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sabato 11 giugno 2016

DOPO DI NOI



È una calda sera estiva. Tutte le finestre del mio appartamento sono spalancate. Tutte le luci sono spente, tranne una, quella che illumina il libro che sto leggendo. A un tratto sento un rumore. Un frullare vorticoso di piccole ali pesanti. In casa è entrato un insetto.
La fastidiosa interferenza mi fa perdere la concentrazione. I miei occhi scorrono sempre la stessa riga.
Indispettito, chiudo il libro di scatto. Silenzio. Dopo pochi istanti, il disturbo riprende.
Mi alzo dalla poltrona e vado alla ricerca del seccatore. Spengo la lampada da lettura, mi muovo al buio attraverso il salotto, urtando mobili, inciampando nel tappeto. Per poco non cado. L'insetto prosegue i suoi voli: sbatte contro il soffitto, contro le pareti, poi riprende le sue folli acrobazie. La porta-finestra è aperta, ma lui non ha nessuna intenzione di approfittare di quella facile via di fuga.
Decido di cambiare strategia. Non posso affrontare il mio avversario avvolto dalle tenebre, quindi accendo tutte le luci. L'appartamento è illuminato a giorno. Mi immobilizzo e cerco di individuare l'insetto. Lo scorgo mentre sta svolazzando intorno al lampadario: è bruno a abbastanza grosso. Rabbrividisco. Gli insetti provocano in me un certo ribrezzo, anche se non li so riconoscere. Di sicuro non si tratta di una falena, perché le sue ali sono minuscole, il corpo vagamente trapezoidale, ben differente da quello delle disgustose farfalle notturne. Il rumore cessa all'improvviso. Stupito, mi guardo attorno, e poi lo scorgo. È appoggiato sul tavolo, immobile. Mi avvicino, timoroso, e lui non scappa. Quasi ipnotizzato da quella inquietante presenza, accosto il mio viso al suo corpo. Lo scruto. Vedo le sue antenne sottili e frementi, la sua piccola testa che si alza e si abbassa. Sembra annuire. Mi sfida. Vuole che lo uccida, che lo schiacci, che faccia di lui poltiglia, che sparga la sua broda (gialla? arancione?) sul piano di cristallo. Potrei farlo facilmente, ho ancora tra le mani il pesante volume, ma non mi decido ad agire. Non sarò io il suo boia. Non sarò io l'artefice del suo martirio. Perché è proprio ciò che vuole: diventare un eroe, essere ricordato per il suo ardimento. Mi faccio forza, vinco la ripugnanza, e lo afferro con delicatezza tra le dita della mano libera. Lo schifoso contatto con le sue zampette mi fa rizzare tutti i peli del corpo. Dall'insetto si diffonde un odore nauseante che mi dà il voltastomaco. Resisto e, quasi di corsa, mi precipito sul balcone. Allargo il pugno e libero il corpicino imprigionato, lanciandolo nell'aria. Dopo una breve caduta libera prende a volare e si allontana nel buio della notte.
Sono esausto, fradicio di sudore. Rientro in casa e sigillo tutte le finestre. Non ho nessuna intenzione di ripetere a breve una simile spaventosa esperienza. Appena i battiti del mio cuore si sono calmati rifletto e ripenso a ciò che è appena accaduto, al mio gesto di generosità. Un atto di bontà che non servirà a nulla, che non mi assicurerà nessun sconto quando saranno loro, gli insetti, i padroni del pianeta. Sì, perché sarà questo che avverrà, tra non molto tempo. Loro sono tanti, sono ovunque, sono robusti, sono adattabili. Domineranno il mondo, e di noi non avranno alcuna pietà.

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