiro di sollievo quando lo estraggo e ne aziono il pulsante. Lui, scattante come non mai, si lancia ad affrontare l’improvviso acquazzone. La sua irrequietezza finalmente si placa, e ritrova la pace. Si sa, gli ombrelli adorano l’acqua, la anelano.
Riprendo il cammino e mi soffermo su quell’oggetto che stringo nella mano, osservo la sua compostezza, la sua estrema serietà nell’affrontare quel compito che ne costituisce l’unica ed esclusiva ragione di vita. Rifletto sulla sua forma: un’impugnatura di legno, un lungo manico, delle esili ed elastiche stecche e una tela più o meno impermeabile. Poco o nulla, in lui, si discosta dal progetto originario. Il suo aspetto è molto simile a quello dei suoi lontani antenati, l’evoluzione della sua specie è stata molto lenta, quasi irrilevante. Eppure viviamo in un’epoca dominata dalla tecnologia, dove tutto cambia e si trasforma in maniera rapida, dove imperversa l’elettronica sempre più sofisticata. Lui, invece, è rimasto quasi uguale. Nessuna grande mente ha trovato un attimo di tempo per dedicarsi a innovare quell’arcaico progetto. Le grandi multinazionali non sembrano avere alcun interesse in tal riguardo. Nel corso del tempo l’unica innovazione è stata l’apertura automatica, miglioramento che ormai risale a tanti anni fa. Poi più nulla. Il povero ombrello non è in grado di richiudersi da solo, o quasi. Per ciò necessita dell’aiuto umano, ha bisogno di mani che, lordandosi d’acqua, lo costringano alla posizione di riposo. E poi la sua tela non repelle completamente il pioviggine, occorre aspettare che si asciughi, e nel mentre piccole pozze si allargano alla sua base provocando disagio.
La pioggia aumenta d’intensità, mi sferza dai lati. La combatto inclinando l’ombrello, il quale asseconda i miei gesti con grande maestria, con mestiere. Si piega ma non si spezza, resiste.
Scruto quell’oggetto strano e buffo che impugno con un misto di ammirazione e tenerezza. È ancora in grado di svolgere alla perfezione il suo incarico, nonostante sia così primitivo.
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