Ricorrono periodiche e
costanti, sempre uguali, le polemiche sul fatto che il/la/lo Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni e i suoi accoliti di governo e non (tra i quali
troviamo faccendieri, truffatori, pistoleri, ladri di opere d'arte, ignoranti
censori, garantisti da operetta, bigotti e macchinisti ferrovieri) facciano
enorme fatica a definirsi antifascisti. Anzi, a dirla tutta, essi proprio non
manifestano la minima intenzione di definirsi tali, né lo hanno mai fatto in
passato. Antifascismo che poi non è altro che il cemento sul quale è stato fondato
lo stato repubblicano, che rappresenta un insieme di valori che dovrebbero, il
condizionale è d'obbligo, essere condivisi da tutti i cittadini.
Naturalmente è
difficile, se non impossibile, per chi ha abbracciato in un passato più o meno
lontano ideali fascisti, neofascisti o post-fascisti, considerarsi
all'improvviso un paladino dell'antifascismo. Si tratta di rinnegare se stessi,
la propria natura, operazione che anche il più opportunista tra gli individui proprio
non riesce a mettere in pratica. E per fortuna, dico. Se da un giorno all'altro
Meloni si proclamasse convinta antifascista nascerebbe qualche sospetto sulla
sua sincerità e sulla sua effettiva convinzione. Meglio se continua a mantenere
le sue posizioni ambigue, oppure a tacere. Almeno non si genera confusione
sulla sua reale collocazione politica. In caso contrario si potrebbe pensare a
una grande presa in giro, una delle tante.
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